La Santa Sede diventa membro dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Mons. Tomasi: la Chiesa in difesa dei migranti
La Santa Sede è entrata oggi a far parte dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni come Stato membro. La richiesta da parte vaticana è stata accolta dagli Stati aderenti all’organismo internazionale con sede a Ginevra, durante la sessione plenaria. Sull’importanza di questo evento, Alessandro Gisotti ha intervistato l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra:
R. - In questo momento, mentre vediamo nel mondo un continuo crescere di migranti, di rifugiati, di gente in movimento per varie ragioni, è importante essere presenti e partecipare agli sforzi della Comunità internazionale per apportare qualcosa di specifico, tipico della Santa Sede: una voce etica che dia una interpretazione di queste nuove situazioni. Abbiamo, per esempio, tante persone che muoiono nel tentativo di scappare dal loro Paese, dall’Africa del Nord verso l’Europa, dall’Africa attraverso il Mar Rosso verso lo Yemen… E’ importante, dunque, che la Santa Sede abbia deciso di entrare a far parte, in maniera piena, di questa Organizzazione proprio per sottolineare la sua partecipazione a questo fenomeno di grandissimo rilievo e che, nonostante la crisi economica, si prevede continuerà a crescere.
D. - Siamo abituati a vedere la Santa Sede come Osservatore presso le Organizzazioni internazionali, qui è presente come Stato-membro: perché questa scelta?
R. - E’ una maniera pratica per avere più voce in capitolo in queste situazioni sociali, dove non è tanto la politica che prevale, quanto piuttosto la necessità di andare incontro alle esigenze umane di queste persone, che si trovano in cammino nelle varie regioni del mondo. A livello di Chiesa, abbiamo una rete vasta di organizzazioni cattoliche e la Chiesa è già, in qualche modo, in primo piano coinvolta nel servizio ai migranti. Questo tipo di collaborazione con le strutture esistenti della Comunità internazionale, quindi, è un passo logico e operativo che porta a rendere il servizio ancora più efficace.
D. - Il tema della migrazione e soprattutto le sfide e le sofferenze dei popoli migranti sono molto presenti nel Magistero di Benedetto XVI: questa è un’ulteriore tappa in questo senso?
R. - Certo. Si tratta di seguire la via indicata dal Santo Padre e dall’esperienza ormai secolare della Chiesa in questo campo, perché le organizzazioni cattoliche servono veramente con generosità tutte le persone, indipendentemente dalla loro fede religiosa, dal loro colore, dalla loro situazione legale. E’ la persona umana, è la dignità della persona umana che conta e che spesso è messa a rischio, appunto, nelle situazioni di marginalità che vengono a crearsi nel movimento da un Paese all’altro, per queste persone che cercano lavoro o che cercano una forma nuova di sopravvivenza.
D. - Quali sono le sue speranze riguardo al contributo specifico che la Santa Sede potrà dare nell’Organizzazione internazionale per le migrazioni?
R. - Possiamo portare, anzitutto, una nostra lettura etica di questo fenomeno che va a beneficio della difesa della persona umana e della sua dignità. Secondo, vogliamo collaborare a livello operativo attraverso la rete delle organizzazioni cattoliche che sono già impegnate nel campo delle migrazioni. In terzo luogo, vogliamo dare un servizio secondo coscienza: in questa maniera, rispettando le nostre convinzioni e i nostri principi, facciamo in modo che vi sia davvero un contesto democratico dentro cui i servizi sociali vengono offerti alle persone che ne hanno bisogno. (mg)
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