lunedì 26 dicembre 2011

Messaggio Urbi et Orbi, il Papa: no a guerre e tortune in Siria, Iraq e Corno d'Africa. Per l'Italia futuro fraterno e solidale. Dio ha teso la mano all'umanità (Izzo)

PAPA: NO A GUERRE, VIOLENZE E TORTURE, IN SIRIA, IRAQ, AFGHANISTAN E CORNO D'AFRICA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 26 dic.

"Dimostra la tua potenza, o Dio, in questo nostro tempo, in questo nostro mondo, fa' che i bastoni dell'aguzzino, i mantelli intrisi di sangue e gli stivali rimbombanti dei soldati vengano bruciati, così che la tua pace vinca in questo nostro mondo", ha pregato Bendetto XVI nella messa della notte di Natale, celebrata in San Pietro.
E il giorno dopo, nel messaggio Urbi et orbi letto dalla Loggia della Basilica, ha invocato "il divino soccorso per le popolazioni del Corno d’Africa, che soffrono a causa della fame e delle carestie, talvolta aggravate da un persistente stato di insicurezza" chiedendo che "la Comunità internazionale non faccia mancare il suo aiuto ai numerosi profughi provenienti da tale Regione, duramente provati nella loro dignità". Ha chiesto conforto per "le popolazioni del Sud-Est asiatico, particolarmente della Thailandia e delle Filippine, che sono ancora in gravi situazioni di disagio a causa delle recenti inondazioni". Ancora "il Signore soccorra l’umanità ferita dai tanti conflitti, che ancora oggi insanguinano il Pianeta. Egli, che è il Principe della Pace, doni pace e stabilità alla Terra che ha scelto per venire nel mondo, incoraggiando la ripresa del dialogo tra israeliani e palestinesi. Faccia cessare le violenze in Siria, dove tanto sangue è già stato versato. Favorisca la piena riconciliazione e la stabilità in Iraq ed in Afghanistan. Doni un rinnovato vigore nell’edificazione del bene comune a tutte le componenti della società nei Paesi nord africani e mediorientali".
La nascita del Salvatore, ha chiesto, "sostenga le prospettive di dialogo e di collaborazione in Myanmar, nella ricerca di soluzioni condivise. Il Natale del Redentore garantisca stabilità politica ai Paesi della Regione africana dei Grandi Laghi ed assista l’impegno degli abitanti del Sud Sudan per la tutela dei diritti di tutti i cittadini".
Invitando a rivolgere "lo sguardo alla Grotta di Betlemme", il Pontefice ha quindi concluso: "Il Bambino che contempliamo è la nostra salvezza! Lui ha portato al mondo un messaggio universale di riconciliazione e di pace. Apriamogli il nostro cuore, accogliamolo nella nostra vita".

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PAPA: PER ITALIA FUTURO PIU' FRATERNO E SOLIDALE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 26 dic.

"Un futuro di speranza, più fraterno e solidale" e' stato invocato da Benedetto XVI al termine del messaggio di Natale, prima di impartire la benedizione Urbi et orbi. "La nascita di Cristo Salvatore e l’accoglienza gioiosa del suo Vangelo di salvezza rinnovino i cuori dei credenti, portino pace nelle famiglie, consolazione ai sofferenti e aiutino gli abitanti dell’intero Paese a crescere nella reciproca fiducia per costruire insieme ", ha detto in italiano, la prima lingua utilizzata dal Pontefice per gli auguri pronunciati ieri in 65 lingue dalla Loggia della Basilica di San Pietro.

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PAPA: DIO HA TESO LA SUA MANO ALL'UMANITA'

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 26 dic.

Benedetto XVI ha fatto suo, nel messaggio di Natale "Urbi et orbi" pronunciato per la settima volta dall'inizio del Pontificato, "il grido dell’uomo di ogni tempo, che sente di non farcela da solo a superare difficoltà e pericoli". L'uomo, ha detto, "ha bisogno di mettere la sua mano in una mano più grande e più forte, una mano che dall’alto si tenda verso di lui". E "questa mano è Cristo", "la mano che Dio ha teso all’umanità, per farla uscire dalle sabbie mobili del peccato e metterla in piedi" sulla "salda roccia della sua Verità e del suo Amore". Questo significa il nome di Gesù, ossia "Salvatore".
"Egli - ha spiegato il Pontefice - è stato inviato da Dio Padre per salvarci soprattutto dal male profondo, radicato nell’uomo e nella storia: quel male che è la separazione da Dio, l’orgoglio presuntuoso di fare da sé, di mettersi in concorrenza con Dio e sostituirsi a Lui, di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di essere il padrone della vita e della morte. Questo è il grande male, il grande peccato, da cui noi uomini non possiamo salvarci se non affidandoci all’aiuto di Dio, se non gridando a Lui: ‘Veni ad salvandum nos! - Vieni a salvarci!’".
Per Papa Ratzinger, "il fatto stesso di elevare al Cielo questa invocazione, ci pone già nella giusta condizione, ci mette nella verità di noi stessi: noi infatti siamo coloro che hanno gridato a Dio e sono stati salvati. Dio è il Salvatore, noi quelli che si trovano nel pericolo. Lui è il medico, noi i malati". Riconoscerlo "è il primo passo verso la salvezza, verso l’uscita dal labirinto in cui noi stessi ci chiudiamo con il nostro orgoglio. Alzare gli occhi al Cielo, protendere le mani e invocare aiuto è la via di uscita, a patto che ci sia Qualcuno che ascolta, e che può venire in nostro soccorso".
"Gesù Cristo - ha poi concluso Papa Benedetto - è la prova che Dio ha ascoltato il nostro grido. Non solo! Dio nutre per noi un amore così forte, da non poter rimanere in Se stesso, da uscire da Se stesso e venire in noi, condividendo fino in fondo la nostra condizione. La risposta che Dio ha dato in Gesù al grido dell’uomo supera infinitamente la nostra attesa, giungendo ad una solidarietà tale che non può essere soltanto umana, ma divina. Solo il Dio che è amore e l’amore che è Dio poteva scegliere di salvarci attraverso questa via, che è certamente la più lunga, ma è quella che rispetta la verità sua e nostra: la via della riconciliazione, del dialogo, della collaborazione".

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