mercoledì 12 settembre 2012

Il Papa in Libano in nome della pace


M.O./ Papa in Libano in nome della pace, nonostante ombre Siria

Antenne verso Bagdad senza parlare di Assad, molto il già detto

Città del Vaticano, 11 set. (TMNews) 

Se sembra probabile che il Papa non farà interventi diretti sulla situazione della vicina Siria, è però prevedibile che Benedetto XVI farà riferimento, almeno indirettamente, alla drammatica situazione del paese, che vede coinvolta anche la minoranza cristiana, e a nodi specifici come la grave situazione dei profughi che, in fuga dalla Siria di Assad, si sono riversati in vari paesi confinanti, Libano compreso.
E' da mesi, del resto, che le antenne della Santa Sede sono attente a quanto accade in Siria, così come nei mesi precedenti la diplomazia ufficiale del Vaticano - nonché le realtà ecclesiastiche presenti nella zona - abbiano cercato di decrittare l'evoluzione della "primavera araba" anche al fine di garantire alla minoranza cristiana un futuro di convivenza con le altre componenti sociali e religiose
A giugno è stato il Papa in persona a tracciare il quadro della situazione siriana, quando, intervenendo in Vaticano all'assemblea della Riunione delle Opere in aiuto alle Chiese Orientali (Roaco), ha fatto appello affinché "non venga risparmiato alcuno sforzo, anche da parte della comunità internazionale, per far uscire la Siria dall'attuale situazione di violenza e di crisi, che dura già da molto tempo e rischia di diventare un conflitto generalizzato che avrebbe conseguenze fortemente negative per il Paese e per l'intera Regione. Elevo anche un pressante e accorato appello - ha proseguito Ratzinger in uno degli svariati pronunciamenti di questi mesi - perché, davanti al bisogno estremo della popolazione, sia garantita la necessaria assistenza umanitaria, anche a tante persone che hanno dovuto lasciare le loro case, alcune rifugiandosi nei Paesi vicini". Il valore della vita umana è un bene prezioso da tutelare sempre, ricorda infatti Benedetto XVI che esprime anche la sua vicinanza "alle grandi sofferenze dei fratelli e delle sorelle di Siria, in particolare dei piccoli innocenti e dei più indifesi".
Espluso di recente dalla Siria, il gesuita italiano Paolo Dall'Oglio è più volte intervenuto, nelle ultime settimane, per chiedere una soluzione politica internazionale al dramma siriano. "Pensavo che Assad traghettasse la Siria verso le libertà che sono riusciti a prendersi gli altri paesi della primavera araba. Invece è andato tutto sempre peggio, fino ad arrivare alla tortura, alla menzogna, alle violenze che sta perpetrando oggi il regime, altro che complotto straniero", ha avuto a dire il religioso.
Secondo Dall'Oglio, è necessario"favorire un'organizzazione statale basata sul principio di sussidiarietà e del consenso, eventualmente favorendo quella struttura federale più corrispondente alle principali particolarità geografiche (la federazione è l'esatto contrario della spartizione!). Solo dando fiducia all'autodeterminazione delle popolazioni sul piano locale si potrà riportare l'ordine e combattere ogni forma di terrorismo senza ricadere nella repressione generalizzata e settaria". Più cauti i rappresentanti dell'episcopato locale. I
Il patriarca maronita libanese Bechara Rai, ad esempio, ha fotografato così la situazione: "Il Libano è chiaramente influenzato da questi avvenimenti, trascinato nella divisione tra i siriani. In genere, i sunniti libanesi con i loro alleati cristiani sostengono l'opposizione siriana, mentre gli sciiti, con i loro alleati, sostengono il regime. Si è creata, inoltre, una certa tensione tra sunniti e alawiti libanesi. Purtroppo, poi, il Libano è utilizzato da certi paesi arabi quale luogo di transito per armi e aiuti finanziari destinati sia al regime che all'opposizione".
Dalla Siria, ad ogni modo, il nunzio apostolico, mons. Mario Zenari, ha invitato a non eccedere in allarmismi per la sorte delle comunità cristiane e, in un'intervista a 'Radio vaticana' di giugno, ha spiegato: "Non si sa quale sarà il futuro della Siria, delle varie etnie, e quale sarà il futuro dei cristiani. Occorre essere molto, molto vigili. Fino ad oggi direi che i cristiani condividono la triste sorte di tutti i cittadini siriani: sono sotto i bombardamenti come i loro concittadini siriani, in questi giorni, soprattutto ad Homs e altrove. Non direi che ci siano nei loro confronti delle discriminazioni particolari, tanto meno delle persecuzioni. Bisogna stare attenti e vedere i fatti nella loro verità. Andrei adagio a paragonare, oggi come oggi, la situazione dei cristiani ad altri Paesi dei dintorni. Alle volte si paragona con l'Iraq, ma non è da paragonarsi".
A tentare di delineare una politica coerente sulla vicenda siriana (così come sul più complessivo fenomeno della "primavera araba"), tra le voci a tratti dissonanti della galassia ecclesiastica, è stato di recente il padre comboniano Miguel Ángel Ayuso Guixot, segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, che, durante una conferenza a Istanbul sul "risveglio arabo" ha pronunciato un discorso poi diffuso dalla sala stampa vaticana.
Sulla Siria, padre Ayuso ha riassunto in cinque punti le priorità del Vaticano: cessazione immediata delle violenze da parte di tutti gli attori in gioco; dialogo come percorso necessario per "rispondere alle legittime aspirazioni del popolo siriano"; riaffermazione del principio dell'unità del Paese "a prescindere da affiliazioni etniche e religiose"; richiesta alla Siria, in quanto "membro alla famiglia delle nazioni", di "riconoscere le legittime preoccupazioni della comunità internazionale"; infine, appello alla comunità internazionale perché si "dedichi al processo di pace in Siria e nell'intera regione".

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