sabato 31 marzo 2012

Cuba. Il giorno di Venerdì Santo sarà festa come chiesto dal Papa (R.V.)

Cuba. Il giorno di Venerdì Santo sarà festa come chiesto dal Papa

L’organo ufficiale del Partito Comunista cubano “Granma" riferisce che il prossimo Venerdì Santo, 6 aprile, sarà giorno di festa come aveva anticipato il presidente Raúl Castro al Papa poco prima della sua partenza dall’Avana.
Il governo cubano, in attesa di una decisione definitiva degli organi statali competenti, ha quindi deciso di accogliere subito, in via del tutto eccezionale, la richiesta di Benedetto XVI. Allo stesso modo, nel dicembre 1997, l'allora presidente Fidel Castro, in via eccezionale, aveva stabilito che il 25 dicembre fosse giorno di festa in vista della visita che Papa Giovanni Paolo II avrebbe fatto nell'isola nel gennaio 1998. Poi le autorità cubane avevano confermato in modo permanente la decisione presidenziale.

© Copyright Radio Vaticana

Il Papa invia la sua offerta alla Siria per l'emergenza umanitaria (Izzo)

SIRIA: PAPA INVIA SUA OFFERTA PER EMERGENZA UMANITARIA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar.

Benedetto XVI ha voluto destinare personalmente 100mila dollari alla Chiesa in Siria per "l'azione caritativa in favore della popolazione provata".
Lo fa sapere la Sala Stampa della Santa Sede, ricordando che piu' volte il Papa ha lanciato appelli perche' cessi la violenza in Siria e si trovi "una via per il dialogo e la riconciliazione tra le parti in conflitto, in vista della pace e del bene comune", esortando "alla preghiera per chi sta soffrendo.
Il segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum, monsignor Giampietro Dal Toso, portera' oggi stesso l'offerta del Papa a sua Beatitudine Gregorios III Laham, presidente dell'Assemblea della Gerarchia Cattolica in Siria, e con altri rappresentanti della Chiesa locale.

© Copyright (AGI)

Cina, il boom edilizio della fede (Galeazzi)

Clicca qui per leggere il commento.

Cuba dichiara festivo il prossimo Venerdì Santo in seguito alla richiesta del Papa

Clicca qui per leggere la notizia. Qui una traduzione.

Alla Via Crucis al Colosseo si pregherà per i dolori delle famiglie (Izzo)

PAPA: A VIA CRUCIS COLOSSEO SI PREGHERA' PER I DOLORI DELLE FAMIGLIE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 mar.

I tradimenti, le incomprensioni, gli aborti, le malattie, le difficolta' nell'educazione dei figli e quella di arrivare alla fine del mese: sono queste "le croci" che vivono le famiglie, cosi' come le hanno indicate i coniugi Danilo e Anna Maria Zanzucchi, del Movimento dei Focolari, che hanno scritto le meditazioni per la "Via Crucis" del Venerdi' Santo al Colosseo, che sara' presieduta da Benedetto XVI.
Queste drammatiche esperienze sono legate - nel testo anticipato oggi dalla Radio Vaticana - alla Passione di Cristo.
"Ho contribuito anch'io al tuo dolore. Anche noi sposi e le nostre famiglie...
Ogni volta che non ci siamo amati, quando ci siamo attribuiti la colpa l'uno all'altro, quando non ci siamo perdonati, quando non abbiamo ricominciato a volerci bene", si legge nella meditazione su Gesu' che si carica della Croce. "Quante cadute nelle nostre famiglie. Quante separazioni, quanti tradimenti. E poi i divorzi, gli aborti, gli abbandoni", elencano gli anziani coniugi. "Gesu' - invoca il testo - aiutaci a capire cos'e' l'amore, insegnaci a chiedere perdono".
Le tentazioni per una coppia di oggi, ricordano gli Zanzucchi, "sono i cedimenti alle tentazioni del mondo, che spesso attraggono con bagliori di soddisfazione, c'e' la mancanza di rispetto della dignita' della persona, che niente e nessuno dovrebbe violare'' - uomo e donna che sia - nella propria intimita' e nel proprio corpo".
Nei testi anche l'invito a riconoscere il Cristo in ogni fratello, in ogni vita appena concepita e in chi e' avanti negli anni e quello a imitare l'esempio di Gesu' nel dono della propria vita per amore. "Un insegnamento che tante madri hanno imitato quando nel parto hanno affrontato la morte pur di dare alla luce il loro figlio", e molti altri hanno seguito scartando "la vendetta di fronte alla guerra o al terrorismo".

© Copyright (AGI)

Caso Orlandi-De Pedis. Quelli che si stupiscono di una sepoltura anni ed anni dopo (pur essendo nota dal 1997)

Su segnalazione del nostro Alberto leggiamo questo articolo di Repubblica.
La vicenda non riguarda direttamente il blog perche', ovviamente, non coinvolge Papa Benedetto XVI, tuttavia possiamo fare qualche riflessione.
Innanzitutto mi stupisco sempre della capacita' dei nostri politici di indignarsi per fatti di cui noi, poveri tapini, siamo a conoscenza da anni ma tant'e'...
Tutti a domandarsi, giustamente, che cosa ci faccia la salma di De Pedis in una Basilica romana, tutti a chiedersi chi e quando abbia dato l'autorizzazione alla traslazione della salma.
Peccato che la sepoltura di De Pedis nella cripta di Sant'Apollinare fosse nota fin dal lontano 1995, precisamente dal 9 luglio 1997, quando la giornalista Antonella Stocco pubblico' su "Il Messaggero" un articolo sul caso (clicca qui).
Allora nessuno si indigno'? Allora era normale che un boss fosse sepolto in una cripta?
Comunque il collegamento fra De Pedis e Emanuela Orlandi fu fatto grazie ad una telefonata giunta a "Chi l'ha visto", nel luglio o nel settembre 2005 (non ho trovato fonti precise sul periodo), in ogni caso in una data successiva al 19 aprile 2005.
Un caso? Ma per carita'!
Ora sappiamo che l'autorizzazione alla sepoltura fu concessa anche da comune di Roma.
Mi chiedo: il politico che ha presentato l'interrogazione al Ministro degli Interni e' stato Sindaco della Capitale dal 2000 al 2008. Come mai non ha fatto indagini allora visto che la vicenda era nota dal 1997?
E, piu' in generale, perche' i cari media si svegliano con ben quindici anni di ritardo?
Se avessero sollevato prima il polverone, forse, sarebbe stato tutto piu' facile.
Ancora una volta constatiamo che per moltissimi anni una sorta di perfetta immunita' mediatica ha ricoperto i tanti protagonisti di una vicenda che davvero appare sempre piu' intricata.

R.

Vedi anche:

Traslazione di De Pedis, match Veltroni-Cancellieri

Nuovi accertamenti sulla sepoltura di De Pedis

Raul Castro accoglie la richiesta del Papa: il Venerdì Santo sarà festivo

Cuba/ Castro accoglie richiesta Papa: venerdì santo sarà festivo

Lo ha annunciato oggi il quotidiano del partito comunista Granma

L'Avana, 31 mar. (TMNews)

Il Presidente cubano Raul Castro ha decretato come giorno festivo il prossimo venerdì santo, 6 aprile, accogliendo una richiesta avanzata da Papa Benedetto XVI durante la sua visita a Cuba dei giorni scorsi.
E' quanto ha riportato oggi il quotidiano del partito comunista Granma.
Stando a quanto precisato dal quotidiano, la decisione è stata adottata ieri dal consiglio dei ministri, anche se Castro aveva già annunciato al Papa, pochi minuti prima della sua partenza dall'Avana, che la richiesta sarebbe stata accolta.
Il Pontefice aveva sottolineato l'importanza del giorno del venerdì santo per la Chiesa durante la Messa tenuta in Plaza de la Revolucion mercoledì scorso.
Secondo Granma, Castro ha accettato di riconoscere come festivo il prossimo venerdì santo "in considerazione di Sua Santità e per la felice riuscita della sua straordinaria visita al nostro Paese". Spetterà poi al governo decidere se rendere definitiva tale decisione. (fonte Afp)

© Copyright TMNews

Sale a sei il numero degli ex vescovi anglicani ordinati preti cattolici

Clicca qui per leggere la notizia segnalataci da Alberto. Qui una traduzione.

Avanti con coraggio e con pazienza. A colloquio con Mons. Angelo Becciu al rientro dal viaggio del Papa in Messico e a Cuba (Ponzi)

A colloquio con l’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, al rientro dal viaggio del Papa in Messico e a Cuba

Avanti con coraggio e con pazienza

Mario Ponzi

Un dono di Dio. Così l’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, definisce il viaggio di Benedetto XVI in Messico e a Cuba. «Soprattutto per Cuba — dice il prelato, che è stato nunzio apostolico nell’isola caraibica dal 23 luglio 2009 al 10 maggio 2011, nell’intervista rilasciata al nostro giornale — la sua presenza ha portato grazie abbondanti e una grande speranza per un futuro migliore».

Cosa le è rimasto più impresso del viaggio del Papa in Messico?

Non poteva non colpire la straordinaria accoglienza che è stata riservata al Papa. Si faceva torto ai fedeli messicani quando li si descriveva come aficionados esclusivamente alla figura di Giovanni Paolo II. Hanno invece dimostrato la maturità della loro fede accogliendo Benedetto XVI, con il calore di cui sono capaci, come successore dell’apostolo Pietro.

Tra i discorsi pronunciati in Messico quale ha suscitato secondo lei più attenzione nella gente?

Direi un po’ tutti i discorsi. Del resto, erano tutti notevoli, densi di significato e perfettamente centrati sui problemi del Messico e di tutta l’America latina. Ma nell’incontro con i bambini a Guanajuato c’è una frase che solo Papa Benedetto poteva pronunciare, per quanto è stata incisiva e in un certo senso capace di riassumere tutte le questioni che deve affrontare la società messicana, e cioè il suo appello a custodire i bambini perché non si spenga mai il loro sorriso. In effetti, essi sono il futuro di ogni popolo e bisogna garantire loro la massima protezione.

Di futuro il Papa ha parlato spesso a Cuba. Lei ha vissuto un’esperienza diretta in questa terra, come nunzio apostolico, incarico che ha lasciato meno di un anno fa. Alla luce di questa esperienza come ha interpretato la risposta dei cubani alla visita?

I momenti più significativi e commoventi sono stati le celebrazioni presiedute dal Papa sia a Santiago de Cuba sia all’Avana. Le due piazze erano stracolme di gente entusiasta. In questo Paese, dove si è fatto di tutto per rimuovere la fede e la Chiesa, anche dall’anima delle persone, si è avuto chiaro il messaggio, mai smentito dalla storia, che è inutile osteggiare Cristo. Si è potuto vedere come oggi la Chiesa a Cuba sia viva e più che mai coraggiosa. Provata da tante sofferenze, ma oggi animata da una nuova vitalità e dalla forza che le viene dal Signore.

