martedì 18 settembre 2012

L'incontro del Papa con i giovani a Bkerké. Preghiere, canti e coreografie per testimoniare che la convivenza pacifica è possibile (Ponzi)


Preghiere, canti e coreografie per testimoniare che la convivenza pacifica è possibile

Rami d'ulivo tra le pagine del libro di una vita nuova

dal nostro inviato a Beirut Mario Ponzi

Erano tutti insieme. Forse più di ventimila. Libanesi, siriani, iracheni, e chissà di quanti altri Paesi mediorientali, i giovani hanno testimoniato davanti a Benedetto XVI che vivere insieme si può. Gioire insieme si può. Ballare insieme si può. Cantare a una voce si può. Così come si può pregare insieme, con il Papa. Quello che non si può continuare a fare lo hanno gridato con la forza della disperazione: non vogliono più soffrire a causa della violenza, della guerra.
L'incontro con i giovani riuniti sabato nel tardo pomeriggio a Bkerké, nel piazzale antistante il patriarcato maronita, è stato forse il momento toccante di questa visita. Il Pontefice stesso è rimasto profondamente commosso. Ragazzi e ragazze hanno atteso per ore, riempiendo l'attesa con coreografie, canti, testimonianze, preghiere.
E quando il Pontefice è giunto tra loro l'entusiasmo è salito alle stelle, così come è salito verso il cielo il pittoresco rosario fatto con palloncini gialli e azzurri che sino ad allora era rimasto ancorato a terra.
Ritrovarsi in mezzo a questi giovani è sembrato come se i tormenti di questa terra fossero solo fantapolitica. Ma poi è bastato sentirli parlare, ascoltare il racconto della loro giovane vita per risvegliarsi come da un sogno meraviglioso e ritrovarsi a fare i conti con una realtà difficile da interpretare fino in fondo. Aman, 25 anni, cristiano fuggito qualche settimana fa da Aleppo con alcuni suoi colleghi universitari, dispera di tornare presto in Siria, «perché quando nei Paesi arabi scorre il sangue -- dice -- i problemi non sono mai di facile soluzione». Sophie viene dalla capitale siriana. È arrivata in Libano la settimana scorsa. «Avevo trovato accoglienza a Tripoli -- spiega -- e credevo di aver raggiunto la pace. Invece martedì scorso ho rivissuto il terrore dei giorni terribili di Damasco. Sono fuggita di nuovo. Sapevo che il Papa stava per arrivare in Libano e che avrebbe incontrato i giovani. E sono corsa da lui. Mi piacerebbe tanto poterlo stringere, per trovare un rifugio sicuro dalla violenza che mi insegue».
Come Aman e Sophie ce ne erano tanti altri sabato sera. E quando hanno sentito il Papa salutarli, elogiare il loro coraggio e assicurare che le sofferenze del popolo siriano sono costantemente presenti al suo cuore, e che non cessa mai di pregare per la pace in Siria e in Medio Oriente, in molti hanno pianto. Ma si sono sentiti più forti perché sanno di non essere soli.
Benedetto XVI non ha mancato poi di rivolgersi ai giovani musulmani uniti, ai cristiani in questa serata speciale, nel dare il segno concreto della possibilità di vivere insieme e di dare anima a un'unica festa.
È stato forse lo sforzo maggiore del Pontefice, da quando ha messo piede sul suolo libanese, il rinverdire la memoria della storica convivenza tra cristiani e musulmani come quella della loro collaborazione per la nascita di una cultura che potrebbe fare scuola al mondo. Neppure oggi cristiani e musulmani possono fare a meno di stare insieme. E forse la crisi dell'anima cristiana, ha detto il Pontefice, potrebbe mettere in difficoltà tutto il Paese. E questo i musulmani, i giovani soprattutto, lo hanno capito e dimostrato nel calore dell'accoglienza riservata al Papa in questi giorni. Sabato sera hanno pregato, cantato e ballato insieme ai loro coetanei cristiani. Hanno dato vita a coreografie emblematiche. La più intensa quella inscenata da un corpo di ballo composto da giovani non udenti: sono saliti sul palco ingabbiati tra cancellate di ferro. Hanno cominciato a cantare, ripetendo con il linguaggio dei segni le parole della preghiera eseguita dalla corale. E a una a una le pareti della simbolica cella sono cadute, e si sono ritrovati liberi. Liberi di correre ad abbracciare il mondo che simbolicamente ha portato sul palco un Titano vestito come gli antichi saraceni. Due colombe bianche sono state liberate dietro la cattedra del Papa. Ramoscelli d'ulivo sono comparsi tra le mani dei giovani e sono andati a intrecciarsi con le pagine di un piccolo libro giallo, la traduzione in arabo di Youcat, distribuito a tutti all'arrivo.
Il Pontefice ha lasciato lentamente il palco, mentre ammirava la miriade di mani dei giovani sollevate vero l'alto, che lo salutavano agitando l'ulivo posto tra le pagine del libro della loro vita nuova.


(©L'Osservatore Romano 17-18 settembre 2012)

2 commenti:

Béatrice ha detto...

Carissima Raffaella,
Hai visto la bellissima analisi di Jean Mercier, per "La Vie"?
http://www.lavie.fr/sso/blogs/post.php?id_post=2017&id_blog=71

Grazie per il tuo lavoro.
Béatrice

Raffaella ha detto...

Grazie carissima Béatrice :-)
R.