giovedì 1 dicembre 2011

Laici protagonisti dell’annuncio. Il cappuccino Raniero Cantalamessa anticipa i contenuti delle prediche per l’Avvento che iniziano venerdì in Vaticano (Gori)

Il cappuccino Raniero Cantalamessa anticipa i contenuti delle prediche per l’Avvento che iniziano venerdì in Vaticano

Laici protagonisti dell’annuncio

Nicola Gori

Nel passato i profeti itineranti, i monaci e gli ordini mendicanti furono i protagonisti dell’evangelizzazione. Nella società attuale questo ruolo tocca soprattutto ai laici. Senza dimenticare, tuttavia, che i primi annunciatori del Vangelo sono i pastori della Chiesa. Lo afferma il cappuccino Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, in questa intervista rilasciata al nostro giornale alla vigilia della prima delle prediche per l’Avvento sul tema «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura».

Perché questo tema?

L’ho scelto per partecipare, sia pure nel mio piccolo, allo sforzo attuale della Chiesa per una nuova evangelizzazione. Vuole essere anche un modesto contributo alla preparazione del prossimo Sinodo dei vescovi dedicato appunto al tema dell’evangelizzazione nel mondo moderno.

Cosa si può imparare in questo campo dalle esperienze del passato?

Sarà proprio questo lo scopo di ogni predica: mettere in luce quello che resta valido per tutti i secoli e ciò che invece è legato a circostanze particolari e anche a limiti nella concezione dell’evangelizzazione. In generale, possiamo dire che lo slancio e la fede dei protagonisti dell’annuncio del Vangelo attraverso i secoli rimangono un modello valido per tutti e per sempre. Cercando di far tesoro del passato, ho diviso il programma delle prediche in quattro grandi ondate evangelizzatrici nella storia della Chiesa, cioè quattro accelerazioni nella missione: dopo quella dell’inizio, nei primi tre secoli, ce n’è una seconda che segue il crollo dell’impero romano, una terza successiva alle scoperte del nuovo mondo, e infine quella attuale. In ognuna individuo dei protagonisti, quelli cioè che le hanno dato un’impronta particolare. Li possiamo così elencare: i profeti itineranti e i vescovi nei primi secoli; i monaci nella rievangelizzazione dell’Europa dopo le invasioni barbariche; i frati, cioè gli ordini mendicanti, che hanno portato il Vangelo nell’America latina; e attualmente, accanto a tutti questi, i laici.

Ma nella società odierna i laici sono veramente i principali protagonisti dell’annuncio?

È difficile dirlo, perché la gerarchia ecclesiastica resta sempre la guida e la protagonista dell’evangelizzazione. Possiamo affermare con certezza che sono la forza di avanguardia, o la forza nuova rispetto al passato, perché hanno acquisito una rinnovata coscienza del loro ruolo missionario, anche stimolati dagli insegnamenti del concilio Vaticano II e più recentemente, da quello che ha affermato Giovanni Paolo II nella Christifideles laici.

Lei ha parlato di errori da evitare nell’annuncio del Vangelo.

Parto da una constatazione: se si eccettua la prima ondata iniziale, che dall’apostolo Paolo In poi si sviluppa per quasi tre secoli —e che rimane per me un momento ideale, dal quale si può solo attingere senza scartare nulla — nei periodi successivi si nota un inconveniente abbastanza generalizzato: quello cioè di puntare di più sulla quantità che non sulla profondità e sulla qualità. In altri termini, si mirava di più a un’evangelizzazione in estensione che in intensità. Le cause sono diverse: un po’ dovute alle circostanze storiche, un po’ perché la teologia del tempo puntava molto sull’importanza dei sacramenti e prendeva in maniera molto rigida l’assioma «Fuori dalla Chiesa non c’è salvezza». Si badava, cioè, più a battezzare che non a cristianizzare e a coltivare la fede in modo che si svilupasse. Un altro elemento che si osserva soprattutto nell’evangelizzazione dell’America latina è che essa andava di pari passo alla conquista. E questo per il Vangelo è una condizione molto negativa.

Oltre agli errori da evitare, quali sono gli esempi da imitare?

Innanzitutto c’è lo slancio dei missionari, mossi da sincera fede per Cristo. Portavano fuori dalla Chiesa una fede viva, vissuta, e di questo forse oggi dobbiamo prendere coscienza, perché non si può evangelizzare se non in base a una fede vissuta. Abbiamo bisogno di imparare perciò che la fede va prima vissuta e poi annunciata.

Cosa si può fare per annunciare il Vangelo nella vita tutti i giorni?

Ci sono vari ambiti o livelli dell’evangelizzazione. Ai primordi della Chiesa essa consisteva molto in contatti personali. Le prime conversioni, infatti, avvenivano grazie ai rapporti di commercio. Altre volte, il messaggio si trasmetteva tra commilitoni nell’esercito. L’evangelizzazione era molto legata alla vita quotidiana. Il primo ambito è quindi quello di dare testimonianza: approfittare di una conoscenza per invitare a un incontro in cui si annuncia la Parola di Dio. Attualmente possiamo dire che l’annuncio del Vangelo ai laici avviene soprattutto attraverso i movimenti ecclesiali. Spesso è proprio in questi movimenti che per la prima volta i laici ascoltano sul serio le verità della fede e possono vivere in un contesto di comunità.

E in che modo le parrocchie sono coinvolte nell’evangelizzazione?

Questo è un punto cruciale. Il rimedio a un’evangelizzazione frettolosa e superficiale, quella a cui facevo riferimento prima, è la formazione di comunità locali. Questo è cominciato ad avvenire con il sorgere della parrocchia, che è un fenomeno successivo alla nascita della Chiesa locale e della diocesi. Si tratta di un punto fondamentale: se l’evangelizzazione non è seguita da un’appartenenza a una comunità, si trasforma in un processo che rimane in superficie: un po’ come il seme che cade sulla roccia e viene mangiato subito dagli uccelli. Nella nostra società ci sono parrocchie che sono degli autentici centri evangelizzatori. Una parrocchia viva, dove si annuncia la Parola di Dio e si pratica la carità, diventa nel proprio ambito, e spesso anche negli ambiti vicini, un centro di richiamo, nella quale la gente viene evangelizzata autenticamente.

Che ruolo hanno i consacrati?

Svilupperò questo aspetto soprattutto parlando nell’evangelizzazione dell’Europa, nella seconda ondata missionaria che fu opera delle anime contemplative, dei monaci. Questo ci fa capire, anche se in un contesto molto diverso, il ruolo dei consacrati e dei contemplativi nell’annuncio del Vangelo. Parlo di questi ultimi non solo considerando che pregano per i missionari, ma anche perché spesso i loro conventi e i monasteri possono essere luoghi di accoglienza in cui la gente impara a pregare.

Qual è il miglior modo per prepararsi al prossimo Sinodo dei vescovi?

In primo luogo con la preghiera, appunto, perché così entriamo in contatto con la sorgente dell’evangelizzazione, con il primo evangelizzatore che è Cristo. E poi con lo studio dei documenti del magistero. La Chiesa ha ripetutamente riflettuto su questo tema. Nel 1974 Paolo VI promosse un Sinodo sull’evangelizzazione nel mondo moderno; per non parlare di documenti come l’Evangelii nuntiandi, e la Redemptoris missio di Giovanni Paolo II.

(©L'Osservatore Romano 2 dicembre 2011)

1 commento:

mariateresa ha detto...

OT che è buona cosa

http://www.kath.net/detail.php?id=34175
il numero dei candidati al sacerdozio in USA ha raggiunto una cifra record