I giovani hanno dato una bella testimonianza: all’Avana hanno voluto trascorrere la notte della vigilia della celebrazione del Papa pregando sulle piazze e nelle vie della città, piuttosto che nelle chiese come era stato indicato in un primo momento. Come interpretare questa decisione?

Mi sembra evidente la determinazione dei giovani cubani nel volere affermare il diritto a esprimere pubblicamente la loro fede. Per tanto tempo si è voluto relegare la Chiesa nelle sacrestie. Oggi invece i giovani vogliono uscire all’aperto, mostrare il loro volto di figli di quel Dio che si è tentato di allontanare dalla loro vita. Hanno cominciato a sperimentare la possibilità di essere se stessi e dunque vogliono potere legittimamente testimoniare in pubblico la loro fede. È stato un segnale molto forte, senza dubbio positivo.

Cosa pensa complessivamente della tappa cubana del viaggio?

L’aspetto più evidente è che il Papa ha conquistato il cuore dei cubani. Lo hanno dimostrato soprattutto nel momento in cui sono scesi in massa nelle strade per salutarlo mentre partiva. Ho visto gente finalmente sciolta, che si è riversata sulle vie percorse dal corteo papale per mostrare un affetto sincero. È stata una bella sorpresa, un segno evidente di come la persona e le parole di Benedetto XVI abbiano toccato i loro cuori. Non si deve dimenticare che molti di loro sono cresciuti senza sapere niente del Papa. Solo da poco tempo la televisione ha iniziato a trasmettere notizie sulla Chiesa. I ragazzi che frequentano le parrocchie nel migliore dei casi hanno sentito i loro sacerdoti parlare del Santo Padre. Forse hanno visto alcune fotografie, ma non si può certamente dire che lo conoscessero. E infatti nei primi momenti li abbiamo visti un po’ impacciati, quasi frenati. Ma dopo aver visto da vicino la figura del Papa nulla li ha più potuti fermare. Nonostante piovesse insistentemente quando il corteo papale ha attraversato le vie della capitale diretto all’aeroporto, sono rimasti lì, fradici, a esprimere tutto il loro affetto per un padre finalmente ritrovato. E non credo che in questa occasione siano stati indotti a restare per salutare il Pontefice. Ma se anche fosse stato così, hanno dimostrato di essere ben felici di poterlo fare.

Secondo alcuni commentatori sulla piazza dell’Avana si è realizzata una nuova rivoluzione, questa volta nel segno della carità al seguito della Mambisa e di Papa Benedetto. È da condividere questa interpretazione?

Direi proprio di sì. Chi poteva immaginare che per la seconda volta in quattordici anni su quella piazza, riservata ai raduni oceanici del partito, si potesse di nuovo ascoltare la voce di un Papa che ha invitato all’amore e alla riconciliazione? La Chiesa a Cuba, spoglia di ogni struttura materiale, si è rinnovata e affermata solo grazie alla forza del Vangelo e all’amore concreto e silenzioso, sostenuta dalla devozione alla Virgen de la Caridad del Cobre. L’esperienza dell’unità nella carità sotto questo segno è unica. Lo vogliano o no, la Mambisa è la madre di tutti i cubani. E sappiamo bene che nel cuore della Vergine vi è tutto il mistero della salvezza. Lei conosce i tempi e i momenti, anche insperati.

E per Cuba è arrivato secondo lei uno di questi momenti?

Nessuno al mondo lo può sapere con certezza. Di sicuro è in atto un cammino che lascia ben sperare. Molti spazi sono stati aperti, ma tanti altri devono ancora essere aperti. Il viaggio del Papa è stato sicuramente una spinta eccezionale per la Chiesa.

Qual è il messaggio conclusivo del viaggio papale?

Sono certo che il Papa ha aperto orizzonti anche al di là dell’isola. Un pensiero, condiviso in questi giorni con i vescovi, può riassumere oggi il tempo della Chiesa a Cuba: avanti con coraggio e pazienza. Il futuro si costruisce gradualmente e la Chiesa reca un messaggio di cui il popolo cubano ha bisogno. Papa Benedetto lo ha offerto a tutti i cubani perché possano sperare e avere certezze.

(©L'Osservatore Romano 1° aprile 2012)

Aiuti del Papa per l'azione caritativa della Chiesa in Siria. La testimonianza di padre Dall'Oglio

Su segnalazione di Laura leggiamo:

Aiuti del Papa per l'azione caritativa della Chiesa in Siria. La testimonianza di padre Dall'Oglio

La situazione in Siria resta drammatica: così il Papa ha deciso di inviare, tramite il Pontificio Consiglio Cor Unum, 100mila dollari per l’azione caritativa della Chiesa locale in favore della popolazione stremata dalle violenze. Il segretario di Cor Unum, mons. Dal Toso, è già nel Paese per portare questo aiuto. Sono previsti incontri con Sua Beatitudine Gregorios III Laham, presidente dell’Assemblea della Gerarchia Cattolica in Siria, e con altri rappresentanti della Chiesa locale. La Chiesa cattolica in Siria è attualmente impegnata attraverso i suoi organismi di carità in progetti di assistenza alla popolazione siriana, in particolare nell’area di Homs e di Aleppo. Un comunicato di Cor Unum sottolinea che “sono noti i ripetuti appelli del Santo Padre per la cessazione della violenza in Siria e perché si trovi una via per il dialogo e la riconciliazione tra le parti in conflitto, in vista della pace e del bene comune".

Intanto, il ministro degli Esteri siriano ha detto che il tentativo di far cadere il governo è fallito "una volta per sempre". Ma scontri sono in corso anche oggi a Damasco e in altre città con numerose vittime. Il ministro ha dovuto perciò precisare che il ritiro dell’esercito dalle città sarà definitivo solo quando ci sarà la pace. Da parte sua, l’inviato Onu Kofi Annan ha ammonito il governo siriano a rispettare l’accordo internazionale che prevede un cessate il fuoco immediato. Giancarlo La Vella ne ha parlato con il padre gesuita Paolo Dall’Oglio, fondatore del Monastero siriano di Deir Mar Musa:

R. – Credo che questo fragile accordo internazionale sia per ora l’unica ancora di salvezza offerta a questa società che con la Domenica delle Palme entra veramente in una ulteriore settimana di passione. Siamo in una condizione che sembra senza via di uscita. Eppure Kofi Annan è come una promessa di potercela fare. Moltissimi cristiani oggi in Siria sono impegnati con i loro vicini di casa musulmani a cercare di alleviare le enormi sofferenze di tante e tante famiglie. In questo senso l’annuncio del Papa di aver mandato aiuto concreto è certamente consolante. In questo momento nella società siriana si sta facendo moltissimo per alleviare le sofferenze, soprattutto delle centinaia di migliaia di persone che hanno dovuto lasciare le loro case ed è un punto di partenza concreto. Come fare a convincere lo Stato, la presidenza, il potere reale – che poi non è necessariamente e immediatamente il governo - ? In questo bisognerebbe avere un accordo internazionale molto concreto, molto solido e anche in grado di offrire le garanzie necessarie e sufficienti perché il terrore di perdere tutto e di perdersi, sia veramente attenuato, sia guarito, dando le garanzie necessarie che si possa uscire dalla situazione senza che una parte della popolazione siriana semplicemente ne faccia le spese per tutti.

D. – Di fronte alla posizione del regime di Damasco non c’è il rischio che la comunità internazionale opti per una soluzione di forza?

R. – Il mondo ha le sue gravi incoerenze e poi in modo incoerente deve anche trovare soluzioni per i problemi concreti nell’oggi in una logica che la Chiesa riconosce legittima di difesa utilizzando la forza in modo proporzionale. Purtroppo spesso la logica di difesa diventa una logica di attacco, quindi la Chiesa cattolica cerca veramente di dire: esploriamo tutte le soluzioni pacifiche prima di adottare soluzioni anche parzialmente più tragiche. Io avevo provato a dire: 50 mila accompagnatori pacifisti. E’ chiaro che è giusto il sogno di un monaco perché insisto sulla responsabilità: la non violenza internazionale senza responsabilità sul terreno è, a mio parere immorale, quindi certamente bisogna assumersi le responsabilità. Ci sono soluzioni intermedie che sono realtà di interposizione che garantiscono il cessate il fuoco. E Kofi Annan ha già ha proposto che bisogna trovare soluzioni Onu molto concrete per dividere i contendenti sul terreno al fine di offrire al processo politico vere occasioni di riuscire.

D. – Come sarà questa Settimana Santa e la Pasqua per i cristiani in Siria?

R. – Purtroppo i cristiani sono divisi tra loro. Ci sono due modi di guardare alla realtà. Uno è a partire dalle proprie paure, un altro è a partire dal desiderio evangelico di essere solidali con tutti. Io credo che la Pasqua, che riunisce tutti i figli di Abramo, cristiani, ebrei e musulmani, che sono i nostri vicini e che fanno festa con noi, tutti possiamo guardare a Gerusalemme con speranza. La speranza sia la più forte: una speranza abramitica costruita sulle promesse granitiche del Signore. (bf)

© Copyright Radio Vaticana

Gran Bretagna: vietato credere ai miracoli (Gianfranco Amato)

Clicca qui per leggere l'articolo gentilmente segnalatoci.

Vedi anche:

Miracoli vietati e miracoli riconosciuti (Silvia Guidi)

Un osservatorio sulla libertà religiosa nel mondo. Prosecuzione ideale del viaggio papale in America Latina (Galeazzi)

Clicca qui per leggere il commento.

