domenica 18 dicembre 2011

Il Papa a Rebibbia: si parla in modo feroce di voi ma anche di me. In Africa cordialità che in Europa è oscurata. Un detenuto: Santità, mi assolverebbe? (Izzo)

PAPA A REBIBBIA: SI PARLA IN MODO FEROCE DI VOI MA ANCHE DI ME

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 18 dic.

"Si parla in modo feroce di voi, purtroppo e' vero. Ma parlano in modo feroce anche contro il Papa, e tuttavia andiamo avanti". Benedetto XVI ha risposto cosi' a un detenuto che parlando del senso di esclusione che si prova stando in carcere ha detto: "Fuori spesso si parla in modo feroce di noi".
"Altri - ha poi assicurato il Pontefice - pensano bene di voi. Penso alla mia famiglia papale: quattro suore laiche che pregano per voi, hanno contatti con alcuni carcerati. Bisogna incoraggiare questo dialogo. Io faro' il mio per invitare tutti a pensare in modo giusto. Ognuno puo' cadere ma Dio vuole che tutti arrivino a trovare sempre rispettata la loro dignita' e trovare gioia nella vita. Anche i passi oscuri hanno il loro senso. Il Signore vi autera' e noi siamo vicino a voi".

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PAPA A REBIBBIA: IN AFRICA CORDIALITA' CHE IN EUROPA E' OSCURATA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 18 dic.

"Sono stato molto felice per l'accoglienza da parte degli africani, hanno mostrato una cordialita' che in Europa e' un po' oscurata: abbiamo tante cose che rendono un po' duro il cuore". Lo ha detto il Papa rispondendo alla domanda di un detenuto africano nella cappella del carcere di Rebibbia che ha ricordato il recente viaggio di Benedetto XVI in Benin. "Nonostante le sofferenze e la poverta' - ha osservato il Pontefice - in Africa c'e' una gioia di vivere. E' la gioia di essere una creatura umana: essere uomo e' essere amato da Dio". "Per me - ha confidato - e' stata una Impressione preponderante forte, vedere questa gioia". Qui invece, ha continuato, "con la massa delle cose che abbiamo siamo come allontanati da noi stessi: potere e ricchezza non rendono felici, e averli puo' essere anche una cosa negativa che mi impedisce di vivere realmente". "Dio - ha concluso il Pontefice parlando del mondo occidentale - ci chiama tutti perche' noi facciamo tutto affinche' possano uscire da queste oscurita' delle malattie. E nel farlo possiamo diventare piu' allegri: le due parti del mondo debbono completarsi. Loro possono aiutarci a capire che le cose materiali non sono l'ultima parola".

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PAPA A REBIBBIA: "SANTITA',MI ASSOLVEREBBE?", GLI CHIEDE DETENUTO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 18 dic.

"E' importante che il padre possa tenere in braccio la figlia e essere con la moglie e la figlia e cosi' anche collaborare per il futuro dell'Italia".
Benedetto XVI ha risposto cosi' a un detenuto che gli chiedeva se fosse giusto rimanere a lungo lontani dalla propria famiglia. "Anche io ti voglio bene e sono grato per queste parole che toccano il mio cuore", ha risposto poi ad un altro carcerato che avrebbe voluto fargli "milioni di domande" e alla fine e' riuscito solo a ringraziarlo per la visita di oggi.
Parlando invece a nome dei "malati e sieropositivi", un ricoverato nell'infermeria ha chiesto "al nostro Papa gravato da tutte le sofferenze del mondo, che preghi e porti la nostra voce dove non viene sentita" e ha aggiunto: "Lei e' il Papa di tutti, non sia dato per scontato che il detenuto e' escluso per sempre". Sono state in tutto sei le domande, tutte molto commoventi e davvero significative. "Nell'ultimo giudizio - ha ricordato il Papa in una delle risposte - Gesu' dice: mi avete visitato nel carcere. Ho fatto secondo questo imperativo del Signore. Per questo sono venuto qui: in voi il Signore mi aspetta. E voi avete bisogno di questo riconoscimento umano. Percio' spero che sempre piu' possa essere relizzato il vero scopo casa di questa circondariale: la riconciliazione di ciascuno con se stesso e anche con Dio. Il Signore vi aiutera' e io prego per voi: per me e' un obbligo particolare pregare per voi e io invito tutti gli altri a pregare perche' vi sia un forte cavo che vi tiri verso il Signore, dobbiamo trovarci quasi in un'unica cordata che vi tiri verso il Signore".
"Mi assolverebbe, o sarebbe una assoluzione di diverso valore, quale sarebbe la differenza?", gli ha chiesto poi un altro carcerato. "Se lei prega che Dio perdoni, Dio perdona", ha risposto Ratzinger. "Se uno con vero pentimento e non solo per evitare pene e difficolta', se per amore di Dio chiede perdono, allora - ha assicurato - riceve il perdono di Dio.
Se riconosco che ho fatto male vengo perdonato". Ai detenuti, pero', il Papa teologo ha anche ricordato che "il peccato ha sempre anche una diomensione sociale, orizzontale: anche se forse nessuno lo sa ho sporcato la comunione della Chiesa, e cio' - ha spiegato - esige che sia assolto anche nel livello della comunita' e questa seconda dimesione esige il sacramento. Nella confessione posso liberarmi da questa cosa. Cosi' in questo senso l'assoluzione non limita la bonta' di Dio ma ne e' espressione".
Per Benedetto XVI occorre "tenere presente queste due dimensioni, ma l'assoluzione del prete e' necessaria per risolvermi, assolvermi da questo degrado del male, mo da' la certezza corporale e sacramentale che Dio mi perdona, mi riceve nella comunita' dei suoi figli. Con la confessione - ha concluso - possiamo provare quasi corporalmente la bonta' del Signore, la certezza della riconciliazione".

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