Le articolazioni della collera raccontate ai monaci cistercensi da una suora domenicana, docente di teologia spirituale e studiosa della preghiera
di Catherine Aubin
Avete già visto o udito un monaco o una monaca andare in collera? No! Mai! Mi direte, è impossibile. Avete mai udito Dio andare in collera? Non mi sapete più rispondere, vero? Eppure la Bibbia ci parla della collera di Dio. Allora chiediamoci: ci sono monaci e monache che vanno in collera? Se sì, di che tipo di collera si tratta? Perché alcuni monaci si rivolgono a una religiosa affinché parli loro per quattro giorni della collera?
Se l'uomo (o la donna) vuole comprendere la collera di Dio nella Bibbia, deve superare un passaggio per identificare la propria collera rossa o bianca, la propria collera nera o fredda, prima di raggiungere l'altra sponda, quella della giusta collera.
La collera rossa (o nera) è banale, ordinaria e ci riguarda tutti, forse più gli uomini, siano essi monaci, preti, religiosi, celibi o padri di famiglia. Questa collera è ribollimento e sfrenatezza. Ci fa perdere le staffe, ci fa perdere la faccia e ci sfigura: diventiamo rossi o peggio ancora fuori di noi dalla rabbia. Che cosa è successo per metterci in questo stato? La maggior parte delle volte nulla di particolare. Dove ricercare allora l'origine di questo comportamento distruttivo? In noi stessi.
Facciamo un esempio: due persone in automobile vedono un altro guidatore occupare un parcheggio che avevano atteso e desiderato; il primo non reagisce e resta calmo, il secondo comincia a insultare l'automobilista e forse addirittura ad aggredirlo.
I Padri della Chiesa sono categorici al riguardo: la fonte della collera è nell'uomo, mai in una causa esterna. L'origine della collera va ricercata in noi, nel nostro stato interiore di frustrazione, di attesa o di sofferenza. Noi siamo responsabili della nostra collera.
La collera fredda (o bianca) è quasi invisibile, non la si vede, ma la si sente: si rivela attraverso parole ironiche, beffarde, astiose, maldicenti, calunniose, piene d'invidia o di gelosia. Prendiamo l'esempio di una riunione familiare dopo la divisione dell'eredità dei genitori deceduti da poco, ricordiamoci delle parole pronunciate in quell'occasione. L'origine di questa collera non è mai nell'altro ma dentro di noi, in quel modo contorto che abbiamo di desiderare ciò che ha e ciò che è l'altro, nel nostro cuore complicato, malato e dolente.
Perché dei monaci hanno chiesto a una religiosa di parlare loro della collera? Forse perché ne vedono di tutti i colori nel loro monastero, ma soprattutto perché sono uomini umili e veri.
Uomini che vivono e subiscono come ognuno di noi la propria collera e quella dei propri fratelli, uomini che vogliono andare oltre e passare sull'altra sponda della loro collera. Uomini che vogliono entrare nel Regno dei Cieli di cui Gesù dice: «Soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono» (Matteo, 11, 12).
La santa collera o collera dei santi ci è più accessibile di quella di Dio; essa chiarisce ciò che i profeti nella Bibbia hanno cercato di trasmettere a tale proposito. Ricordiamo come Papa Giovanni Paolo II in Sicilia, ad Agrigento, lascia esplodere la sua collera dinanzi a migliaia di fedeli e davanti agli schermi della televisione: punta il dito, denuncia, accusa, attacca con forza quanti uccidono per denaro, quanti organizzano il crimine: «Questo popolo siciliano è un popolo talmente attaccato alla vita, che dà la vita. Non può sempre vivere sotto la pressione di una civiltà contraria, di una civiltà della morte. (…) mi rivolgo ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio» (9 maggio 1993). Collera veemente, forte, viva, collera d'amore dinanzi all'ingiustizia, di fronte al crimine e al male. Giusta collera di un uomo giusto dinanzi all'ingiustizia. Ecco cosa Karol Wojtyła scrive in una sua poesia: «Più la Collera è grande / Più alta è l'esplosione dell'Amore. / Collera dell'uomo per se stesso / Dell'uomo per l'altro uomo / Dell'uomo per il mondo. / La Collera libera le forze dell'Amore».
Una collera d'amore viene al mondo tra i gemiti e le doglie, come quelli di una donna che partorisce. È questa la ragione per cui dei monaci hanno chiesto a una religiosa di parlare loro di un tema così delicato? Forse.
Ma questi monaci che mi hanno chiamata sono particolari: appartengono all'0rdine cistercense della stretta osservanza. Ebbene, da alcuni anni, gli abati e le badesse di quest'ordine provenienti da tutto il mondo si riuniscono insieme -- e non separatamente come per la maggior parte degli altri ordini -- durante i loro capitoli generali. Monaci e monache, abati e badesse si conoscono, lavorano insieme ed elaborano le loro costituzioni in comune. Questa complementarità istituzionalizzata è unica nella vita monastica. In modo del tutto naturale, questi monaci cistercensi hanno preso l'abitudine di confrontarsi e di dialogare con il ramo femminile dell'ordine. In modo altrettanto naturale si rivolgono a una religiosa affinché parli loro di un tema così delicato come quello della collera. E in modo ancora del tutto naturale, il padre abate di questo monastero mi ha confidato alla fine di una conversazione: «Spero che il prossimo abate generale sia una madre badessa».
(©L'Osservatore Romano 27 settembre 2012)
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