Il Papa ai detenuti di Rebibbia: portiamo la croce con Gesù. Don Spriano: il carcere sia degno dell'uomo

Il Papa ai detenuti di Rebibbia: portiamo la croce con Gesù. Don Spriano: il carcere sia degno dell'uomo

La Via Crucis come “segno di riconciliazione” con sé stessi, con Dio e la società. È questo uno dei significati che Benedetto XVI attribuisce alla celebrazione del rito sacro vissuta nel pomeriggio di ieri dai detenuti e dagli operatori del carcere romano di Rebibbia in preparazione alla Pasqua, sotto la guida del cardinale vicario, Agostino Vallini.
In un messaggio inviato per l’occasione, il Papa esorta a guardare l’esempio di Gesù, caduto e rialzatosi nonostante il peso della Croce. Il servizio di Alessandro De Carolis:


I calvari di tanti uomini in fila dietro l’Uomo del Calvario, per imparare dal Lui che ciò che conta non è essere caduti ma rialzarsi, e che la morte del disprezzo o della solitudine può conoscere la speranza di una nuova vita. Sono i sentimenti che Benedetto XVI legge nella scena della salita al Golgota e trasmette ai detenuti e agli operatori penitenziari di Rebibbia. Quando, lo scorso Natale, il Papa si era recato in visita nella Casa circondariale romana, tra i tanti ricordi che – ammette – hanno lasciato in lui un “segno profondo”, il Pontefice cita nel Messaggio la considerazione allora rivoltagli da un detenuto: il carcere serve per rialzarsi dopo essere caduti, per riconciliarsi con se stessi, con gli altri e con Dio, e poter poi rientrare di nuovo nella società. L’analogia con Cristo prigioniero lungo la Via Crucis è immediata. Quando, scrive il Papa, “vediamo Gesù che cade a terra – una, due, tre volte – comprendiamo che Lui ha condiviso la nostra condizione umana, il peso dei nostri peccati lo ha fatto cadere; ma per tre volte Gesù si è rialzato e ha proseguito il cammino verso il Calvario; e così, con il suo aiuto, anche noi possiamo rialzarci dalle nostre cadute, e magari aiutare un altro, un fratello, a rialzarsi”. Ma, si chiede Benedetto XVI, “che cosa dava a Gesù la forza di andare avanti? Era la certezza che il Padre era con Lui. Anche se nel suo cuore c’era tutta l’amarezza dell’abbandono, Gesù sapeva che il Padre lo amava”. Anche “se tutti lo disprezzavano e lo trattavano non più come un uomo, Gesù, nel suo cuore, aveva la ferma certezza di essere sempre figlio, il Figlio amato da Dio Padre”.

E questo, cari amici – afferma il Papa – “è il grande dono che Gesù ci ha fatto con la sua Via Crucis: ci ha rivelato che Dio è amore infinito, è misericordia, e porta fino in fondo il peso dei nostri peccati, perché noi possiamo rialzarci e riconciliarci e ritrovare la pace”. Anche noi allora, conclude, “non abbiamo paura di percorrere la nostra ‘via crucis’, di portare la nostra croce insieme con Gesù. Lui è con noi. E con noi c’è anche Maria, sua e nostra madre. Lei rimane fedele anche ai piedi della nostra croce, e prega per la nostra risurrezione, perché crede fermamente che, anche nella notte più buia, l’ultima parola è la luce dell’amore di Dio”.

Sulla Via Crucis a Rebibbia ascoltiamo il cappellano del Carcere, don Sandro Spriano, al microfono di Sergio Centofanti:

R. – Per noi è un evento estremamente importante ogni anno e quest’anno ancora di più, perché - sull’onda lunga della visita del Papa del 18 dicembre - abbiamo avuto la richiesta di molti cristiani di Roma di partecipare a questo esercizio religioso. Eravamo quasi 600 persone, tra detenuti ed esterni, e abbiamo meditato sul nostro destino, il Paradiso. In più c’è stato questo messaggio del Papa che avevo chiesto, anche se non in realtà non ci speravo … ma poi è arrivato! Quindi siamo molto contenti perché il Papa ha voluto subito dire che ricordava i nostri volti e questo ci ha dato la sensazione e l’emozione di sapere che non siamo una Chiesa separata dal resto delle Chiese del mondo.

D. – Com’è stato accolto dai detenuti il messaggio del Papa?

R. – Dai detenuti è stato accolto con un applauso. Non abbiamo ancora avuto il tempo di meditarlo e di digerirlo: lo faremo domani, durante la celebrazione della Domenica delle Palme. Per ora c’è stata la gioia di ricevere queste parole, che è stata espressa con un grande applauso.

D. – Come portano ancora nel cuore i detenuti la visita del Papa a Rebibbia nel dicembre scorso?

R. – Certamente quell’incontro, per coloro che hanno potuto viverlo - perché noi abbiamo 1.800 detenuti e soltanto 300 hanno potuto partecipare – non solo lo ricordano, ma lo ritengono un momento di ripartenza proprio per la loro vita personale, perché è da allora che diciamo, infatti, che bisogna riconciliarsi con se stessi, con la propria famiglia e con Dio. E molti ci credono!

D. – Come vivono i detenuti la Settimana Santa?

R. – E’ sempre, anche qui, una settimana in cui celebriamo - come in tutte le parrocchie - i riti della Settimana Santa. Qui c’è sicuramente una partecipazione emotivamente un po’ più forte, perché le tappe di questa Settimana Santa sono tappe vissute, quasi tutte, anche da chi è detenuto, seppure siamo ovviamente su due piani diversi: a Gesù guardiamo in questi giorni come all’innocente che si è donato, e qui abbiamo però la sofferenza di persone che devono imparare a donarsi.

D. – Quali sono le speranze che possono emergere da un carcere?

R. – La speranza nel carcere è sempre una: quella di evitare che il carcere diventi soltanto sofferenza. Oggi siamo in questa situazione, perché il carcere è quasi esclusivamente sofferenza e tutti sperano – io per primo – che noi cittadini liberi ci decidiamo a produrre un carcere che sia, invece, riabilitazione; che sia momento per recuperare criticamente i propri errori; che sia un luogo dove, pur soffrendo, c’è la porta aperta verso la libertà. Oggi si vive soltanto la sofferenza e quindi tutto sembra essere assolutamente inutile, perché soffrire e basta, senza avere speranza, è davvero una cosa indegna per la persona umana.

D. – Quindi se volesse lanciare un appello, per questa Pasqua, alle autorità politiche, quale potrebbe essere?

R. – Che si interessino davvero di questi 68 mila uomini, donne, bambini, vecchi che vengono buttati tra quattro mura a scontare una pena giusta, però questa pena non può diventare solo punizione, com’è adesso! Deve essere pena: una pena serve a espiare, ma serve anche a portare la persona – dovrebbe servire a portarla - verso la libertà. Se a questo i nostri politici non credono, questo carcere è soltanto una umiliazione per tutti. (mg)

© Copyright Radio Vaticana

Tradimenti e crisi nozze in Via Crucis scritta da coppia sposi (Asca)

Papa: tradimenti e crisi nozze in Via Crucis scritta da coppia sposi

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 31 mar

''Anche la famiglia, se vuol seguire Gesu', avra' le sue croci, ma con lo sguardo a Cristo, affrontera' in modo diverso la vita'': sara' questo, secondo le anticipazioni diffuse oggi dalla Radio Vaticana, il messaggio che i coniugi Danilo e Anna Maria Zanzucchi, del Movimento dei Focolari, vogliono comunicare al mondo con le meditazioni scritte per la Via Crucis del Venerdi' Santo al Colosseo presieduta da papa Benedetto XVI.
La loro e' una Via Crucis che lega le drammatiche esperienze della famiglia di oggi alla Passione di Cristo.
Nelle 14 Stazioni, che saranno lette il 6 aprile, ci sara' la trasposizione dei problemi che vivono i coniugi: i tradimenti, le incomprensioni, gli aborti, le malattie, l'educazione dei figli. Ma c'e' anche il monito a non restare indifferenti alle necessita' del prossimo.
''Ho contribuito anch'io al tuo dolore. Anche noi sposi e le nostre famiglie... Ogni volta che non ci siamo amati, quando ci siamo attribuiti la colpa l'uno all'altro, quando non ci siamo perdonati, quando non abbiamo ricominciato a volerci bene'': scrivono i due coniugi nella meditazione su Gesu' che si carica della Croce. ''Quante cadute nelle nostre famiglie. Quante separazioni, quanti tradimenti - sottolineano -. E poi i divorzi, gli aborti, gli abbandoni''.
Da qui l'invocazione: ''Gesu', aiutaci a capire cos'e' l'amore, insegnaci a chiedere perdono''.
Tra i peccati che indeboliscono l'uomo e che appesantiscono la Croce di Cristo, nelle meditazioni di quest'anno ci sono i cedimenti alle tentazioni del mondo, che spesso attraggono con ''bagliori di soddisfazione'', c'e' la mancanza di rispetto della dignita' della persona, ''che niente e nessuno dovrebbe violare'' - uomo e donna che sia - nella propria intimita' e nel proprio corpo.
La settima Stazione - la Veronica che asciuga il volto di Gesu' - e' invece lo spunto per indurre a riconoscere il Cristo in ogni fratello, in ogni vita appena concepita e in chi e' avanti negli anni. Nel testo delle meditazioni si legge piu' volte il richiamo alla coscienza di ciascuno per un impegno piu' forte dinanzi al male e alle ingiustizie, a non chiudere gli occhi e a non restare indifferenti di fronte alle necessita' dell'altro per stanchezza, incoscienza, egoismo o timore.
E non dimenticano, Danilo e Anna Maria Zanzucchi, che accanto alla Via Crucis di Cristo c'e' quella dei martiri d'oggi, di quelli che soffrono prove perche' la Chiesa e' ancora perseguitata. Alle famiglie poi e' rivolto l'invito a non lasciarsi anestetizzare dal benessere, a non cercare soltanto cio' che si desidera o appaga.
Infine, l'insegnamento supremo di Gesu': il dono della propria vita per amore. Un insegnamento che tante madri hanno imitato quando nel parto hanno affrontato ''la morte pur di dare alla luce il loro figlio'', e molti altri hanno seguito scartando la vendetta di fronte alla guerra o al terrorismo.
E nell'ultima stazione si apre al cristiano la porta della speranza: Gesu' e' morto, ma e' risorto, ''vive per sempre e ci accompagna ... nel nostro viaggio terreno, tra gioie e tribolazioni''.

© Copyright Asca

Il Papa ha deciso di destinare 100mila dollari alla Chiesa in Siria per "l'azione caritativa in favore della popolazione provata"

Siria/ Dal Papa 100mila dollari per aiuti a 'popolazione provata'

Più volte appelli perchè cessi violenza e si trovi via dialogo

Roma, 31 mar. (TMNews)

Il Papa ha deciso di destinare 100mila dollari alla Chiesa in Siria per "l'azione caritativa in favore della popolazione provata".
Lo ha riferito il bollettino vaticano, ricordando che più volte Benedetto XVI si è fatto interprete di appelli perchè cessi la violenza in Siria e si trovi "una via per il dialogo e la riconciliazione tra le parti in conflitto, in vista della pace e del bene comune", esortando "alla preghiera per chi sta soffrendo.
Oggi il segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum, monsignor Giampietro Dal Toso, sarà latore del dono del Santo Padre. Sono previsti incontri con Sua Beatitudine Gregorios III Laham, presidente dell'Assemblea della Gerarchia Cattolica in Siria, e con altri rappresentanti della Chiesa locale.
La Chiesa cattolica in Siria è attualmente impegnata attraverso i suoi organismi di carità in progetti di assistenza alla popolazione siriana, in particolare nell'area di Homs e di Aleppo.

