domenica 2 settembre 2012

Il Papa: non si deve rinunciare a parlare di verità (Izzo)


PAPA: NON SI DEVE RINUNCIARE A PARLARE DI VERITA'

Salvatore Izzo

(AGI) - Castel Gandolfo, 2 set. 

"Noi cristiani non osiamo piu' credere o parlare di verita'". Lo ha denunciato Benedetto XVI nell'omelia tenuta questa mattina a Castel Gandolfo in occasione dell'incontro di studio dei suoi ex allievi e della quale un'ampia sintesi e' stata diffusa Radio Vaticana.
"Oggi - ha rilevato il Papa - i concetti di verita' e intolleranza sono quasi 'fusi' tra di loro; cosi' dire di avere la verita' diventa sinonimo di intolleranza".
In realta', ha ricordato, "nessuno puo' dire 'possiedo la verita'" cosi' come "nessuno puo' dire 'ho dei figli', perche' non sono un nostro avere, sono un regalo, e sono un dono di Dio ed un compito". Ugualmente, "siamo noi che apparteniamo alla verita', che e' qualcosa di vivo: non la possediamo, e' piuttosto lei che ci acciuffa; e rimaniamo in lei solo se ci lasciamo guidare e spingere da lei". 
"Credo - ha aggiunto il Papa teologo - che dobbiamo imparare di nuovo, questo non avere la verita'".  "Cosi' non possiamo neanche dire 'ho la verita'", ma la verita', che e' Cristo stesso, è venuta verso di noi e nell'Eucaristia e' venuta addirittura dentro di noi per pulirci dalle nostre miserie, dal nostro egoismo che fa sembrare il cristianesimo solo un sistema di usanze. E cosi' dobbiamo imparare di nuovo a farci condurre dalla verita'. E allora attraverso di noi la verita' potra' di nuovo brillare per la salvezza del mondo".
Il Papa ha svolto la sua catechesi a partire dalla lettura del Deuteronomio, dove si legge che Israele, unico tra tutti i popoli, riceve da Dio la Legge, legge che da' la vera saggezza. Si tratta di un dono di cui gioire - ha sottolineato Benedetto XVI - non un frutto della propria genialita' che possa generare trionfalismo. Cosi' la Chiesa, un Israele diventato universale, puo' solo gioire del dono di Cristo, che e' il nucleo essenziale della Legge, Legge fatta carne, Amore di Dio per noi. Abbiamo ricevuto la saggezza che e' verita', sappiamo vivere e morire, perche' Cristo e' la vita e la verita'". Una visione, ha concluso, nella quale "non c'e' spazio per nessun trionfalismo, ma solo per la gioia e la gratitudine per il regalo ricevuto, che non abbiamo fatto noi".
Benedetto XVI ha quindi rilevato che "con il passare del tempo usanze umane si sono aggiunte al dono di Dio, nascondendo la saggezza donata da Dio". 
"Queste aggiunte possono condurre la Chiesa al cosiddetto trionfalismo, a lodare se stessa. Cosi' - ha osservato - in questa fase vediamo solo cio' che e' fatto da noi, non troviamo piu' la gioia della fede, non osiamo piu' dire che Dio ci ha insegnato la verita' e ci ha insegnato cosa e' l'uomo".
Un inciso, riferisce ancora la Radio Vaticana, il Papa lo ha dedicato alla Lettera di San Giacomo, laddove invita a essere di quelli che mettono in pratica la Parola e non soltanto ascoltatori. "Questa -  per il Pontefice  - e' un'esortazione a non accentuare la dimensione intellettuale della fede e della teologia". "Spesso - ha concluso - temo proprio questo, quando leggo tante cose intelligenti in questi tempi: che la teologia diventi un gioco dell'intelletto che non compenetra la nostra vita e che quindi non ci introduce alla verita'. Dunque e' un invito proprio a noi teologi: non solo ascoltare ma lasciarsi forgiare dalla verita' e lasciarsi guidare da lei". 

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