Su segnalazione di Laura leggiamo:
Londra 2012: spettacolare inaugurazione dei XXX Giochi Olimpici
Tra emozioni e spettacolari ricostruzioni della storia britannica sono stati inaugurati ieri i XXX Giochi dell’era moderna. Londra, unica città ad ospitarli per la terza volta, sino al 12 agosto sarà la capitale mondiale dello sport, nella quale oltre 17 mila atleti di 205 Paesi si confronteranno all’insegna dei valori della lealtà e della correttezza. La squadra di Israele ha sfilato con il lutto al braccio nel ricordo dell'eccidio degli atleti ebraici a Monaco 1972. Il servizio di Sagida Syed:
E, tra gli atleti che hanno sfilato ieri sera nello Stadio Olimpico di Londra durante l’inaugurazione dei Giochi, anche Giovanni Pellielo, tiratore italiano plurimedagliato, alla sua sesta partecipazione olimpica. Quali le sue emozioni per quest’evento? Giancarlo La Vella lo ha raggiunto telefonicamente al villaggio olimpico londinese:
R. - Le emozioni sono chiaramente molto forti, perché essere qui a queste Olimpiadi significa per me aver vissuto 24 anni di sport ad altissimo livello ed essere affiancati da giovani e giovanissimi. Questo mi rende molto felice. Devo dire che è bello, perché in questo tempo ho visto anche come sono cambiate le Olimpiadi e soprattutto come, invece, non sono cambiati i valori olimpici: i valori sportivi sono assoluti e devono rimanere tali!
D. - Londra 2012 è un’Olimpiade che avviene in un momento difficile per il mondo, c’è non solo la crisi economica, ma anche conflitti in varie zone: quanto influisce questa situazione sugli atleti?
R. - Certamente i Paesi in guerra sono provati e la loro sofferenza traspare a tutti i livelli e quindi anche nelle prestazioni. Per fortuna l’Olimpiade è un ponte di unione tra tutti i valori e tra tutte le vicende umane. Solo vivendo quotidianamente come si vive l’Olimpiade, cioè con il lecito scontro e incontro, ma mai con la morte, la sopraffazione o il dolore - secondo me - si riesce ad andare avanti. Certo, l’Olimpiade dovrebbe essere ispiratrice anche di tante altre situazioni e certamente questo dovrebbe essere lo spirito che dovrebbe accumunare il mondo, che purtroppo sta invece andando in una direzione opposta.
D. - Olimpiadi come momento di confronto tra culture diverse, religioni diverse, generazioni anche diverse. E’ costruttivo questo incontro?
R. - Certo ed è costruttivo principalmente per due motivi. Primo, perché, come il nostro Pontefice è stato precursore del termine “ecumenismo” nel Concilio Vaticano II, anche qui nel Villaggio Olimpico c’è proprio - credo - la massima espressione di questo termine e l’ecumenismo qui è non solo religioso, ma anche umano: non solo le religioni, ma soprattutto gli uomini si trovano insieme a vivere religioni diverse. Quindi è un incontro sicuramente meraviglioso. Secondo aspetto è la differenza di età tra atleti, che significa l’incontro tra persone che vivono la medesima realtà in momenti diversi della vita. E’ una cosa meravigliosa. Nella società ordinaria, un ragazzino di 16 anni non si confronterebbe mai con un uomo di 40 e, magari, avrebbe un atteggiamento spavaldo, arrogante, come è un po’ avviene nel mondo al giorno d’oggi. Qui, invece, siamo tutti molto rispettosi l’uno dell’altro e molto equilibrati.
D. - Giovanni Pellielo, tu sei alla sesta Olimpiade: è un momento di esperienze sicuramente nuove, ma anche occasione di rivivere cose e persone già incontrate?
R. - Sì, sicuramente. Ho rivisto i miei avversari: sono gli stessi, da bambino come oggi. Queste persone sono cresciute un po’ con me, hanno affrontato il percorso della vita, più o meno agevole, che li ha comunque segnati e formati. Devo dire che rivedo le stesse facce e questo mi fa grande piacere, perché vuol dire che abbiamo tutti condotto una vita sana, ordinata, moralmente integra. Sono gli aspetti imprescindibili per andare avanti ed essere ai massimi livelli per tanto tempo. Secondo me il vero successo olimpico non sta tanto nel vincere, ma nel riuscire a riproporsi nel tempo sempre ad alti livelli, essere sempre le stesse persone. Si riesce a rimanere in questo ambiente per tanto tempo, solo se riusciamo a mantenere veramente una “calma olimpica”, i piedi per terra e avere la consapevolezza che non è il colore di una medaglia che ci può cambiare la vita, ma come siamo noi dentro. Come diceva il nostro presidente Petrucci, quando con il nunzio apostolico abbiamo celebrato la Messa di apertura alla Chiesa di San Pietro: “Vincere la medaglia d’oro è importante, ma salvare l’anima ancora di più”.
D. - Un ideale augurio che fai agli oltre 17 mila atleti provenienti da oltre 200 Paesi del mondo…
R. - Io auguro loro di vivere le esperienze agonistiche così a lungo quanto le ho vissute io. Avere la forza di essere sempre se stessi, di non mutare mai in funzione di quello che di bello o di brutto ti può capitare nella vita, avendo sempre il coraggio di vivere nella lealtà, nell’integrità morale e soprattutto nel rispetto dell’uomo.
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