© Copyright TMNews

Domenica delle Palme e Giornata mondiale della gioventù. Il Papa: contagiare il mondo con la gioia cristiana

Domenica delle Palme e Giornata mondiale della gioventù. Il Papa: contagiare il mondo con la gioia cristiana

La Chiesa entra nella Settimana Santa con la celebrazione della Domenica delle Palme e della Passione del Signore. Domani mattina alle 9.30, Benedetto XVI presiederà in Piazza San Pietro la Santa Messa, preceduta dalla tradizionale processione con il rito della benedizione delle palme e degli ulivi. Domani si celebra anche la 27.ma Giornata Mondiale della Gioventù a livello diocesano sul tema “Siate sempre lieti nel Signore!”. E il Papa ha inviato il suo messaggio ai giovani. Il servizio di Sergio Centofanti.

Saranno tanti i giovani a riempire Piazza San Pietro per la Gmg diocesana in attesa di Rio 2013. Il Papa li esorta ad essere “missionari della gioia". “Andate a raccontare agli altri giovani la vostra gioia di aver trovato quel tesoro prezioso che è Gesù stesso” – scrive Benedetto XVI - Perché la gioia della fede “possa restare in noi, dobbiamo trasmetterla”.

“A volte – prosegue il messaggio - viene dipinta un’immagine del Cristianesimo come di una proposta di vita che opprime la nostra libertà” e anche “il modo di vivere dei cristiani sembra a volte stanco ed annoiato”. Allora “testimoniate voi per primi il volto gioioso e felice della fede. Il Vangelo è la «buona novella» che Dio ci ama e che ognuno di noi è importante per Lui”.

“Siate dunque missionari entusiasti della nuova evangelizzazione! Portate a coloro che soffrono, a coloro che sono in ricerca, la gioia che Gesù vuole donare. Portatela nelle vostre famiglie, nelle vostre scuole e università, nei vostri luoghi di lavoro e nei vostri gruppi di amici, là dove vivete. Vedrete che essa è contagiosa”.

Non accontentatevi di dare il minimo, mettete i vostri talenti al servizio degli altri – esorta il Papa – ricordando che fedeltà e costanza conducono alla gioia “anche se non sempre questa è immediata”. Perché “il vero amore è perseverante anche e soprattutto nelle difficoltà”.

Infine, il messaggio ricorda che “il cristiano autentico non è mai disperato e triste, anche davanti alle prove più dure”. Sappiamo, infatti, che Cristo crocifisso e risorto è con noi, è l’amico sempre fedele. Quando partecipiamo alle sue sofferenze, partecipiamo anche alla sua gloria. Con Lui e in Lui, la sofferenza è trasformata in amore. E là si trova la gioia”.

© Copyright Radio Vaticana

"Con il Santo Padre a Cuba": il racconto del card. O'Malley

Clicca qui per leggere il commento segnalatoci da Alberto. Qui una traduzione.

I testi delle meditazioni della Via Crucis al Colosseo (Radio Vaticana)

I testi delle meditazioni della Via Crucis al Colosseo

Anche la famiglia, se vuol seguire Gesù, avrà le sue croci, ma con lo sguardo a Cristo, affronterà in modo diverso la vita. E’ il messaggio che Danilo e Anna Maria Zanzucchi, del Movimento dei Focolari, vogliono dare nelle meditazioni scritte per la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo presieduta dal Papa. Nelle 14 Stazioni che saranno meditate il 6 aprile, c’è la trasposizione dei problemi che vivono i coniugi: i tradimenti, le incomprensioni, gli aborti, le malattie, l’educazione dei figli. Ma c’è anche il monito a non restare indifferenti alle necessità del prossimo. I testi della Via Crucis saranno pubblicati lunedì prossimo dalla Libreria Editrice Vaticana. Ce ne anticipa i contenuti Tiziana Campisi:

“Ho contribuito anch’io al tuo dolore. Anche noi sposi e le nostre famiglie. … Ogni volta che non ci siamo amati, quando ci siamo attribuiti la colpa l’uno all’altro, quando non ci siamo perdonati, quando non abbiamo ricominciato a volerci bene”: è la riflessione che Danilo e Anna Maria Zanzucchi hanno scritto meditando il momento in cui Gesù è caricato della Croce. La loro è una Via Crucis che lega le drammatiche esperienze della famiglia di oggi alla Passione di Cristo.

“Quante cadute nelle nostre famiglie. Quante separazioni, quanti tradimenti – sottolineano i coniugi –. E poi i divorzi, gli aborti, gli abbandoni”. Da qui l’invocazione: “Gesù, aiutaci a capire cos’è l’amore, insegnaci a chiedere perdono”.

Tra i peccati che indeboliscono l’uomo e che appesantiscono la Croce di Cristo, nelle meditazioni di quest’anno ci sono i cedimenti alle tentazioni del mondo, che spesso attraggono con “bagliori di soddisfazione”, c’è la mancanza di rispetto della dignità della persona, “che niente e nessuno dovrebbe violare” - uomo e donna che sia - nella propria intimità e nel proprio corpo.

La settima Stazione – la Veronica che asciuga il volto di Gesù – è invece lo spunto per indurre a riconoscere il Cristo in ogni fratello, in ogni vita appena concepita e in chi è avanti negli anni. E nel testo delle meditazioni, inoltre, si legge più volte il richiamo alla coscienza di ciascuno per un impegno più forte dinanzi al male e alle ingiustizie, a non chiudere gli occhi e a non restare indifferenti di fronte alle necessità dell’altro per stanchezza, incoscienza, egoismo o timore.

E non dimenticano, Danilo e Anna Maria Zanzucchi, che accanto alla Via Crucis di Cristo c’è quella dei martiri d’oggi, di quelli che soffrono prove perché la Chiesa è ancora perseguitata. Alle famiglie poi è rivolto l’invito a non lasciarsi anestetizzare dal benessere, a non cercare soltanto ciò che si desidera o appaga.

Infine l’insegnamento supremo di Gesù: il dono della propria vita per amore. Un insegnamento che tante madri hanno imitato quando nel parto hanno affrontato “la morte pur di dare alla luce il loro figlio”, e molti altri hanno seguito scartando la vendetta di fronte alla guerra o al terrorismo.

E nell’ultima stazione si apre al cristiano la porta della speranza: Gesù è morto, ma è risorto, “vive per sempre e ci accompagna … nel nostro viaggio terreno, tra gioie e tribolazioni”.

© Copyright Radio Vaticana

Le mille domande di un fragile Fidel Castro (Pioli)

Su segnalazione di Eufemia leggiamo:

L'incontro del Papa con Fidel Castro nel commento di Mons. Frosini

Su segnalazione di Eufemia leggiamo:

MESSAGGERO DI PACE, INNO UFFICIALE DELLA VISITA DEL PAPA IN MESSICO

Grazie alla segnalazione della nostra Suor Benedetta possiamo vedere questo bellissimo filmato:

La Liturgia sacramentale, anticipazione attuale di quella celeste. Una riflessione sulla Liturgia ecclesiale, firmata da Don Natale Scarpitta

Clicca qui per leggere il testo.

"Il cortile dei gentili". Il nuovo libro di Francesco Antonio Grana con un inedito del cardinale Michele Giordano

Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

Il cortile dei gentili

di Francesco Antonio Grana

con un inedito del cardinale Michele Giordano
prefazione di Fulvio Tessitore

COMUNICATO STAMPA

Venerdì 30 marzo 2012 alle ore 16 nella sede dell'Emeroteca Tucci di Napoli presentazione del nuovo libro di Francesco Antonio Grana “Il cortile dei gentili” (L’Orientale Editrice). Intervengono i giornalisti Ermanno Corsi e Antonello Perillo. Presiede Fulvio Tessitore.

"Agnostici, che a motivo della questione su Dio non trovano pace; persone che soffrono a causa dei loro peccati e hanno desiderio di un cuore puro, sono più vicini al Regno di Dio di quanto lo siano i fedeli "di routine", che nella Chiesa vedono ormai soltanto l’apparato, senza che il loro cuore sia toccato da questo, dalla fede". Lucidissima e sconvolgente è l'analisi di Benedetto XVI. Il suo pontificato diventa così il tempo della nuova evangelizzazione, soprattutto nei Paesi occidentali che stanno vivendo una progressiva secolarizzazione della società. "Io penso - afferma Ratzinger - che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di "cortile dei gentili" dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa".
Alle parole del Papa fanno eco quelle scritte dal cardinale Michele Giordano, scomparso il 2 dicembre 2010, nel suo ultimo articolo che viene ora pubblicato postumo dal giornalista Francesco Antonio Grana nel suo nuovo libro "Il cortile dei gentili", edito da L'Orientale Editrice. "La Chiesa - scriveva il porporato - deve essere un segno credibile, dando agli uomini del nostro tempo in modo inequivocabile la testimonianza evangelica di distacco dal danaro e dai beni di questo mondo, di distacco dal potere e da tutto ciò che lo conferisce o lo mantiene; quindi una testimonianza di povertà, di disinteresse, di umiltà, di sincerità, di purezza, di carità". E aggiungeva: "Il nostro modo incoerente di vivere la fede è oggi per molti una pietra d'inciampo, uno scandalo".
Il cortile dei gentili può essere la soluzione alla cristianofobia, termine nuovo nel lessico pontificio? Può contribuire al dialogo interreligioso, alla conoscenza delle diverse realtà, delle diverse culture, alla convivenza di tutti i popoli del pianeta? Può riabilitare in Europa e in tutto il mondo occidentale Dio e i valori della fede cristiana? Francesco Antonio Grana analizza l'idea ratzingeriana del cortile dei gentili, sottolineandone le differenze con la "cattedra dei non credenti" realizzata oltre venti anni fa a Milano dal cardinale Carlo Maria Martini, e tratteggia, alla vigilia dell'anno della fede, il profilo del pontificato di Benedetto XVI teso a rimettere al centro la questione su Dio.
Il volume di Grana è arricchito dalla prefazione di Fulvio Tessitore, già Rettore dell'Università di Napoli "Federico II" e Senatore della Repubblica, che nel 1994, insieme all'allora cardinale Joseph Ratzinger, inaugurò l'anno accademico della Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale. "Mi compiaccio - scrive Tessitore - per il generoso entusiasmo di Francesco Antonio Grana e mi complimento con lui per la fedeltà che sa concepire per Benedetto XVI e per la gratitudine che sa conservare verso il cardinale Giordano, due grandi uomini di Chiesa".

