Bartolomeo Puca alle prese con l’apostolo che parla di sé scrivendo ai Galati
Strategie paoline
Giulia Galeotti
Quando ci si avvicina alle lettere paoline, si sa, si resta ogni volta ammutoliti per la profondità del contenuto e per l’intelligenza stilistica e comunicativa che le caratterizza. E stupisce ogni volta notare come l’apostolo parli di sé — con sfumature diverse — solo in alcune circostanze, utilizzando gli elementi autobiografici sempre per scopi precisi.
A oggi però — nota Bartolomeo Puca, docente di Sacre scritture all’Istituto superiore di scienze religiose di Aversa — questi passaggi autobiografici sono stati utilizzati solo per tratteggiare la figura di Paolo. Così, l’impresa in cui il giovane studioso si è lanciato, con la sua tesi di dottorato all’università Gregoriana, è stata cercare di comprendere questi passaggi, confrontandoli dal punto di vista retorico e in riferimento al loro ruolo nelle sezioni delle lettere in cui sono utilizzati, allo scopo di aprire nuove prospettive per la comprensione della stessa retorica e del pensiero paolino. Il desiderio di comprendere il ruolo giocato dall’autobiografia nei testi dell’apostolo (tra i vari a disposizione, la scelta di Puca è caduta su Galati) è ora diventato il volume Una periautologia paradossale. Analisi retorico-letteraria di Gal 1,13-2,21 (Roma, Editrice Università Gregoriana 2011, pagine 309, euro 20).
Le domande suscitate nell’analisi del testo sono molteplici. E rimandano sia alla complessa e travagliata storia relazionale di Paolo con queste comunità galate, sia alla relazione dell’apostolo con la comunità gerosolimitana in generale e ai suoi capi in particolare.
Nella sua ricerca, Bartolomeo Puca dà sempre priorità al testo, vero oggetto dell’analisi, onde evitare di incastonarlo in strutture precostituite che possano mortificare la vitalità e la libertà proprie di ogni testo biblico e, in particolare, degli scritti paolini. Ed è molto interessante la dimostrazione che lo studioso compie dell’opera creativa di Paolo quando impiega termini già in uso nella cultura del tempo vestendoli però di un significato nuovo relativo all’esperienza di Cristo.
Il metodo d’indagine di Puca si articola in quattro fasi: delimitazione del testo oggetto di studio nella sua attuale configurazione; analisi particolareggiata del testo, versetto per versetto; studio della sistemazione del materiale; individuazione del problema retorico preponderante.
La conclusione cui giunge la ricerca è che in Galati 1-2 ci si trova di fronte a un auto-elogio paradossale di Paolo: in questa argomentazione, infatti, l’apostolo fa scivolare l’attenzione dalla sua personale esperienza a colui che ne è all’origine, manifestando ai Galati l’origine divina del vangelo da lui annunciato e offrendo un esempio di fedeltà a esso contro qualsiasi tentativo di allontanamento o travisamento.
Se la costatazione da cui Bartolomeo Puca e gli studiosi paolini in genere muovono è che l’analisi dell’epistolario non si esaurirà mai con un’indagine per quanto approfondita possa essere, il contributo di ricerche come il volume in oggetto fornisce comunque un importante tassello ulteriore.
(©L'Osservatore Romano 1° gennaio 2012)
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