Ancore fissate al cielo
di Silvia Guidi
Il filosofo e storico del pensiero Rémi Brague e il gesuita Brian Edward Daley sono i vincitori di quello che ormai è stato ribattezzato il Nobel per la teologia, ovvero il premio conferito dalla Fondazione Joseph Ratzinger. L'annuncio è stato dato ufficialmente il 28 settembre nella Sala Stampa della Santa Sede dal cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato scientifico, e da monsignor Giuseppe Antonio Scotti, presidente della Fondazione. Il premio verrà consegnato dal Papa ai due studiosi il prossimo 20 ottobre nella Sala Clementina, alla presenza dei premiati dell'edizione 2011: Manlio Simonetti, Olegario González de Cardedal e Maximilian Heim.
Il criterio fondamentale per l'assegnazione del Premio Ratzinger è la compresenza di rigore scientifico e testimonianza personale «allo scopo -- ha spiegato monsignor Scotti -- di riportare al centro del dibattito culturale Dio come il primo e il più grande “investimento” per l'uomo; siamo solo alla seconda edizione, ma le università interessate sono già quasi triplicate rispetto ai 35 atenei del 2011». E accanto al premio, ha spiegato il presidente della Fondazione, «ci sono anche le borse di studio messe a disposizione per i dottorandi in teologia e i convegni: il prossimo si svolgerà a Rio de Janeiro l'8 e il 9 novembre».
Sia Daley che Brague, ha chiosato il cardinale Ruini, sono «studiosi di lungo corso»: il curriculum del gesuita americano spazia dalla patrologia alla teologia storica, comprendendo anche un'approfondita conoscenza del mondo ortodosso; attualmente, infatti, è segretario esecutivo della Consulta cattolica-ortodossa per il Nord America, oltre a insegnare teologia presso l'università di Notre Dame in Indiana, nella cattedra intitolata a Catherine F. Huisking. Si è occupato in particolare del tema della speranza nella Chiesa primitiva, della dormizione di Maria nelle prime omelie patristiche, dell'opera di Gregorio di Nazianzo e dell'opera di Leonzio Bizantino, ha inoltre tradotto Liturgia Cosmica. L'universo secondo Massimo il Confessore di Hans Urs von Balthasar.
Una profonda e radicale riscoperta della metafisica è invece al centro degli ultimi studi di Rémi Brague che, come ha sottolineato il cardinale Ruini, «unisce alla forza speculativa e alla visione storica una fede cristiana e cattolica profonda ed esplicita, senza complessi». Il titolo dell'ultimo libro del filosofo francese è, a questo proposito, tanto poetico quanto esplicito: Les ancres dans le Ciel: L'infrastructure métaphysique (Paris, Seuil, 2011, pagine 135, euro 16,20).
«L'Occidente sembra oggi odiare se stesso. Perché?»: è la domanda a cui Brague, docente di filosofia araba alla Sorbona e successore di Romano Guardini alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera, cerca di rispondere nelle sue lezioni e nei suoi libri. «Con un'immagine -- afferma -- potremmo dire che il più carino ed educato degli elefanti potrebbe creare più danni in un negozio di cristallerie rispetto a un topolino cattivissimo; la discriminante è semplicemente la dimensione». E allora l'Occidente odia se stesso «perché è intervenuto così tanto su diverse altre parti del mondo creando inevitabilmente qualche disastro (...) Possiamo batterci il petto per la nostra colpa ma se lo facciamo senza aspettarci un perdono questo può portare solo ed esclusivamente all'odio di sé».
Per questo Brague non teme di definire l'Europa di oggi «uno zombie che non sa di essere morto e continua a respirare e camminare per abitudine»; non c'è sciagura più grande, diceva Teilhard de Chardin, della perdita del gusto di vivere.
(©L'Osservatore Romano 29 settembre 2012)
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