«La Chiesa sia credibile». Riflessione del Cardinale Giordano, estratta dal testo di Francesco Antonio Grana "Il cortile dei Gentili"

Il Papa mette a nudo la tragedia di Cuba (Roberto Lovari)

Il Papa mette a nudo la tragedia di Cuba

di Roberto Lovari

La visita del Papa non produrrà nell'immediato grandi cambiamenti, ma sia il Papa che la dittatura cubana, l'opposizione e gli esuli potranno vantarsi di aver ottenuto risultati positivi.
Il dittatore Raul Castro e suo fratello Fidel hanno ottenuto lo scopo di contrastare la loro immagine di paria internazionali, evitati da molti leader mondiali per non permettere elezioni libere, né partiti di opposizione, né una libera informazione. In un recente vertice nei Caraibi un albergo di una catena nordamericana si è rifiutato di dar loro le stanze. Certamente ricevendo Benedetto XVI con una trasmissione televisiva mondiale, Raul ha avuto una grande tribuna per attaccare gli USA e una legittimità per il regime cubano.
Le due cariatidi ottantenni hanno tentato di convincere il mondo che Cuba sta cambiando. Si potrebbe pensare che la visita di Benedetto XVI abbia dato una boccata di ossigeno ad un regime morente. È l'esatto contrario. Senza mai uscire dal campo religioso, la visita del Papa ha messo a nudo la vergognosa realtà dell'isola dei Caraibi. Alcuni hanno parlato di accordi del Papa per ottenere maggiori libertà per i cattolici e per le loro organizzazioni, è vero, ma se c'è bisogno di maggiori spazi vuol dire che a Cuba il regime comunista non si è aperto totalmente alla libertà religiosa.
Dopo la visita di Giovanni Paolo II nel '98, la realtà è certamente cambiata. Quando prese il potere Castro espulse o imprigionò centinaia di preti, le chiese furono chiuse, solo alla fine dell'anno della visita del Papa, dopo quarant'anni, il 25 dicembre è stato di nuovo dichiarato giorno festivo. In questi 14 anni la Chiesa Cattolica ha riaperto Chiese, Seminari, ha avuto spazi nell'informazione, addirittura l'Arcivescovo dell'Avana ha potuto parlare della visita papale in TV, anche se in un canale non molto seguito. Se la Chiesa Cattolica otterrà più spazi e libertà non sarà lo stesso per le altre realtà religiose di Cuba, gli Evangelici e i seguaci della Santeria,l'antica religione degli afro cubani venuti dall'Africa. Tutto il mondo però è venuto a sapere che il regime cubano vieta ai Pentecostali Evangelici, in tumultuosa crescita, di riunirsi anche nelle case, essendo molto difficile aprire chiese.
La vecchia religione popolare della Santeria ha ricordato al mondo la sua grande forza, nonostante decenni di repressione comunista. L'opposizione cubana, come le "Damas de blanco", non hanno potuto incontrare il Papa per esplicito divieto delle autorità, ma tutti i mezzi di comunicazione del mondo hanno parlato di loro e di come un'ondata di arresti senza precedenti si sia abbattuta su di loro. Gli esuli cubani, che con una flottiglia di navi ormeggiata a 20 Km dalla costa, in acque internazionali, hanno lanciato razzi luminosi hanno ricordato l'immane tragedia di un milione di persone, quasi il 10% della popolazione, in esilio a causa della dittatura dei fratelli Castro. Non sono mancate le gaffe, come quella del Primate di Cuba, Ortega, che ha chiesto l'intervento della polizia per sgomberare una chiesa occupata da dissidenti. Ma, se non sono mancate contraddizioni, il risultato è stato chiaro, si è smontata senza appello la farsa di una Cuba con grandi novità e in fase di cambiamento.
Il regime è stato messo a nudo. Alcuni commentatori hanno ricordato come l'esercito cubano abbia aperto un suo sito su internet, a dimostrazione di un peso sempre crescente in tutti i campi. Non bisogna dimenticare che l'esercito cubano ha avuto come suo ministro per 48 anni Raul Castro. La dittatura rafforza le sue strutture di repressione perché ha paura che si ripeta quello che avvenne dopo la caduta dell'Urss, quando, venuti meno i cinque miliardi di dollari sovietici, il regime si "aprì", ma al turismo sessuale. Ora l'incubo si chiama Chavez, se fosse battuto alle elezioni di ottobre, se la malattia gli impedisse di continuare a fare politica, si creerebbe una situazione dagli esiti imprevedibili. I dieci miliardi di dollari che Chavez regala a Cuba in cambio delle cosiddette "misiones" sono una risorsa centrale nell'economia cubana. Un'economia che, di tutte le riforme sbandierate, ha visto solo la possibilità di acquistare macchine straniere o di vendere le proprie case, ben poco per una società sottoposta da 50 anni al disastro dell'economia di stato. Per nascondere ancora una volta la vergogna dell'ultima dittatura assassina dell'Occidente, si è creato un ridicolo "battage" sulla religiosità di Fidel Castro, scomodando vecchi rottami della Teologia della Liberazione, come Frei Betto o Leonardo Boff, da tempo allontanatisi o cacciati dalla Chiesa Cattolica.

© Copyright L'Opinione, 31 marzo 2012 consultabile online anche qui.

In Messico ed a Cuba il Papa ha sfatato il clericalismo (Allen)

Clicca qui per leggere il commento. Qui una traduzione sommaria.

L'incontro del Papa con Fidel Castro nel commento di Alessandra Borghese

Clicca qui per leggere il commento.

Pablo Soler Frost: la fede è nel Dna dell'America Latina (Capuzzi)

Clicca qui per leggere l'intervista.

venerdì 30 marzo 2012

Il Papa scrive ai detenuti di Rebibbia: la visita mi ha segnato nel profondo (Izzo)

PAPA: SCRIVE A DETENUTI REBIBBIA, VISITA MI HA SEGNATO NEL PROFONDO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 mar.

"E' sempre vivo nel mio animo il ricordo della visita che ho compiuto nel carcere di Rebibbia poco prima dello scorso Natale; ricordo i volti che ho incontrato e le parole che ho ascoltato, e che hanno lasciato in me un segno profondo".
Lo scrive Benedetto XVI ai detenuti del carcere di Rebibbia.
"Sono stato felice di sapere - confida il Papa - che, in preparazione alla Pasqua, darete vita, nella Casa Circondariale di Rebibbia, ad una Via Crucis che sara' presieduta dal mio Vicario per Roma, il Cardinale Agostino Vallini, con la partecipazione di detenuti, operatori penitenziari e gruppi di fedeli da varie parrocchie della citta'. Mi sento particolarmente vicino a questa iniziativa, e - assicura il Pontefice - mi unisco spiritualmente alla vostra preghiera, e cosi' posso dare continuita' alla mia presenza in mezzo a voi, e di questo ringrazio in particolare i vostri Cappellani".
Papa Ratzinger auspica che la Via Crucis sia "anche un segno di riconciliazione", come desiderano i promotori e i partecipanti.
"In effetti - ricorda - come disse uno dei detenuti durante il nostro incontro, il carcere serve per rialzarsi dopo essere caduti, per riconciliarsi con se stessi, con gli altri e con Dio, e poter poi rientrare di nuovo nella societa'".
"Quando, nella Via Crucis, vediamo Gesu' che cade a terra una, due, tre volte, comprendiamo - conclude il Papa tedesco - che Lui ha condiviso la nostra condizione umana, il peso dei nostri peccati lo ha fatto cadere; ma per tre volte Gesu' si e' rialzato e ha proseguito il cammino verso il Calvario; e cosi', con il suo aiuto, anche noi possiamo rialzarci dalle nostre cadute, e magari aiutare un altro, un fratello, a rialzarsi".

© Copyright (AGI)

Il Papa ai detenuti: So che questa Via Crucis vuole essere anche un segno di riconciliazione

Carceri/ Papa: Devono aiutare i detenuti a rialzarsi dopo caduta

Messaggio per via Crucis Rebibbia: Deve servire a riconciliazione

Città del Vaticano, 30 mar. (TMNews)

"So che questa Via Crucis vuole essere anche un segno di riconciliazione. Come disse uno dei detenuti durante il nostro incontro, il carcere serve per rialzarsi dopo essere caduti, per riconciliarsi con se tessi, con gli altri e con Dio, e poter poi rientrare di nuovo nella società". Lo ha scritto, fra l'altro, Papa Benedetto XVI nel messaggio affidato al cardinale vicario diRomaAgostino Vallini che presiede la Via Crucis questo pomeriggio nel carcere romano di Rebibbia.
"Sono stato felice di sapere che, in preparazione alla Pasqua - ha sottolineato Benedetto XVI - darete vita, nella Casa circondariale di Rebibbia, ad una Via Crucis con la partecipazione di detenuti, operatori penitenziari e gruppi di fedeli da varie parrocchie della città. Mi sento particolarmente vicino a questa iniziativa, perché è sempre vivo nel mio animo il ricordo della visita che ho compiuto nel carcere di Rebibbia poco prima dello scorso Natale. Ricordo i volti che ho incontrato e le parole che ho ascoltato, e che hanno lasciato in me un segno profondo. Perciò, mi unisco spiritualmente alla vostra preghiera, e così posso dare continuità alla mia presenza in mezzo a voi, e di questo ringrazio in particolare i vostri Cappellani".
"Quando nella via Crucis vediamo Gesù che cade a terra una, due, tre volte - ha sottolineato ancora Benedetto XVI- comprendiamo che lui ha condiviso la nostra condizione umana, il peso dei nostri peccati lo ha fatto cadere; ma per tre volte Gesù si è rialzato e ha proseguito il cammino verso il Calvario; e così, con il suo aiuto, anche noi possiamo rialzarci dalle nostre cadute, e magari aiutare un altro, un fratello, a rialzarsi".
"Ma che cosa dava a Gesù la forza di andare avanti? Era la certezza che il Padre era con Lui. Anche se nel suo cuore - ha proseguito il Pontefice rivolto ai detenuti- c'era tutta l'amarezza dell'abbandono, Gesù sapeva che il Padre lo amava, e proprio questo amore immenso, questa misericordia infinita del Padre celeste lo consolava ed era più grande delle violenze e degli oltraggi che lo circondavano. Anche se tutti lo disprezzavano e lo trattavano non più come un uomo, Gesù, nel suo cuore, aveva la ferma certezza di essere sempre figlio, il Figlio amato da Dio Padre".
"Questo, cari amici - ha concluso il Papa- è il grande dono che Gesù ci ha fatto con la sua Via Crucis: ci ha rivelato che Dio è amore infinito, è misericordia, e porta fino in fondo il peso dei nostri peccati, perché noi possiamo rialzarci e riconciliarci e ritrovare la pace. Anche noi, allora, non abbiamo paura di percorrere la nostra "via crucis", di portare la nostra croce insieme con Gesù. Lui è con noi. E con noi c'è anche Maria, sua e nostra madre. Lei rimane fedele anche ai piedi della nostra croce, e prega per la nostra risurrezione, perché crede fermamente che, anche nella notte più buia, l'ultima parola è la luce dell'amore di Dio". E "con questa speranza, basata sulla fede, auguro a tutti voi di vivere la prossima Pasqua nella pace e nella gioia che Cristo ci ha acquistato con il suo sangue, e con grande affetto vi imparto la Benedizione Apostolica, estendendola di cuore ai vostri familiari e alle persone care".

