Il cardinale Bernardin Gantin ricordato da Benedetto XVI durante il viaggio in Benin
La sua Africa, la sua Chiesa
di Gianfranco Grieco
La foto di qualche anno fa li ritrae l'uno accanto all'altro, mentre si scambiano confidenze prima di una celebrazione in San Pietro. Gli abiti color porpora che indossano, sottolineano la solennità del momento. Sono i cardinali Bernardin Gantin, decano del collegio cardinalizio, e Joseph Ratzinger, vice decano. Entrambi hanno una lunga storia da raccontare. Solo Dio ha guidato la loro avventura. Erano a capo di due dicasteri chiave della Sede apostolica: la Congregazione per i Vescovi e quella per la Dottrina della Fede. Entrambi sono stati creati cardinali da Paolo VI, il Papa del concilio, nel Concistoro del 27 giugno 1977.
Nel viaggio apostolico in Benin, Benedetto XVI ha visitato la tomba di Gantin a Ouidah e ha pregato per lui, che già vive in Dio, e per il futuro della Chiesa in Africa e del continente dai mille problemi mai risolti.
«Missionario africano a Roma, missionario romano in Africa»: era questo il biglietto da visita del cardinale Gantin, che legava sempre la sua terra natale -- il Benin -- alla Chiesa di Roma. Portava nel cuore queste due «passioni» e amava unire queste due sponde spirituali della sua lunga e missionaria esistenza. Queste realtà erano per lui soltanto ed esclusivamente due realtà «spirituali», che trovavano forza e vigore, presente e futuro, nel magistero dei Pontefici della sua vita: da Pio XII a Giovanni XXIII, da Paolo VI a Giovanni Paolo I, da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI. Con questi ultimi due aveva vissuto una straordinaria esperienza ecclesiale. Amava conservare nell'anima le parole, i consigli, le confidenze, i suggerimenti, le sofferenze e i gesti dei suoi Papi.
Con Karol Wojtyła il cardinale Gantin ha collaborato per tutto il pontificato. Per due volte lo ha accompagnato in Benin: il 17 febbraio 1982 e dal 3 al 5 febbraio 1993. Egli viveva immerso in quella rinnovata esperienza di Chiesa missionaria scaturita dal cuore del concilio Vaticano II. E si inebriava ogni qual volta il Papa missionario andava incontro ai popoli e alle nuove nazioni dell'Africa nera.
Nella sua semplice e modesta dimora africana a est di Cotonou, i volti dei Pontefici della sua vita accompagnavano le tappe del cammino sacerdotale, episcopale e cardinalizio di Gantin. Agli ospiti di riguardo che andavano a fargli visita dopo il ritorno a casa (3 dicembre 2002) amava raccontare la sua storia, unendola alle continue premure che questi Papi avevano riversato sulla sua modesta persona.
Dalla terra madre ritornò a Roma per ben due volte nel 2005. La prima, in occasione della morte di Giovanni Paolo II e dell'elezione di Benedetto XVI, dal quale venne subito ricevuto in udienza, il 28 aprile; e, la seconda, per la solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, partecipando all'apertura della causa di beatificazione del Pontefice defunto (la sera del 28 giugno nella basilica di San Giovanni in Laterano) e alla benedizione e imposizione del pallio al nuovo arcivescovo di Cotonou, monsignor Marcel Agboton, il giorno successivo nella basilica Vaticana. Anche in questa seconda occasione Benedetto XVI lo incontrò per essere informato sui problemi dell'Africa.
Nei viaggi che ho compiuto con lui in Benin -- ben tre volte insieme agli amici fedeli Giulio Cerchietti, il francescano suo segretario particolare, Luigi Lalloni, suo medico personale -- il cardinale Gantin preferiva alcune mete che hanno segnato la storia della sua terra: la porta del non ritorno e quella della prima evangelizzazione, eretta a due passi dal mare; Abomey, la terra madre; la basilica di Notre-Dame dell'Immacolata Concezione, costruita nel 1905; il seminario di Ouidah con la cappella dedicata a Maria.
«Quando il Signore vorrà voglio essere sepolto qui», mi confidò dopo aver pregato insieme nella cappella del seminario, indicando il posto accanto al vescovo francese che aveva guidato il suo cammino sacerdotale ed episcopale, monsignor Louis Parisot, missionario di frontiera sino al giorno della morte, avvenuta il 21 aprile 1960.
L'ultimo suo grande sogno divenuto realtà fu la costruzione del santuario mariano di Dassa-Zoumé, sulla lunga strada che dal sud del Benin va verso il nord a Parakou. Per la realizzazione di questo progetto aveva faticato a lungo ed enorme fu la gioia nel giorno (25 agosto 2002) della consacrazione del tempio mariano.
Il cardinale Gantin era un uomo di Chiesa, umile e forte, semplice e gentile; era un sacerdote immerso nella preghiera; viveva di Eucaristia; era devoto di Maria «madre» dell'Africa e «stella» della evangelizzazione; aveva un cuore missionario più grande della sua Africa che ora, con amore e con gratitudine, lo custodisce nella nuda terra di Ouidah.
(©L'Osservatore Romano 4 dicembre 2011)
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