sabato 3 dicembre 2011

L'evangelizzazione nella storia della Chiesa. Prima predica d'Avvento alla presenza del Papa (O.R.)

Prima predica d'Avvento alla presenza del Papa

L'evangelizzazione nella storia della Chiesa

Si è svolta questa mattina, venerdì 2 dicembre, in Vaticano la prima predica d'Avvento, tenuta da padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, nella cappella Redemptoris Mater alla presenza di Benedetto XVI. Sul tema «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura», tratto da Marco, 16, 15, il predicatore intende riproporre le quattro ondate di nuova evangelizzazione nella storia della Chiesa, cioè «i quattro momenti -- ha spiegato introducendo la prima predica -- in cui si assiste a una accelerazione o a una ripresa dell'impegno missionario». Il periodo dall'espansione del cristianesimo nei primi tre secoli fino alla vigilia dell'editto di Costantino, che vede come protagonisti dapprima i profeti itineranti e poi i vescovi, è stato approfondito questa mattina; ai secoli vi-ix, in cui si assiste alla rievangelizzazione dell'Europa, dopo le invasioni barbariche, ad opera soprattutto dei monaci, sarà dedicata la seconda predica; la terza avrà per oggetto il secolo XVI, con la scoperta e la conversione al cristianesimo dei popoli del «nuovo mondo», ad opera soprattutto dei frati; e per finire, la quarta verterà sull'epoca attuale, che vede la Chiesa impegnata in una rievangelizzazione dell'occidente secolarizzato, con la partecipazione determinante dei laici.
In ognuno di questi momenti «cercherò -- ha precisato il cappuccino -- di mettere in luce cosa possiamo imparare nella Chiesa di oggi: quali gli errori da evitare e gli esempi da imitare e quale l'apporto specifico che possono dare alla evangelizzazione i pastori, i monaci, i religiosi di vita attiva e i laici».
Quanto al primo argomento, il predicatore ha ricordato che l'evangelizzazione nei primi tre secoli è stata caratterizzata dal fatto che «il cristianesimo si fa strada esclusivamente per forza propria. Non c'è nessun “braccio secolare” che lo appoggi; le conversioni non sono determinate da vantaggi esterni, materiali o culturali». Essere cristiani, insomma, non era una consuetudine o una moda, ma una scelta controcorrente, spesso a rischio della vita. «Per certi versi -- ha notato -- la situazione che è tornata a crearsi oggi in diverse parti del mondo».
Inizialmente l'evangelizzazione era dovuta all'iniziativa di «singoli preti itineranti» e molte conversioni erano dovute a contatti personali. Nella seconda metà del III secolo queste iniziative personali vennero sempre più coordinate e in parte sostituite dalla comunità locale, che così divenne via via «soggetto di evangelizzazione». A poco a poco la fede cristiana permea ogni strato della società e le persecuzioni non fanno altro che rafforzarla. Infatti «Costantino -- ha sottolineato in proposito -- non farà, in fondo, che prendere atto del nuovo rapporto di forze. Non sarà lui a imporre il cristianesimo al popolo, ma il popolo a imporre a lui il cristianesimo. Affermazioni come quelle di Dan Brown nel romanzo Il codice da Vinci e di altri divulgatori, secondo cui sarebbe stato Costantino, per motivi personali, a trasformare, con il suo editto di tolleranza e con il concilio di Nicea, un'oscura setta religiosa giudaica nella religione dell'impero, si fondano su una totale ignoranza di ciò che precedette tali eventi».
In realtà, il successo del cristianesimo è dovuto a un insieme di fattori, ma soprattutto alle certezze radicate nel cuore dei primi cristiani. È quello che più occorre oggi: ridestare nei cristiani -- ha detto in conclusione il predicatore dopo un'approfondita analisi del periodo in esame -- almeno in coloro che intendono dedicarsi all'opera della rievangelizzazione, la certezza intima della verità di quello che annunciano, scrollandosi di dosso ogni senso di impotenza e di rassegnazione davanti a un mondo «chiuso nel suo secolarismo, inebriato dai successi della tecnica e dalle possibilità offerte dalla scienza, refrattario all'annuncio evangelico».

(©L'Osservatore Romano 3 dicembre 2011)

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