© Copyright TMNews

Il Papa ai detenuti: i vostri volti hanno lasciato in me un segno profondo (Ambrogetti)

Clicca qui per leggere il commento segnalatoci da Laura.

Il Papa ai detenuti di Rebibbia: possiamo rialzarci dalle nostre cadute (Sir)

BENEDETTO XVI AI DETENUTI DI REBIBBIA: POSSIAMO RIALZARCI DALLE NOSTRE CADUTE

«Mi sento particolarmente vicino a questa iniziativa, perché è sempre vivo nel mio animo il ricordo della visita che ho compiuto nel carcere di Rebibbia poco prima dello scorso Natale; ricordo i volti che ho incontrato e le parole che ho ascoltato, e che hanno lasciato in me un segno profondo».
Lo ha scritto Benedetto XVI, in un messaggio che è stato letto oggi durante la Via Crucis nella casa circondariale di Rebibbia, presieduta dal card. Agostino Vallini, con la partecipazione di detenuti, operatori penitenziari e gruppi di fedeli da varie parrocchie della città. «Mi unisco spiritualmente alla vostra preghiera - ha sostenuto il Papa -, e così posso dare continuità alla mia presenza in mezzo a voi, e di questo ringrazio in particolare i vostri cappellani». «So - ha aggiunto - che questa Via Crucis vuole essere anche un segno di riconciliazione. In effetti, come disse uno dei detenuti durante il nostro incontro, il carcere serve per rialzarsi dopo essere caduti, per riconciliarsi con se stessi, con gli altri e con Dio, e poter poi rientrare di nuovo nella società». Quando, nella Via Crucis, vediamo Gesù che cade a terra, ha sottolineato il Pontefice, «comprendiamo che Lui ha condiviso la nostra condizione umana, il peso dei nostri peccati lo ha fatto cadere; ma per tre volte Gesù si è rialzato e ha proseguito il cammino verso il Calvario».
Con l'aiuto di Gesù, ha evidenziato il Santo Padre, «anche noi possiamo rialzarci dalle nostre cadute, e magari aiutare un altro, un fratello, a rialzarsi». Ma che cosa dava a Gesù la forza di andare avanti? «Era la certezza - ha chiarito Benedetto XVI - che il Padre era con Lui. Anche se nel suo cuore c'era tutta l'amarezza dell'abbandono, Gesù sapeva che il Padre lo amava, e proprio questo amore immenso, questa misericordia infinita del Padre celeste lo consolava ed era più grande delle violenze e degli oltraggi che lo circondavano. Anche se tutti lo disprezzavano e lo trattavano non più come un uomo, Gesù, nel suo cuore, aveva la ferma certezza di essere sempre figlio, il Figlio amato da Dio Padre». Questo, ha spiegato il Papa, «è il grande dono che Gesù ci ha fatto con la sua Via Crucis: ci ha rivelato che Dio è amore infinito, è misericordia, e porta fino in fondo il peso dei nostri peccati, perché noi possiamo rialzarci e riconciliarci e ritrovare la pace». «Anche noi, allora - ha osservato il Pontefice -, non abbiamo paura di percorrere la nostra ‘via crucis', di portare la nostra croce insieme con Gesù. Lui è con noi». Con noi, ha concluso, «c'è anche Maria, sua e nostra madre. Lei rimane fedele anche ai piedi della nostra croce, e prega per la nostra risurrezione, perché crede fermamente che, anche nella notte più buia, l'ultima parola è la luce dell'amore di Dio».

© Copyright (Sir)

La Liturgia ferita. Riflessione di Mons. Marc Aillet

Clicca qui per leggere la traduzione del testo gentilmente segnalatoci.

Padre Lombardi: in Messico ed a Cuba il Papa non ha potuto fare tutto ciò che voleva (Izzo)

PAPA: LOMBARDI, IN MESSICO E A CUBA NON HA POTUTO FARE TUTTO CIO' CHE VOLEVA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 mar.

"Il Papa non puo' sempre fare tutto cio' che vorrebbe nello spazio brevissimo di un viaggio, ma chi lo ascolta capisce il suo spirito e le sue intenzioni, chi lo segue sa la coerenza e il coraggio dei suoi messaggi".
Lo ha detto il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi che, in un commento sul viaggio in Messico e a Cuba trasmesso dalla Radio Vaticana, ha risposto riguardo agli "incontri mancati: la visita a Guadalupe, i dissidenti cubani, le vittime di Maciel".
Come e' noto a recarsi a Guadalupe il Pontefice ha dovuto rinunciare su consiglio dei medici che erano preoccupati per l'altitudine di Citta' del Messico, all'incontro con i dissidenti cubani per non creare tensioni tra chiesa locale e regime, e, infine, i vescovi messicani non hanno ritenuto opportuno che ricevesse le vittime del fondatore dei Legionari di Cristo.
Secondo padre Lombardi, "il vero grande incontro, che comprende idealmente tutti gli incontri particolari - pero' - e' avvenuto, ed e' stato profondo, spontaneo, sincero: un incontro personale e diretto fra il Papa e i popoli del Messico e di Cuba, idealmente tutti i popoli ispanici dell'America Latina".
"Agli occhi delle centinaia di milioni di cattolici del continente americano, e' stato - ha affermato il portavoce del Papa - un passo decisivo, insieme alla partecipazione all'Assemblea di Aparecida del 2007, per confermare e in certo senso equilibrare l'attenzione di questo pontificato nei loro confronti".
Era questo, del resto, "il servizio alla fiducia, alla speranza, che il Papa desiderava offrire: un messaggio chiarissimo - ha spiegato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede - di incoraggiamento alla Chiesa nei due Paesi, un'esplicita richiesta di spazi piu' larghi di presenza e di liberta' religiosa, non come tutela di privilegi, ma come possibilita' di servizio, di contributo efficace per il bene di tutti, per la costruzione di una societa' piu' fraterna, piu' giusta, riconciliata e pacifica".
"Il Papa - ha poi concluso padre Lombardi - e' il pastore della Chiesa cattolica e attraverso di essa e della sua vitalita' passa anzitutto il servizio della fede alla vita dei popoli. Non per nulla, il cuore spirituale del viaggio lo abbiamo compreso vedendo Papa Benedetto pellegrino davanti alla Virgen de la Caridad del Cobre".

© Copyright (AGI)

Il Papa scrive ai detenuti di Rebibbia che celebrano la Via Crucis: Gesù vi aiuta a rialzarvi dalle cadute

Il Papa scrive ai detenuti di Rebibbia che celebrano la Via Crucis: Gesù vi aiuta a rialzarvi dalle cadute

La Via Crucis come “segno di riconciliazione” con sé stessi, con Dio e la società. È questo uno dei significati che Benedetto XVI attribuisce alla celebrazione del rito sacro vissuta nel pomeriggio dai detenuti e dagli operatori del carcere romano di Rebibbia in preparazione alla Pasqua, sotto la guida del cardinale vicario, Agostino Vallini. In un messaggio inviato per l’occasione, il Papa esorta a guardare l’esempio di Gesù, caduto e rialzatosi nonostante il peso della Croce. Il servizio di Alessandro De Carolis:

I calvari di tanti uomini in fila dietro l’Uomo del Calvario, per imparare dal Lui che ciò che conta non è essere caduti ma rialzarsi, e che la morte del disprezzo o della solitudine può conoscere la speranza di una nuova vita. Sono i sentimenti che Benedetto XVI legge nella scena della salita al Golgota e trasmette ai detenuti e agli operatori penitenziari di Rebibbia. Quando, lo scorso Natale, il Papa si era recato in visita nella Casa circondariale romana, tra i tanti ricordi che – ammette – hanno lasciato in lui un “segno profondo”, il Pontefice cita nel Messaggio la considerazione allora rivoltagli da un detenuto: il carcere serve per rialzarsi dopo essere caduti, per riconciliarsi con se stessi, con gli altri e con Dio, e poter poi rientrare di nuovo nella società. L’analogia con Cristo prigioniero lungo la Via Crucis è immediata. Quando, scrive il Papa, “vediamo Gesù che cade a terra – una, due, tre volte – comprendiamo che Lui ha condiviso la nostra condizione umana, il peso dei nostri peccati lo ha fatto cadere; ma per tre volte Gesù si è rialzato e ha proseguito il cammino verso il Calvario; e così, con il suo aiuto, anche noi possiamo rialzarci dalle nostre cadute, e magari aiutare un altro, un fratello, a rialzarsi”. Ma, si chiede Benedetto XVI, “che cosa dava a Gesù la forza di andare avanti? Era la certezza che il Padre era con Lui. Anche se nel suo cuore c’era tutta l’amarezza dell’abbandono, Gesù sapeva che il Padre lo amava”. Anche “se tutti lo disprezzavano e lo trattavano non più come un uomo, Gesù, nel suo cuore, aveva la ferma certezza di essere sempre figlio, il Figlio amato da Dio Padre”.

E questo, cari amici – afferma il Papa – “è il grande dono che Gesù ci ha fatto con la sua Via Crucis: ci ha rivelato che Dio è amore infinito, è misericordia, e porta fino in fondo il peso dei nostri peccati, perché noi possiamo rialzarci e riconciliarci e ritrovare la pace”. Anche noi allora, conclude, “non abbiamo paura di percorrere la nostra ‘via crucis’, di portare la nostra croce insieme con Gesù. Lui è con noi. E con noi c’è anche Maria, sua e nostra madre. Lei rimane fedele anche ai piedi della nostra croce, e prega per la nostra risurrezione, perché crede fermamente che, anche nella notte più buia, l’ultima parola è la luce dell’amore di Dio”.

