mercoledì 25 luglio 2012
Londra. Rapporto Commissione episcopale tutela infanzia. Intervista con il presidente Sullivan (Radio Vaticana)
Londra. Rapporto Commissione episcopale tutela infanzia. Intervista con il presidente Sullivan
È stato presentato ieri mattina a Londra, presso la sede della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, il quarto Rapporto della Commissione cattolica nazionale per la Tutela dell’Infanzia, creata nel 2008 dagli stessi vescovi britannici. La collega della redazione inglese della nostra emittente, Philippa Hitchen, ha intervistato il presidente della Commissione, Danny Sullivan:
R. – I think there will be three areas…
Penso ci siano tre aree in particolare sulle quali riflettere, perché in esse abbiamo avuto un’evoluzione positiva. Una riguarda il lavoro svolto con gli Istituti e le comunità religiose, nella misura in cui attualmente la maggior parte di essi, in Inghilterra, hanno stabilito di unirsi a costituire commissioni di tutela a livello diocesano, piuttosto che operare separatamente. Questi Istituti e comunità religiose – che gestiranno le loro commissioni di tutela e salvaguardia e che sono da noi approvate – dovranno osservare gli stessi criteri osservati dalle commissioni di tutela diocesane e saranno esse stesse sottoposte a verifica da parte nostra. Ciò rappresenta uno sviluppo importante all’insegna di un’unica Chiesa, perché significa che l’impegno per la tutela non sarà più dispersivo, sarà molto più coeso e anche dal punto di vista teologico: c’è un’unica istituzione che opera in questo ambito.
D. – In parziale risposta alle vittime e ai sopravvissuti, state sviluppando quello che voi chiamate un “percorso di cura”. Ci vuole spiegare cosa comprende tale percorso e quale accoglienza ha avuto questa iniziativa presso i gruppi delle vittime?
R. – Adrian Child, the director of our “Safeguarding Advisory Service”, has done…
Adrian Child, il direttore del Servizio di consulenza per la tutela, ha fatto la maggior parte del lavoro. In corso d’opera, naturalmente, ha collaborato con i rappresentanti di gruppi di vittime al fine di identificare i requisiti di questo “percorso di cura”. Tra i primi risultati, abbiamo prodotto un opuscolo che sarà disponibile nelle parrocchie e nelle diocesi e che è rivolto a chiunque possa avere subito abusi, per indicare come affrontare una situazione del genere, a chi si possa rivolgere, cosa possa fare. L’argomento è affrontato in termini molto chiari come sono le chiare le indicazioni, perché, vede, molto spesso le persone non sanno cosa fare: sono talmente traumatizzate dall’esperienza vissuta da sentirsi perse, non sanno più cosa fare né di chi fidarsi. Quindi, parte di questo percorso di cura vuole intanto informare le persone su quello che possono fare, a chi possono rivolgersi e in quale modo possano essere supportate. Questo è ciò che continueremo a fare anche l’anno prossimo: continueremo il dialogo con i gruppi di vittime per assicurarci che in questo senso siano assistiti nel modo giusto e sicuro.
D. – Avete tenuto una Conferenza anche all’inizio dell’anno sull’impatto a lungo termine dell’abuso sulle vittime. Quali le conclusioni?
R. – I think that was just helping opening up to people that the implications…
Credo sia servita intanto a far sapere alla gente che ci sono implicazioni a lungo termine per le persone che hanno subito abusi, e che questa esperienza rimane parte della vita per sempre e che ci vuole tanto tempo prima che avvenga la guarigione. Penso che quella Conferenza abbia aiutato la gente in parte a comprendere che la salvaguardia non è un’iniziativa del momento: è un progetto che va avanti. E’ per questo che ne va considerato anche l’aspetto teologico, perché la Chiesa deve affrontare questa situazione anche da un punto di vista teologico. Tutelare e proteggere i giovani e i bambini è parte del nostro ministero e della nostra vocazione di cristiani e di cattolici, nella pastorale della vita delle comunità religiose e della parrocchia.
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