mercoledì 5 settembre 2012

Carlo Maria Martini, da grande cardinale, ridotto a cappellano di Corsera e Repubblica (Ronza)

La sua morte ha innescato nella stampa laica una (triste) commedia degli equivoci

Carlo Maria Martini, da grande cardinale, ridotto a cappellano di Corsera e Repubblica

di Robi Ronza * * da IlSussidiario.net 

Che la morte del cardinale Carlo Maria Martini avrebbe innescato nella cultura «laica» una (triste) commedia degli equivoci era una facile previsione
E la facile previsione si è puntualmente avverata. Che l'albero genealogico dell'ecclesiologia del cardinale fosse molto diverso da quello di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI, nonché di altre figure di fondatori del movimento di rievangelizzazione dell'epoca post-moderna, è un fatto di lampante evidenza. Né Newman, né Romano Guardini, né De Lubac, né Von Balthasar erano tappe importanti del suo itinerario di pensiero; e peraltro la sua attenzione non cessò mai di essere volta soprattutto all'Antico Testamento.
I suoi riferimenti erano altri, e, conseguentemente, il suo atteggiamento verso la cultura dominante del mondo in cui viviamo era meno alternativo.
Pretendere però di farne un autorevole cappellano di tale cultura (come la Repubblica, il Corriere della Sera e tutti i loro satelliti cartacei e radiotelevisivi stanno facendo in questi giorni) è cosa radicalmente falsa e perciò profondamente ingiusta.
Al di là di legittime differenze, il Cardinale Martini era un cristiano, un uomo di Chiesa, la cui fede non era incasellabile nei luoghi comuni riduttivi che la visione del mondo neo-voltairiana riserva all'esperienza religiosa. Chi non ci crede vada a vedersi i suoi dialoghi con Eugenio Scalfari. Qualcuno potrebbe domandarsi se fosse il caso di dialogare così a lungo con un personaggio di mentalità tanto settaria, ma è pur vero che il cristiano è chiamato a parlare con tutti.
Vale comunque la pena di cercare di cogliere la griglia concettuale sottostante il diluvio di commenti e commemorazioni sulla sua figura che dilaga in questi giorni. Il primo e più estemporaneo strato di questa griglia attiene alla questione dell'eutanasia. Si è appreso che il Cardinale aveva chiesto che le cure di cui era oggetto non varcassero il limite oltre il quale si può parlare di accanimento terapeutico.
Che cosa c'entra questo con l'eutanasia? Nulla. Molto spesso però il cavallo di battaglia dei sostenitori in Italia della legalizzazione dell'eutanasia è appunto il voluto equivoco tra eutanasia e accanimento terapeutico. La volontà espressa dal Cardinale è stata subito vista da costoro come un'occasione da non perdere.
Il Corriere si è precipitato a dare fuoco alle polveri titolando «Le terapie rifiutate diventano un caso». Secondo Repubblica la vedova Welby avrebbe detto del Cardinale che «non ha voluto l'accanimento terapeutico, coerente fino all'ultimo come mio marito».
Vito Mancuso, il cembalo risonante già prete e già discepolo del Cardinale, parla del suo rifiuto delle cure come «gesto di libertà»; e con la consueta bonomia mefistofelica rincara la dose il professor Umberto Veronesi.
Il secondo e più profondo strato della griglia riguarda la Chiesa in quanto tale, la quale secondo la cultura neo-illuminista che domina il nostro tempo non ha il diritto di avere una propria identità bensì soltanto il dovere di conformarsi al ruolo che di volta in volta il potere le assegna. Don Luigi Ciotti, che di tale cultura fa parte a pieno titolo, loda il Cardinale Martini per aver «stimolato la sua Chiesa a lottare per la libertà di tutti». Onore a lui, osserviamo per parte nostra, ma è semplicemente ciò che qualsiasi cristiano e tanto più qualsiasi vescovo è chiamato a fare: Ubi Ecclesia ibi libertas, come alcuni secoli or sono aveva affermato un suo illustre predecessore.
E il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, non esitando a metter mano nell'agenda del Papa, dichiara che «sarebbe un gesto simbolico per l'unità della Chiesa se Benedetto XVI venisse al suo funerale».
In altre parole il Cardinale Martini sarebbe stato una specie di antipapa con cui il Pontefice farebbe bene a riconciliarsi quantomeno post mortem. In vita il Cardinale avrebbe ben saputo come reagire a questa lode avvelenata. Ora però grazie a Dio egli è in una dimensione in cui cose del genere non hanno più peso alcuno.

© Copyright Italia Oggi, 5 settembre 2012 consultabile online anche qui.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

in vita il cardinale si sarebbe attenuto alla sua regola:non contestare mai chi lo presentava come antipapa.

Anonimo ha detto...

Oggi sul Corsera, che ha vinto il derby martiniano con Repubblica, pubblica in prima pagina una svenevole foto dell'ultimo incontro del cardinale con il papa. De Bortoli è un pessimo giornalista ma un bravo direttore. Eufemia

Anonimo ha detto...

Il vita il Cardinale (cattolico?) amava contraddire il Papa non i De Bortoli, e così avrebbe fatto.

Raffaella ha detto...

Non e' strano che il corriere pubblichi solo oggi (mercoledi') una foto che era sull'osservatore romano gia' sabato?
R.

Anonimo ha detto...

Per dimostrare cosa, poi?
Alessia

Raffaella ha detto...

Giusta domanda, Alessia!
R.

Anonimo ha detto...

Vediamo per quanto tempo ancora i giornali di affiliazione massonica continuaranno a divulgare le dottrine avanguardiste e la "buona morte" del Cardinale (Pace all'anima sua poveretto!), col risultato di convincere anche i dubbiosi della sua quasi-estraneità al Cattolicesimo. Forza che siete sulla buona strada!

Alberto ha detto...

Martini fu un piccolo vescovo e un mediocrissimo cardinale ,l'ultima intervista lo smaschera, concedo che fu un grande biblista .Questo però non è sufficiente a farne un uomo di Chiesa: la Sacra Scrittura non ancorata al Magistero e alla Tradizione della Chiesa può essere solo eresia(così in Fides et Ratio di Giovanni Paolo II).
Sola Scriptura...fu l'errore di Lutero , dei grandi eretici e di Martini!

Anonimo ha detto...

Mo si scopre pure un Martini nepotista.
La nipote sul Corsera afferma che il mancato antipapa chiese di essere addormentato
.....tolto
il velo significa...EUTANASIA!