Padre Cantalamessa: fuggire dal senso di impotenza, il Vangelo si radica sempre secondo i piani di Dio
La Nuova evangelizzazione avrà successo se la Chiesa “saprà ridestare nei cristiani la certezza intima della verità di quello che annunciano”. Lo ha affermato padre Raniero Cantalamessa a conclusione della prima predica di Avvento, tenuta questa mattina in Vaticano alla presenza di Benedetto XVI e della Curia Romana. Il predicatore pontificio ha analizzato le ragioni della diffusione del cristianesimo nei primi tre secoli di vita, invitando ad avere oggi lo stesso coraggio apostolico dei primi cristiani. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La storia dell’evangelizzazione in quattro “ondate”, ovvero che cosa dovettero affrontare i cristiani dei primi secoli per diffondere il Vangelo e cosa di quegli sforzi insegnano ai cristiani del ventunesimo. Con l’acume che gli è proprio, padre Raniero Cantalamessa ha presentato al Papa e ai membri della Curia il progetto unitario delle sue quattro meditazioni d’Avvento, individuando nei duemila anni di vita della Chiesa quattro periodi in cui la diffusione del Vangelo conobbe una straordinaria accelerazione. La prima di queste “ondate”, analizzata dal predicatore pontificio, è quella che si registra nei primi tre secoli:
“È il periodo in cui il cristianesimo si fa strada esclusivamente per forza propria. Non c’è nessun ‘braccio secolare’ che lo appoggi; le conversioni non sono determinate da vantaggi esterni, materiali o culturali; essere cristiani non è una consuetudine o una moda, ma una scelta controcorrente, spesso a rischio della vita”.
Se si guarda bene, ha affermato padre Cantalamessa, la situazione dell’epoca presenta evidenti somiglianze con l’epoca contemporanea. E proprio per trarre degli insegnamenti utili per l’oggi, il religioso francescano ha indagato le ragioni del successo del cristianesimo, capace di radicarsi in poco tempo così a fondo nel tessuto sociale del tempo da risultare ormai connaturato al momento di una delle massime prove, la persecuzione del 302:
“La grande persecuzione di Diocleziano, a parte le numerose vittime, non ha fatto che mettere in luce la forza ormai insopprimibile della fede cristiana. L’ultimo braccio dei ferro tra impero e cristianesimo ne ha dato la prova. Costantino non farà, in fondo, che prendere atto del nuovo rapporto di forze. Non sarà lui a imporre il cristianesimo al popolo, ma il popolo a imporre a lui il cristianesimo”.
E qui – dopo aver criticato quei divulgatori e scrittori per i quali sarebbe stato invece Costantino a imporre per motivi personali la religione cristiana all’Impero – padre Cantalamessa ha compiuto un passo in avanti. Le ragioni della diffusione del Vangelo, ha sostenuto, non si spiegano, come per tanti studiosi, con una concatenazione di “fattori esterni”, ma con le stesse parole di Gesù contenute nella parabola del seminatore, il quale getta il seme nella terra e poi, che lui “dorma o vegli”, il seme cresce da sé:
“Questa parabola, da sola, ci dice che la ragione essenziale del successo della missione cristiana non viene dall’esterno ma dall’interno, non è opera del seminatore e neppure, principalmente del terreno, ma del seme. Il seme non può gettarsi da se stesso, è tuttavia automaticamente e da stesso che spunta (...) E quando questo seme è ‘il seme caduto in terra e morto’, cioè Gesù Cristo, niente potrà impedire che esso ‘porti molto frutto’”.
È questo, ha incalzato padre Cantalamessa, il limite degli studi di tanti storici del cristianesimo: il non registrare o il dare scarso rilievo al fatto che i cristiani avevano, dalle parole stesse di Gesù, la certezza "incrollabile" dell’affermazione del Vangelo e dunque non temevano nulla:
“‘Voi potete ucciderci, ma non potete nuocerci’, diceva il martire Giustino davanti al giudice romano che l’aveva appena condannato a morte. Ed è quello che ci occorre oggi: ridestare nei cristiani la certezza intima della verità di quello che annunciano. ‘La Chiesa – ha detto una volta Paolo VI – ha bisogno di riacquistare l’ansia, il gusto e la certezza della verità’”.
E rivolgendosi a Benedetto XVI e definendo “una vera ispirazione dello Spirito Santo” la proclamazione dell’Anno della fede, a partire dall’11 ottobre 2012, il predicatore pontificio ha concluso affermando che il successo della nuova evangelizzazione ci sarà se si seminerà con pazienza, si saprà pazientare nella preghiera e, soprattutto, si eviterà di voler “misurare” subito gli effetti dell’annuncio:
“Abbiamo davanti a noi – è vero – un mondo refrattario al Vangelo, un mondo sicuro di sé per la sua tecnica, per la sua scienza; ma era forse meno sicuro di sé, meno refrattario al Vangelo il mondo che incontrarono questi primi cristiani, semplici? Il mondo sofisticato della cultura greca o potentissimo dell’impero romano? No. Il successo della nuova evangelizzazione dipenderà proprio dalla massa di fede che riusciremo a creare nella Chiesa, come un vortice da spingere all’esterno. Dobbiamo scrollarci di dosso ogni senso di impotenza, di rassegnazione”.
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3 commenti:
Mi piacerebbe leggere integralmente la catechesi di Padre Raniero.
Magari tu Raffaella puoi aiutarmi.
Ciao e grazie.
Giovanni
Ciao Giovanni,
se dovessi trovare il testo lo segnalero' subito :-)
R.
Trovato su Zenit.
Grazie
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