PAPA: LE CARCERI VANNO ADEGUATE A ESIGENZE DELLA DIGNITA' UMANA
(AGI) - CdV, 18 dic.
(di Salvatore Izzo)
"Il sovraffollamento e il degrado delle carceri possono rendere ancora piu' amara la detenzione".
In visita al carcere di Rebibbia, Benedetto XVI ha usato parole molto chiare - arrivando ad affermare che "c'e' un abisso tra la realta' carceraria reale e quella pensata dalla legge, che prevede come elemento fondamentale la funzione rieducatrice della pena e il rispetto dei diritti e della dignita' delle persone" - per esprimere la sua denuncia sulla difficile situazione delle carceri italiane. Una denuncia che e' largamente condivisa nel mondo cattolico e della quale si e' fatta interprete, nel suo breve discorso di saluto, anche la neo ministro della Giustizia, Paola Severino, che ha voluto leggere al Papa la lettera di un detenuto di Cagliari, scritta per lamentare lo stesso disagio.
"La custodia cautelare in carcere deve essere disciplinata in modo tale da rappresentare una misura veramente eccezionale", ha poi affermato il ministro assicurando il proprio impegno affinche' nelle carceri si possano "coniugare entrambi i valori posti dalla Costituzione a fondamento di ogni sanzione: la riparazione e la rieducazione".
Parole che Papa Ratzinger ha accolto con fiducia: "il nostro Governo e i responsabili faranno il possibile per aiutare questa situazione, realizzando una giustizia che aiuti a tornare nella societa'", ha garantito ai detenuti chiedendo che "le istituzioni promuovano un'attenta analisi della situazione carceraria oggi, verifichino le strutture, i mezzi, il personale". L'auspicio del Pontefice e' che si possa "promuovere uno sviluppo del sistema carcerario, che, pur nel rispetto della giustizia, sia sempre piu' adeguato alle esigenze della persona umana, con il ricorso anche alle pene non detentive o a modalita' diverse di detenzione".
Benedetto XVI non e' andato oltre, ma i detenuti hanno salutato queste aperture gridando: "amnistia, amnistia". "Hanno compiuto azioni orrende e provocato tragedie spesso insanabili, ma restano Figli di Dio, bisognosi di consolazione e di amore, e sperano di essere considerati e chiamati nostri fratelli e nostre sorelle", ha ricordato al Papa (e ai milioni di italiani che hanno seguito la diretta della visita in tv) il cappellano del carcere don Piersandro Spriano. "A nome mio e di tutti i detenuti - sono state le parole del sacerdote - chiedo
perdono per le nostre colpe e per le sofferenze inflitte agli altri,
vorremmo poter ricomporre le rotture, le separazioni che abbiamo provocato. Ma non vogliamo pero' essere sempre identificati con le nostre azioni sbagliate, chiediamo di poter tornare nella societa' senza il marchio di 'mostri del male'".
Proprio il tema dell'esclusione e' stato del resto al centro del dialogo tra il Papa e i detenuti che gremivano la cappella del carcere, intitolata a "Dio, Padre Nostro".
"Si parla in modo feroce di voi, purtroppo e' vero. Ma parlano in modo feroce anche contro il Papa, e tuttavia andiamo avanti", ha risposto a un ospite dell'infermeria di Rebibbia che gli descriveva il senso di esclusione che si prova stando in carcere. "Altri - ha tenuto a testimoniare il Pontefice - pensano bene di voi. Penso alla mia famiglia papale: quattro suore laiche che pregano per voi e hanno contatti con alcuni carcerati. Bisogna incoraggiare questo dialogo. Io faro' il mio per invitare tutti a pensare in modo giusto. Ognuno puo' cadere ma Dio vuole che tutti arrivino a trovare sempre rispettata la loro dignita' e trovare gioia nella vita. Anche i passi oscuri hanno il loro senso. Il Signore vi aiutera' e noi siamo vicino a voi. Lo stesso Figlio di Dio, il Signore Gesu', ha fatto l'esperienza del carcere, e' stato sottoposto a un giudizio davanti a un tribunale e ha subito la piu' feroce condanna alla pena
capitale".
A nome dei "malati e sieropositivi", l'uomo aveva chiesto "al nostro Papa gravato da tutte le sofferenze del mondo, che preghi e porti la nostra voce dove non viene sentita". "E' questa la ragione principale che mi rende felice di essere qui", ha continuato Joseph Ratzinger rivelando di essere li' "per pregare, dialogare ed ascoltare". "Vorrei potermi mettere in ascolto della vicenda personale di ciascuno, ma non mi e' possibile; sono venuto pero' a dirvi semplicemente che Dio vi ama di un amore infinito", ha confidato.
"E' importante che il padre possa tenere in braccio la figlia e essere con la moglie e la figlia e cosi' anche collaborare per il futuro dell'Italia", ha poi risposto ad un altro detenuto che gli chiedeva se fosse giusto rimanere a lungo lontani dalla propria famiglia.
"Anche io ti voglio bene e sono grato per queste parole che toccano il mio cuore", ha detto invece ad un carcerato che avrebbe voluto fargli "milioni di domande" e alla fine e' riuscito
solo a ringraziarlo per la visita di oggi. Sono state in tutto sei le domande, tutte molto commoventi e davvero significative.
"Mi assolverebbe, o sarebbe una assoluzione di diverso valore, quale sarebbe la differenza?", gli ha chiesto ad esempio un altro detenuto. "Se lei prega che Dio perdoni, Dio perdona", ha risposto Ratzinger. "Se uno con vero pentimento e non solo per evitare pene e difficolta', se per amore di Dio chiede perdono, allora - ha spiegato - riceve il perdono di Dio. Se riconosco che ho fatto male vengo perdonato".
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