L’annuncio del Vangelo e le responsabilità del sistema informativo
Compiti a casa per i media cattolici
José María Gil Tamayo
Se dovessi indicare un messaggio ripetuto nell’insegnamento di Papa Benedetto XVI, sarebbe l’appello a far capire, in un mondo secolarizzato come il nostro, il primato di Dio e a mostrarlo come condizione della pienezza e della felicità dell’uomo.
Questo è il compito primario e urgente che Benedetto XVI desidera trasmettere a tutti gli ambiti della Chiesa e in tal senso si è pronunciato nel suo discorso di alcuni giorni fa all’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici, che ha avuto come tema di studio proprio La questione di Dio oggi. «Non dovremmo mai stancarci di riproporre tale domanda, di “ricominciare da Dio”, per ridare all’uomo la totalità delle sue dimensioni, la sua piena dignità», ha indicato il Papa, e allo stesso tempo ha avvertito che dimenticarsi di Dio è il male radicale che non colpisce solo la società contemporanea, ma che può minacciare anche i cristiani, i quali «non abitano un pianeta lontano, immune dalle “malattie” del mondo, ma condividono i turbamenti, il disorientamento e le difficoltà del loro tempo. Perciò non meno urgente è riproporre la questione di Dio anche nello stesso tessuto ecclesiale».
Per consentire alla Chiesa di raggiungere questo obiettivo evangelizzatore fondamentale i diversi dicasteri della Santa Sede stanno lavorando nei loro rispettivi campi di competenza, seguendo le indicazioni del Santo Padre ed estendendo questo impegno apostolico a tutti gli organismi ecclesiali del mondo.
Nel caso dell’influente mondo della comunicazione sociale — contemplato dai Lineamenta del prossimo Sinodo dei vescovi come uno degli scenari su cui la Nuova Evangelizzazione deve incidere in modo particolare —, si tratta semplicemente, partendo dalla competenza professionale irrinunciabile della comunicazione, di curare maggiormente l’identità degli operatori e dei media cattolici, per ristabilire nel mondo il senso trascendente della vita umana che risiede solo in Dio e dalla quale derivano come verità suprema la vera libertà e il progresso dell’essere umano e della società. «Il vostro compito è quello di aiutare l’uomo contemporaneo ad orientarsi a Cristo, unico Salvatore, e a tenere accesa nel mondo la fiaccola della speranza, per vivere degnamente l’oggi e costruire adeguatamente il futuro», ha affermato Benedetto XVI nel suo discorso ai partecipanti all’ultimo Congresso mondiale della Stampa cattolica.
In questa prospettiva non ha senso domandarsi se la Chiesa e le sue istituzioni debbano disporre o meno di mezzi di comunicazione cattolici o se debbano piuttosto limitarsi ad avere fedeli cristiani in quelli civili; e, nel caso dispongano di tali media, se questi devono affrontare tematiche religiose o essere generalisti. La missione affidata a tutti è quella indicata dal Santo Padre, il che deve portare a evitare posizioni escludenti e a puntare piuttosto sulle due opzioni, ma sempre con professionalità e lealtà verso la natura di ogni media, e con cristiana coerenza istituzionale e personale, facendo sempre in modo che gli operatori cattolici siano, con personale e libera responsabilità, attivi apostolicamente nel flusso circolatorio della società dell’informazione.
È particolarmente necessario tener conto di ciò in Occidente, con il suo ambiente secolarizzato, il che esige la presenza di professionisti e di media cattolici coerenti, visto che lo statuto pubblico del cattolicesimo è messo in dubbio da determinate posizioni ideologiche, al punto da volerlo limitare alla sfera del privato, di modo che le convinzioni religiose vengano private di ogni operatività sociale e culturale, di influenza sul pensiero e sull’agenda pubblica, in definitiva sulla vita delle persone.
In questo contesto, la comunità cattolica ha bisogno oggi più che mai per la Nuova Evangelizzazione, perché possa ricostruire il tessuto cristiano della società attuale, di mezzi e di professionisti della comunicazione con un’inequivocabile identità ed esperienza cattoliche per restituire a Dio la sua presenza nello spazio pubblico. In tal modo la Chiesa rafforzerà la sua rilevanza, dando espressione, con tutta la sua specificità, varietà e ricchezza, al pensiero pubblico dei credenti nella pluralità delle offerte di significato che oggi confluiscono nella società.
A tal fine, i cattolici devono continuare a mostrare di avere risposte attuali per le domande che interessano gli uomini e le donne di oggi, come ha fatto il grande architetto cristiano Antoni Gaudí in un ambiente per nulla facile, con la bellezza della basilica della Sagrada Família di Barcellona; lo ha detto Benedetto XVI affermando che in piena modernità, «con la sua opera (Gaudí) ci mostra che Dio è la vera misura dell’uomo (...). Lui stesso, aprendo in questo modo il suo spirito a Dio, è stato capace di creare in questa città uno spazio di bellezza, di fede e di speranza, che conduce l’uomo all’incontro con colui che è la verità e la bellezza stessa».
Per questo motivo, un media cattolico deve riflettere il fatto che essere credenti significa essere anche moderni, per cui in esso si può scrivere o parlare di tutto ciò che riguarda l’umano e il divino, senza lasciarsi contagiare dalla diffusa opinione che la religione è qualcosa di marginale, anche negli spazi tipografici della stampa e nelle bande orarie del palinsesto dei media audiovisivi.
Ogni media cattolico deve soddisfare in modo trasversale questo requisito, nel fondo e nella forma, per la qual cosa ha bisogno — poiché nulla dà ciò che non ha — dell’aiuto di buoni professionisti realmente credenti, d’imprenditori altrettanto impegnati nella fede e di un pubblico che lo sostenga, ascoltandolo o seguendolo.
Ma l’identità non è negoziabile e non può limitarsi a qualcosa di astratto; deve al contrario plasmarsi in una linea editoriale chiara, che deve essere qualcosa di fattibile e pertanto di concreto. In essa si devono esprimere — e servire per valutare adeguatamente i risultati — gli obiettivi per cui un media viene creato, i quali, in modo esplicito o tacito — dipendendo dal tipo o dal modello del media — devono ispirare i suoi contenuti, e così deve essere percepita dal pubblico come indicativa di una determinata istituzione comunicativa, alla quale il pubblico risponde con l’adesione del suo ascolto o della sua lettura e dalla quale desidera prendere liberamente i solidi criteri con cui formare la propria coscienza cristiana e civica nelle mutevoli circostanze del divenire personale e sociale.
Questo impegno di coerenza con l’identità e la missione di un media cattolico (si deve intendere anche di un cattolico nei mezzi di comunicazione), ha bisogno del sostegno delle risorse soprannaturali date dalla fede cristiana, poiché il compito che l’aspetta non è facile, non solo nel contesto mediatico di oggi, dove confluiscono interessi economici, politici, di potere e d’influenza estranei alla comunicazione e al sentire cristiani, che compromettono la sopravvivenza editoriale e lavorativa, ma anche nelle stesse fila cattoliche, che devono ancora comprendere appieno sia l’importanza evangelizzatrice della comunicazione sociale sia il bisogno di ricomporre, nella varietà e dispersione degli stessi suoi media, la necessaria unità verso comuni obiettivi evangelizzatori, come pure di stabilire con chiarezza, in quelli che ne hanno bisogno, i fini originali per i quali sono stati creati, e orientarli all’obiettivo che Benedetto XVI non smette mai di ricordare: la Nuova Evangelizzazione.
(©L'Osservatore Romano 1° gennaio 2012)
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