© Copyright Radio Vaticana

MESSAGGIO DEL PAPA AI DETENUTI DI REBIBBIA

Il Papa ai detenuti di Rebibbia: "Questo, cari amici, è il grande dono che Gesù ci ha fatto con la sua Via Crucis: ci ha rivelato che Dio è amore infinito, è misericordia, e porta fino in fondo il peso dei nostri peccati, perché noi possiamo rialzarci e riconciliarci e ritrovare la pace. Anche noi, allora, non abbiamo paura di percorrere la nostra “via crucis”, di portare la nostra croce insieme con Gesù"

Quando la carità unisce. Annunciato dal cardinale Sarah il finanziamento di un progetto agricolo a Cuba (Ponzi)

Annunciato dal cardinale Sarah il finanziamento di un progetto agricolo a Cuba

Quando la carità unisce

Mario Ponzi

Cor Unum finanzierà un nuovo progetto per lo sviluppo agricolo in due diocesi di Cuba. È il primo frutto concreto della visita di Benedetto XVI al popolo dell’isola caraibica. Il Papa aveva portato con sé, tra le personalità del seguito, il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, proprio per concordare con i vescovi cubani eventuali interventi a favore della popolazione. «Abbiamo individuato due possibili aree di intervento — spiega il cardinale in questa intervista al nostro giornale, senza citare per opportunità i due vescovi interessati — e ora attendiamo un progetto che finanzieremo come espressione concreta della carità del Papa per le necessità delle popolazioni cubane». Il cardinale si è poi soffermato sul senso vero della carità cristiana così come testimoniato dal Pontefice in ogni momento di questo «intenso viaggio spirituale».

Durante la messa celebrata dal Papa sulla Piazza della Rivoluzione, all’Avana, c’era uno striscione enorme posto tra due palazzi, che sembrava avvolgere i fedeli riuniti in preghiera con Benedetto XVI . Vi era scritto: «La carità ci unisce». Alcuni hanno letto in questa frase un significato politico. Ritiene possibile accostare l’aggettivo politico alla carità?

Certamente la carità unisce tutti gli uomini. Unisce l’uomo a Dio e di conseguenza tutti gli uomini. Per questo il Papa si è fatto pellegrino della carità in Messico e a Cuba, e ai piedi della Vergine della carità del Cobre è come tornato alle fonti di quell’amore di cui la carità è l’espressione più concreta. Non so realmente se sia giusto parlare di politica in riferimento alla carità cristiana. Essa è l’essenza stessa del cristianesimo; Dio è carità e amore. Dunque missione della Chiesa è far riscoprire all’umanità questo amore che si trasforma in carità. La sua prima dimensione è la gratuità. Non si fa carità per ricevere qualcosa in cambio. Non è espressione dell’egoismo individuale; è espressione dell’amore di Dio. E dunque compito della Chiesa è far scoprire, attraverso la sua testimonianza, l’amore di Dio che genera carità. E non credo che in questo si possa vedere un disegno o una strategia politica. Purtroppo è vero che molto spesso si dice di amare qualcuno, di voler aiutare chi ha bisogno nutrendo, però, il recondito pensiero del tornaconto personale. Ma questo non appartiene alla Chiesa; essa insegna ad amare e a soccorrere il bisognoso nello spirito della gratuità del dono di Dio. Questa è la sua missione, una missione dunque e non una politica della carità.

Come ha testimoniato il Papa, in questo viaggio appena concluso, il senso cristiano della carità?

Con ogni parola, con ogni gesto. Ma soprattutto ha offerto la più bella testimonianza con la sua persona. Con la sua umiltà, l’espressione più bella e vera del suo amore per l’uomo. La carità cristiana ha tanti volti e il Papa li riassume tutti nella sua persona. Il suo modo di parlare, il suo modo di aprirsi agli altri, di comprenderli, di porsi in ascolto di tutti, anche di quelli che si riconoscono in ideologie così diverse dalla nostra, come può essere quella cubana per restare nell’ambito di questo viaggio, sono tutte espressioni della carità cristiana. Ai cubani ha fatto capire la sua vicinanza in questo momento di difficoltà, ha acceso in loro una nuova speranza, gli ha mostrato le vie possibili per ritrovare la pace nella riconciliazione; ed è stata una bella testimonianza della carità che predica per il mondo. E rivolgendo alla comunità internazionale il suo chiaro appello affinché il popolo cubano non debba più soffrire a causa dell’embargo, ha mostrato un altro dei volti della carità cristiana. Anche nei colloqui con le autorità governative cubane, non giudicandole ma invitandole a prestare più attenzione alle richieste della popolazione, ha dato una grande testimonianza. Perché è carità non giudicare, non aggredire, non colpevolizzare, non alimentare atteggiamenti conflittuali.

Cosa le è rimasto più impresso di questa visita?

Sono rimasto molto impressionato dalla spontaneità della gente messicana, dalla sua fede semplice ma gioiosa, dall’incredibile amore manifestato per il Papa, soprattutto da parte dei giovani che rappresentano il futuro del Paese, della Chiesa. Anche a Cuba, senza voler fare paragoni perché le situazioni complessive dei due Paesi sono naturalmente diverse, c’è stata alla fine una bella testimonianza di affetto per il Papa. Forse all’inizio è mancata un po’ di quella spontaneità che aveva caratterizzato il Messico. Ma alla fine si sono sciolti e quando hanno capito chi era il Papa e cosa era venuto a fare tra di loro, si sono riversati sulle strade per fargli sentire il loro amore. E considerando che lì non è facile manifestare la propria fede si capisce che deve essere stato proprio l’amore a dar loro il coraggio necessario a vincere la paura e a uscire di casa. Questo mi ha colpito molto, vedere che la fede del popolo cubano è viva nonostante siano stati costretti a vivere lontano da Dio per molti anni.

In quale modo Cor Unum renderà concreta la carità del Papa?

Ho potuto parlare con due vescovi i quali mi hanno detto di aver ricevuto il permesso dalle autorità di lavorare con e per i contadini delle loro diocesi. Quindi, su indicazioni precise del Pontefice, ho chiesto di elaborare un progetto manifestando la disponibilità di Cor Unum ad aiutarli nella realizzazione.

Cosa porta con sé dell’esperienza vissuta viaggiando accanto al Papa?

Ho provato una felicità immensa perché in questi popoli ho ritrovato l’espressione della fede della mia gente africana. Ho visto la stessa spontaneità, la stessa gioia di credere e di vivere la propria fede. Sono stato felice di constatare che la Chiesa resta vitale e continua a crescere in Africa come in America, in Asia. Dunque questa esperienza ha fatto aumentare in me la speranza che finalmente si comprenda il ruolo fondamentale che ha la fede nel mondo, la fede nel Signore della Chiesa universale. Non solo per aiutare i cattolici ma anche per aiutare il mondo a prendere coscienza che l’uomo non vive soltanto del denaro, delle ricchezze materiali. L’uomo ha bisogno di Dio. E il Papa viaggia sulle strade del mondo per ricordare all’uomo distratto del nostro tempo che Dio esiste e che se si vuole riscoprire la vera felicità è a lui che dobbiamo tornare.

(©L'Osservatore Romano 31 marzo 2012)

Miracoli vietati e miracoli riconosciuti (Silvia Guidi)

Miracoli vietati e miracoli riconosciuti

Silvia Guidi

La diffida a non abusare della credulità popolare non è stata inviata — per conoscenza, in quanto Persona informata dei fatti — anche al Creatore, solo perché non è facile reperirne l’indirizzo; ma quando questo piccolo inconveniente burocratico sarà risolto anche Dio potrebbe trovarsi sul banco degli imputati (per abuso di potere, lesa maestà laica o una qualche altra accusa tratta dal fertile genere letterario della fantagiurisprudenza).
Non è la prima volta che succede, come la storia della salvezza ci ricorda, ma stavolta la vicenda ha accenti tragicomici: l’intervento imprevedibile della Grazia è stato giudicato incompatibile con le leggi del codice pubblicitario inglese.
«In Gran Bretagna — spiega Gianfranco Amato, segnalando in Rete uno degli esiti più surreali della censura postmoderna — sulla tutela dei consumatori vigila l’Advertising Standards Authority (Asa): e recentemente ha proibito all’associazione cristiana Healing On The Streets (Hots) di dire pubblicamente che attraverso la preghiera è possibile guarire». A Bath, l’associazione Hots è composta da volontari che pregano per i malati, rendendo nota la propria attività su un sito web; secondo l’Autority si tratta di pubblicità ingannevole, «illegittima e irresponsabile», colpevole di «indurre false speranze». Nonostante le intimidazioni subite, Paul Skelton, il fondatore di Hots, ha deciso di ricorrere contro la decisione dell’Asa: altrimenti, di questo passo, «in futuro sarà ancora lecito affermare che i miracoli esistono?». Per ora nessun commento è arrivato dalla Catholic Association, che da più di cento anni organizza pellegrinaggi a Lourdes, ma è evidente che l’esistenza stessa della piccola città dei Pirenei, portando alle estreme conseguenze la logica dell’Asa, potrebbe rappresentare un vulnus insanabile nella tutela dei diritti del consumatore, e, come tale, essere presto dichiarata illegale; è un luogo in cui fatti inspiegabili continuano pervicacemente a succedere, in barba a qualsiasi normativa vigente.
Un luogo sovversivo, questo santuario mariano ottocentesco, che non accenna a passare di moda, e in cui tutto o quasi tutto, dalle realtà visibili a quelle invisibili, si può rovesciare da un momento all’altro nel suo opposto. A partire dalle tante guarigioni che il dottor Alessandro De Franciscis, presidente del locale Bureau des constatations médicales, preferisce definire «inspiegate» piuttosto che «inspiegabili» («sarebbe un atto di presunzione da parte mia» dice a Stefano Lorenzetto in un’intervista pubblicata su «il Giornale» dello scorso 25 marzo).
Anche la carriera di De Franciscis, pediatra napoletano cinquantaseienne specializzato in epidemiologia ad Harvard, è stata ribaltata dall’incontro con la grotta di Massabielle. «Credo di essere il medico più buffo del pianeta — continua il dottore — la gente viene da me non perché sta male ma per dirmi che è guarita. Nel Bureau parliamo di medicina, non di fede o di filosofia. Ciascun medico anche se è ateo, può consultare la cartella clinica e dare un’opinione sul caso. E c’è la massima collegialità nelle decisioni. Agisco come il dottor House: ascolto le varie diagnosi e traggo le conclusioni».
Quali sono i criteri applicati dalla Chiesa per dichiarare un miracolo? «Gli stessi fissati dal cardinale Prospero Lambertini, eletto Papa nel 1740 col nome di Benedetto XIV, quello che concesse l’imprimatur alle opere di Galileo Galilei — risponde il medico — sette criteri di assoluto buon senso, fissati per mettere un freno agli abusi dei nobili, nel cui albero genealogico si rintracciava sempre qualche santo o beato per intervenuto miracolo. Primo: che la malattia abbia una prognosi grave. Secondo: che la diagnosi sia certa. Terzo: che la malattia sia organica. Quarto: che nessuna terapia possa spiegare la guarigione. Quinto: che la guarigione sia istantanea, inattesa e improvvisa. Sesto: che sia completa. Settimo: che sia durevole nel tempo». E la comunità scientifica internazionale accetta questi criteri? «Non c’è conflitto tra fede e scienza. Se io le dico che la signora Danila Castelli era affetta da feocromocitoma, questo è un fatto provato dai vetrini istologici e dalle cartelle cliniche degli istituti universitari dov’era stata ricoverata senza esito alcuno».
«Dal 1858 a oggi, in media un miracolo ogni 840 giorni...» sottolinea Lorenzetto. «Tutto vero, ma sarebbe un errore — gli risponde De Franciscis — soffocare nelle statistiche gli avvenimenti di Lourdes». Il suo «cuore» non sono le guarigioni; «il miracolo di Lourdes è Lourdes». Meglio dirlo adesso in modo esplicito, prima che scriverlo diventi fuorilegge.

