domenica 30 settembre 2012

Paolo Gabriele resta l’unico imputato in un processo-lampo. Restano sullo sfondo ma fuori dall’aula nomi pesanti, scenari da intrigo internazionale, lotte di potere in Curia (Galeazzi)


Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:


Retroscena

La solitudine del maggiordomo tra intrighi e lotte di potere


Esclusi dal procedimento tutti i comprimari


GIACOMO GALEAZZI


CITTA’ DEL VATICANO


In aula Paolo Gabriele ieri nella piccola aula del Tribunale di piazza Santa Marta Il «corvo» si è presentato sorridente nonostante rischi una condanna di sei anni

Per chi si definisce un «infiltrato dello Spirito Santo» e si attribuisce la missione di proteggere il Papa, in fondo è una vittoria. Nessuno gli farà più ombra. Paolo Gabriele resta l’unico imputato in un processo-lampo. Restano sullo sfondo ma fuori dall’aula nomi pesanti, scenari da intrigo internazionale, lotte di potere in Curia. Del resto «Paoletto» ha già confessato.
Ha agito da solo, ha detto nel corso dell’istruttoria, per creare uno choc salutare, per «aiutare il Papa», che vedeva circondato da «male e corruzione». Ora l’unico protagonista sarà lui: rischia una condanna fino a sei anni. Stralciato Claudio Sciarpelletti, l’informatico che sarà processato «a data da destinarsi», nell’aula vaticana il quadro invece di allargarsi si focalizza sempre più sulle responsabilità di «Paoletto»: i giudici hanno persino deciso di escludere dagli atti del processo l’articolo di «Die Welt» che ipotizzava il coinvolgimento in Vatileaks del cardinale Paolo Sardi, ex responsabile della stesura dei testi papali, del vescovo Joseph Clemens, ex segretario del cardinale Ratzinger, e di Ingrid Stampa, storica collaboratrice del Pontefice tedesco. La decisione è stata presa su richiesta dell’avvocato del maggiordomo infedele, Cristiana Arrù. L’articolo era stato redatto dal vaticanista Paul Badde, considerato vicino al segretario del Papa, monsignor Georg Gaenswein, che sarà invece chiamato a deporre.
Resta fuori dall’aula giudiziaria anche Gianluigi Nuzzi (che su Twitter esorta a «non lasciare solo» l’ex maggiordomo) il giornalista al quale Gabriele ha consegnato le copie dei documenti riservati da lui sottratti dall’appartamento insieme ai valori: almeno un assegno di 100 mila euro (donato al Papa dal rettore di un’università cattolica spagnola), una pepita d’oro e una cinquecentina (una copia dell’Eneide di Annibal Caro, che vale alcune migliaia di euro). 
L’eventuale reato di ricettazione che potrebbe essere addebitato a Nuzzi sarebbe stato compiuto all’estero (cioè in Italia) e i giudici vaticani non sono competenti né le parti hanno pensato di convocarlo in qualità di testimone, accettando quindi passivamente l’improbabile versione fornita dall’imputato che ha dichiarato di averlo contattato attraverso il centralino della sua redazione a «La7». E non saranno nemmeno acquisiti i verbali delle audizioni della commissione d’inchiesta cardinalizia voluta dal Papa, il cui lavoro ha approfondito anche i rapporti di Paolo Gabriele con il mondo dei media, in particolare con alcuni giornalisti con i quali il maggiordomo del Pontefice era assiduamente in contatto, vicini anche alla sua famiglia. Il risvolto mediatico di Vatileaks sembra dunque destinato a restare fuori dal processo, sebbene il caso sia nato in questo ambito. Alla fine gli unici giornalisti che resteranno agli annali della Giustizia Vaticana saranno così i vaticanisti sorteggiati per assistere ad ogni udienza. Inoltre, con lo stralcio della posizione dell’informatico della Segreteria di Stato accusato di favoreggiamento, non deporrà nel processo a Gabriele nemmeno Carlo Maria Polvani, nipote del nunzio a Washington in rotta di collisione con il segretario di Stato Bertone .
Non verranno acquisiti neppure i verbali delle testimonianze raccolte dalla commissione cardinalizia (Herranz, De Giorgi, Tomko)incaricata da Benedetto XVI di indagare sulla fuga di documenti. «E’ una scelta “politica”, ispirata ma non dettata dal codice di diritto canonico», ammettono in Curia. La commissione è stata istituita secondo l’ordinamento canonico con l’incarico di riferire al Pontefice, per cui non ha rilevanza per l’ordinamento vaticano. «Abbiamo a disposizione quattro udienze e potrebbero bastare», spiegano i giudici. La difesa di Gabriele chiedeva una planimetria dello studio di don Georg. Negata anch’essa per motivi di sicurezza.

© Copyright La Stampa, 30 settembre 2012 

1 commento:

Anonimo ha detto...

Per farlo svolgere in questo modo, si sarebbero potuti evitare di farlo questo processo.