Benedetto XVI e l'identità dell'università
La casa della Verità
di Carlo Nanni
In occasione della Giornata mondiale della gioventù, lo scorso 19 agosto, Benedetto XVI si è incontrato con giovani professori universitari al San Lorenzo de El Escorial, fatto edificare da Filippo ii (re di Spagna dal 1556 al 1598), «luogo emblematico -- ha ricordato il Papa -- in cui ragione e fede si sono fuse armoniosamente nell'austera pietra per modellare uno dei monumenti più rinomati della Spagna». Il centro focale del suo discorso -- rivolto specificamente ai giovani docenti universitari -- sono stati il significato e anche la definizione dell'università. Lo ha fatto richiamandosi ai suoi primi passi come professore all'università di Bonn, dove, nel clima post bellico tedesco, erano ancora vive le ferite della guerra, ma in cui fu forte il «contatto tra colleghi delle diverse discipline e il desiderio di dare risposta alle inquietudini ultime e fondamentali degli alunni». In tal modo il Papa dice di aver fatto esperienza concreta di cos'è l'università: essa è universitas, cioè il convergere «di professori e discepoli che assieme cercano la verità in tutti i saperi», o -- come ha detto citando Alfonso x il Saggio (re di Castiglia e León dal 1252 al 1284, egli stesso letterato e promotore dell'università di Salamanca) -- «riunione di maestri e discepoli con volontà e obiettivo di apprendere i saperi».
Più precisamente il Papa ha ricordato che «l'università è stata ed è tuttora chiamata a essere sempre la casa dove si cerca la verità propria della persona umana». Questa è, secondo Benedetto XVI, la ragione per cui la Chiesa ha promosso l'istituzione universitaria, sulla base della fede cristiana del Cristo-Lògos creatore (cfr. Giovanni, 1, 3) e dell'essere umano, immagine e somiglianza di Dio. La «buona novella» cristiana -- ha continuato il Papa -- «scopre una razionalità in tutto il creato e guarda all'uomo come ad una creatura che partecipa e può giungere a riconoscere tale razionalità». In questa linea «l'università incarna un ideale che non deve snaturarsi, né a causa di ideologie chiuse al dialogo razionale, né per servilismi a una logica utilitaristica di semplice mercato, che vede l'uomo come semplice consumatore».
Come si può notare, Benedetto XVI collega strettamente università a verità, tuttavia precisa che non si tratta di una verità formale, vuota, “assoluta”, ma di una verità riferita al proprium della persona umana (che gli dà sostanza). La misura della verità è il suo “dar forma” alla vita e all'esistenza umana, nel contesto più ampio del mondo, del tempo, della storia, del presente e del futuro, del suo essere persona, qui e ora, irrepetibile e singolare, al contempo intrisa di materia, di socialità e di trascendenza, capace di aprirsi e rispondere a Dio in libertà e grazia. Verità e bene, verità e realtà, verità e bellezza, per dirla aristotelicamente, sono l'una la “forma” e le altre la sua “materia”: non c'è “sostanza” se non si “convertono”. Non è verità se non è buona, bella, reale. Non c'è bellezza, bontà, realtà se non c'è verità.
Va esplicitato anche lo “specifico” universitario di tale ricerca e pratica della verità. All'università lo si deve fare “scientificamente”, vale a dire ricercando intenzionalmente e arrivando a un sapere giustificato e motivato nelle sue procedure conoscitive, nei suoi fondamenti e nelle sue prospettive; e “disciplinato” nel suo linguaggio (che avrà da essere logico, corretto, comunicabile pubblicamente). Il dialogo tra ragione e fede dovrà essere tale che la ragione si dilata nelle sue capacità di comprensione e la fede si rende ragionevole, cercando di essere una fede che l'intelligenza stima.
A partire dalla “genuina” idea di università il Papa ha ricavato alcuni modi di essere e di compiti ineludibili per chi è docente universitario. Egli si rivolgeva ai giovani docenti, ma credo che le indicazioni che ha dato si possano estendere a ogni docente in genere e agli studenti che vivono l'esperienza universitaria. Li presento sinteticamente: innanzitutto «sentire l'onore e la responsabilità di una missione importante e vitale», che continua e rinnova «quella catena di uomini e donne che si sono impegnati a proporre e a far stimare la fede davanti all'intelligenza degli uomini», non solo con l'insegnamento, ma ancor più vivendolo, incarnandolo, perché «i giovani hanno bisogno di autentici maestri; di persone aperte alla verità totale nei differenti rami del sapere, sapendo ascoltare e vivendo al proprio interno il dialogo interdisciplinare; persone convinte, soprattutto, della capacità umana di avanzare nel cammino verso la verità».
Poi «la gioventù è tempo privilegiato per la ricerca e l'incontro con la verità. Come già disse Platone: “Cerca la verità mentre sei giovane, perché se non lo farai, poi ti scapperà dalle mani” (Parmenide, 135d)». Questa «alta aspirazione -- ha continuato il Papa -- è la [cosa] più preziosa che potete trasmettere in modo personale e vitale ai vostri studenti». In questa linea -- con la finezza pastorale che gli è propria -- Benedetto XVI ha incoraggiato “caldamente” i giovani docenti «a non perdere mai questa sensibilità e quest'anelito per la verità; a non dimenticare che l'insegnamento non è un'arida comunicazione di contenuti, bensì una formazione dei giovani che dovrete comprendere e ricercare»; e ai quali «dovete suscitare questa sete di verità che hanno nel profondo e quest'ansia di superarsi. Siate per loro stimolo e forza».
Secondo quanto detto, il Papa ha desunto due grandi compiti per i docenti: «tenere a mente, in primo luogo, che il cammino verso la verità piena impegna anche l'intero essere umano: è un cammino dell'intelligenza e dell'amore, della ragione e della fede. Non possiamo avanzare nella conoscenza di qualcosa se non ci muove l'amore, e neppure possiamo amare qualcosa nella quale non vediamo razionalità (cfr. Caritas in veritate, 30). Se verità e bene sono uniti, così lo sono anche conoscenza e amore. Da questa unità deriva la coerenza di vita e di pensiero, l'esemplarità che si esige da ogni buon educatore». In secondo luogo, «Occorre considerare che la stessa verità è sempre più alta dei nostri traguardi. Possiamo cercarla e avvicinarci a essa, però non possiamo possederla totalmente, o meglio è essa che ci possiede e che ci motiva. Nell'opera intellettuale e docente, perciò, l'umiltà è una virtù indispensabile, che ci protegge dalla vanità che chiude l'accesso alla verità. Non dobbiamo attirare gli studenti a noi stessi, bensì indirizzarli verso quella verità che tutti cerchiamo», cercando di essere «semplici ed efficaci come il sale, come la lampada che fa luce senza fare rumore» (cfr. Matteo, 5, 13-15)
Benedetto XVI ha concluso evidenziando che «tutto ciò ci invita a volgere sempre lo sguardo a Cristo, nel cui volto risplende la Verità che ci illumina, ma che è anche la via che ci conduce alla pienezza duratura, poiché è il Viandante che è al nostro fianco e ci sostiene con il suo amore. Radicati in Lui, sarete buone guide per i nostri giovani». È un grande augurio per chi cerca in universitas la verità dell'uomo.
(©L'Osservatore Romano 19-20 dicembre 2011)
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1 commento:
Preti pedofili in Olanda, la verità.
http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-preti-pedofili-in-olanda-la-verit-3963.htm
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