(©L'Osservatore Romano 31 marzo 2012)

Cei: La 47esima Settimana Sociale dei Cattolici Italiani si celebrarà a Torino nell'autunno del 2013 (Izzo)

CEI: SI TERRA' A TORINO LA SETTIMANA SOCIALE 2013

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 30 mar.

La 47esima Settimana Sociale dei Cattolici Italiani si celebrarà a Torino nell'autunno del 2013. Lo ha stabilito il Consiglio Episcopale Permanente riunito a Roma nei giorni scorsi.
Tra le altre decisioni assunte, la creazione di un nuovo Ufficio Nazionale per l'apostolato del mare (settore che finora faceva capo alla Migrantes ed ora, come tutti gli Uffici Nazionali, diviene direttamente dipendente dalla Segreteria Generale Cei ed e' stato affidato a don Natale Ioculano della diocesi di Oppido Mamertina - Palmi) ed anche la riconferma di monsignor Domenico Pompili, sottosegretario della Cei, quale direttore dell'Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali e dunque portavoce dell'Episcopato italiano.
Vescovo promotore dell'apostolato del mare e' stato nominato invece monsignor Francesco Alfano, arcivescovo eletto di Sorrento - Castellammare di Stabia, ed , assistente ecclesiastico nazionale dell'Associazione Medici Cattolici Italiani sara' monsignor Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona - Osimo.
Il parlamentino dei vescovi italiani ha anche nominato un altro sottosegretario della Cei nella persona di don Bassiano Ugge' della diocesi di Lodi e confermato
coordinatore degli Uffici e Servizi della Segreteria Generale e responsabile del Servizio Nazionale per il progetto culturale, il dottor Vittorio Sozzi, mentre vice responsabile del Servizio resta il dottor Ernesto Diaco.

© Copyright (AGI)

Il cardinale Ouellet sul viaggio del Papa: a Cuba c'è una primavera della fede

Il cardinale Ouellet sul viaggio del Papa: a Cuba c'è una primavera della fede

“La fede è la chiave per la riconciliazione di tutti i cubani”. Lo ha detto ieri il cardinale Marc Ouellet, presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, commentando su Zenit il recente viaggio del Papa nell’isola di Cuba.
Per il porporato, che è anche prefetto della Congregazione per i Vescovi, la visita di Benedetto XVI è stata un messaggio al mondo intero, che mostra quanto la Chiesa cattolica sia al cuore dell’identità spirituale e culturale del continente. Il cardinale Ouellet ha menzionato anche i cambiamenti in atto nel Paese Caraibico.
“A Cuba – ha ribadito – c’è un’apertura alla Chiesa cattolica, all’opera di carità, ma soprattutto c’è una primavera della fede e attraverso la fede è importante che i cubani lavorino veramente insieme, guardino davanti e rimodellino la loro identità attingendo dalla tradizione della Chiesa cattolica, che è anche parte di questa cultura”.
Il presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina ha anche aggiunto che gli abitanti della regione devono essere confortati proprio dalla fede.
“Si confrontano con problemi difficili – povertà, violenza, sfide per le famiglie – e così il Papa li ha esortati a rivolgersi a Dio e a chiedere la purificazione del cuore”. “È un messaggio straordinario – ha concluso il cardinale – il cuore di Cristo non è un cuore per la dominazione, è per il servizio, è per il vero amore e la solidarietà”. (C.S.)

© Copyright Radio Vaticana

Cuba, la stampa di regime "travolta" dall'entusiasmo per il Papa (Lucia Capuzzi)

Clicca qui per leggere l'articolo.

Piazza San Pietro pronta per la Domenica delle Palme (Rome Reports)

Clicca qui per vedere il servizio segnalatoci da Laura.

In missione (a Cuba) per conto di Dio. Il commento di Enrico Cisnetto

Clicca qui per leggere l'articolo segnalatoci da Eufemia.

Padre Cantalamessa: il credente non rinuncia alla propria razionalità ma la trascende

Padre Cantalamessa: il credente non rinuncia alla propria razionalità ma la trascende

Rientrato ieri da Cuba, Benedetto XVI ha ascoltato questa mattina la quarta ed ultima predica di Quaresima di padre Raniero Cantalamessa. Nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, in Vaticano, il predicatore della Casa Pontificia ha parlato della via alla conoscenza di Dio tracciata da Gregorio di Nissa, Padre della Chiesa Orientale vissuto nel IV secolo. Per incontrare Dio, ha spiegato il religioso cappuccino ricordando l’insegnamento del Nisseno, bisogna oltrepassare i confini della ragione. Il servizio di Tiziana Campisi:

“Chi si accosta a Dio deve credere che Egli è”: è la Sacra Scrittura, nella Lettera agli Ebrei, ad indicare in che modo avvicinarsi a Dio, ma è merito di Gregorio di Nissa l’aver spiegato che “la vera conoscenza e la visione di Dio consistono ‘nel vedere che Egli è invisibile’. Nella sua ultima predica di Quaresima, ricca di spunti di riflessione, padre Raniero Cantalamessa, attingendo agli scritti del Nisseno, ha ricordato che…

“… il passaggio dall’oscurità alla luce è la prima separazione dalle idee false ed erronee su Dio; l’intelligenza più attenta alle cose nascoste, conducendo l’anima attraverso le cose visibili alla realtà invisibile. Questa è come una nube che oscura tutto il sensibile e abitua l’anima alla contemplazione di quello che è nascosto; infine l’anima che ha camminato per queste vie verso le cose celesti, avendo lasciato le cose terrestri per quanto è possibile alla natura umana, penetra nel santuario della conoscenza divina (questa famosa theognosia) circondata da ogni parte dalla tenebra divina”.

Quindi il predicatore della Casa Pontificia ha spiegato che nella ricerca di Dio non è esclusa la ragione, “che non si è costretti a scegliere tra il seguire la fede e il seguire l’intelligenza”:

“Credendo, la persona umana non rinuncia alla propria razionalità, ma la trascende, che è una cosa totalmente diversa. Il credente dà fondo, per così dire, alle risorse della propria ragione, le permette di porre il suo atto più nobile, perché, come afferma Pascal, ‘l'atto supremo della ragione sta nel riconoscere che c'è un'infinità di cose che la sorpassano’”.

E’ questa la “dotta ignoranza”: il comprendere che non si può capire. E’ questa l’inconoscibilità di Dio, che tuttavia non umilia:

“Tale inconoscibilità è fatta per riempire l'uomo di entusiasmo e di gioia; ci dice che Dio è infinitamente più grande, più bello, più buono, di quanto riusciremo mai a pensare, e che tutto questo lo è per noi, perché la nostra gioia sia piena; perché non ci sfiori neppure il pensiero che potremmo annoiarci a passare l'eternità vicino a lui”.

Ma non è lo smarrimento ciò che avverte chi entra nel mistero di Dio, ha aggiunto padre Cantalamessa, piuttosto, come lo ha definito Gregorio, il “sentimento di una presenza”, oggi assimilabile al cosiddetto “sentimento del numinoso”, cioè il senso, misto di terrore e di attrazione, che coglie improvvisamente l’essere umano di fronte al manifestarsi del soprannaturale o del soprarazionale. Una presenza sempre più luminosa man mano che ci si purifica dal peccato e dalle passioni. E se il cammino dell’intelletto e dell’anima verso Dio sembra un difficile percorso, non bisogna dimenticare che “sul monte Calvario l’uomo Dio, Gesù di Nazareth, ha unito per sempre l’uomo a Dio”.

© Copyright Radio Vaticana

Il viaggio del Papa. Diritto naturale e libertà religiosa (Massimo Introvigne)

Clicca qui per leggere il commento segnalatoci da Laura.

Il Papa a Cuba. Missione compiuta (Galeazzi)

Clicca qui per leggere il commento segnalatoci da Laura.

Via Crucis con i detenuti a Rebibbia: atteso messaggio del Papa (R.V.)

Via Crucis con i detenuti a Rebibbia: atteso messaggio del Papa

La Caritas diocesana di Roma organizza oggi pomeriggio una Via Crucis insieme ai detenuti del carcere di Rebibbia nell’ambito delle iniziative della Quaresima di Carità. Atteso un messaggio del Papa. Ce ne parla Davide Dionisi.

“Oggi sarai con me in paradiso”: è questo il tema scelto per la Via Crucis che si terrà oggi pomeriggio alle 16.30 nel Nuovo complesso di Rebibbia. La celebrazione verrà presieduta dal cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini, alla presenza del direttore dell’Istituto di pena di Via Majetti, Carmelo Cantone, del direttore della Caritas diocesana di Roma, mons. Enrico Feroci e di oltre trecento fedeli provenienti da diverse parrocchie della capitale. Tra loro anche i volontari della Caritas e i seminaristi che ogni giorno prestano il loro prezioso servizio nella Casa circondariale.
“Sull’onda della visita del Santo Padre a Rebibbia, sono state tante le adesioni quest’anno” ha detto don Sandro Spriano, cappellano dell’Istituto di pena. “La nostra sarà una meditazione sul Paradiso e alla celebrazione prenderanno parte circa trecento detenuti” ha anticipato il sacerdote. La vicinanza del Papa con i detenuti non è mai venuta meno anche all’indomani della storica visita prima dello scorso Natale e a conferma di tale legame, Papa Benedetto XVI, anche per l’occasione di oggi pomeriggio, invierà un suo messaggio. La Via Crucis si svolgerà nella piazza antistante alla cappella del carcere intitolata a “Dio Padre nostro”. La croce verrà portata da 14 ospiti, mentre i commenti verranno affidati a tre detenuti, ai volontari, agli operatori penitenziari e agli scout. L’ultima stazione verrà commentata dal cardinale Vallini. Al termine della celebrazione verranno liberate tre tortore, quale gesto simbolico di pace.

© Copyright Radio Vaticana