lunedì 2 gennaio 2012

Utilizzata per la ricostruzione in Giappone la colletta della Messa di Benedetto XVI per il Giovedì Santo (Gori)

Utilizzata per la ricostruzione in Giappone la colletta della messa di Benedetto XVI per il Giovedì Santo

Una solidarietà senza confini

di Nicola Gori

L'orizzonte della carità della Chiesa, in questo anno che si conclude, si è esteso ancora una volta verso l'estremo Oriente, sino ai territori giapponesi colpiti da un devastante terremoto con conseguente maremoto, l'11 marzo scorso. In quell'occasione, tra i primi aiuti internazionali per affrontare l'emergenza ci furono quelli della Santa Sede. Il Pontificio Consiglio Cor Unum si attivò immediatamente su impulso di Benedetto XVI. Si era in prossimità delle solennità pasquali e al Giappone furono destinati, in particolare, i fondi raccolti durante la consueta colletta del Giovedì Santo. A gestirli è stata la Caritas Giappone, presieduta dal vescovo di Niigata, monsignor Tarcisius Isao Kikuchi, che ne parla in questa intervista al nostro giornale.

Come furono impiegati quei primi fondi di solidarietà del Papa per il Giappone?

Da quando sono presidente della Caritas Giappone, la Conferenza episcopale nipponica mi ha affidato la responsabilità di un gruppo di sostegno alla diocesi di Sendai, quella più colpita dal terremoto e dal maremoto dell'11 marzo 2011. Per questo motivo, ho avuto modo di parlare con vari presuli che mi hanno riferito di aver ricevuto degli aiuti economici a favore della popolazione colpita. Monsignor Martin Tetsuo Hiraga, vescovo di Sendai, mi ha confermato che nel maggio 2011 ha ricevuto 60.000 dollari statunitensi come carità del Papa, consegnatagli personalmente dal cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum. Il segretario generale della Conferenza episcopale mi ha riferito di aver ricevuto da parte del Pontificio Consiglio Cor Unum altri 25.000 dollari statunitensi raccolti nella colletta del Giovedì Santo del 2011, tramite l'allora nunzio apostolico in Giappone, l'arcivescovo Alberto Bottari de Castello.

Cosa è stato realizzato in concreto?

Per quanto riguarda i finanziamenti inviati alla diocesi di Sendai, sono stati integrati nel fondo di soccorso della diocesi stessa. Per stabilire le priorità e distribuire il finanziamento è stato creato un comitato apposito che il 25 giugno scorso ha elaborato un progetto. Secondo quanto deciso, i cattolici della diocesi che hanno avuto delle perdite in famiglia ricevono 100.000 yen, corrispondenti a circa 1.290 dollari statunitensi. Chi non ha più l'abitazione riceve la stessa cifra come indennizzo. Ne beneficiano inoltre i lavoratori non cattolici che operano nelle istituzioni della diocesi. Anche coloro che si sono ritrovati con i veicoli distrutti hanno dei rimborsi. Secondo un'indagine condotta dai parroci di Sendai, i cattolici che hanno difficoltà finanziarie nella vita quotidiana ricevono 20.000 yen -- 260 dollari statunitensi -- al mese per i prossimi tre anni. Un altro problema riguarda le istituzioni cattoliche quali scuole, ricoveri per anziani e disabili e ospedali che sono state gravemente danneggiate. A parte le decisioni prese dal governo nazionale e delle amministrazioni locali sui sussidi pubblici, sia la diocesi di Sendai sia la Caritas Giappone si sono organizzate. Abbiamo fatto una valutazione dei danni per avere un'idea più precisa delle necessità di finanziamento. Per la ristrutturazione utilizziamo, per quanto possibile, le somme ricevute come gesti di solidarietà anche dall'estero.

Sono in corso altri progetti specifici di intervento per le diocesi più colpite?

Stiamo lavorando per aiutare la diocesi di Sendai a gestire un centro di volontari, che ha sede nella cattedrale. Altri centri per volontari sono stati organizzati nelle varie parrocchie della costa. Ma non ci siamo limitati a operare all'interno della circoscrizione ecclesiastica, perché la Caritas Giappone ha subito inviato più di duemila volontari presso le amministrazioni locali per mettersi al servizio della popolazione. Nel Paese, poi, esiste il Catholic all Japan support team, che fa capo alla Conferenza episcopale e che coordina le attività di soccorso in tutte le sedici diocesi condividendo informazioni ed esperienze. Oltre a questo organismo, i vescovi hanno chiesto alle tre province ecclesiastiche in cui è diviso il Paese, di gestire gli sforzi di ristrutturazione di alcune zone della diocesi di Sendai. La provincia di Nagasaki con le sue cinque diocesi si occupa della parte settentrionale, quella di Osaka, anch'essa con cinque diocesi, gestisce la parte centrale, mentre Tokyo, con sei diocesi, si interessa dell'area intorno a Fukushima. In ogni provincia sono stati incaricati uno o due sacerdoti che seguono l'attività pastorale e hanno promosso centri di volontariato per venire incontro alle necessità di tutta la gente del luogo, non solo quindi delle comunità cattoliche. L'emergenza è stata anche un'occasione per riflettere sulla nostra vita. Ai tanti ai volontari che si sono prodigati in quelle ore e che hanno affiancato le popolazioni più colpite nell'opera di ricostruzione abbiamo chiesto un supplemento di impegno e di spiritualità. Tutti coloro che hanno prestato servizio nelle organizzazioni cattoliche si sono incontrati nella cattedrale di Sendai con il vescovo Hiraga per condividere le esperienze e ricevere istruzioni di intervento. È stato il Catholic All Japan support team a organizzare e coordinare questi incontri. Il gruppo, di cui faccio parte, ha partecipato agli incontri mensili e ha condiviso informazioni con tutta la Chiesa cattolica in Giappone. Nel mio incarico sono affiancato anche da padre Hiroshi Kanda e dal signor Kazunori Hamaguchi dell'arcidiocesi di Osaka. Sono degli esperti che hanno già affrontato il terremoto di Kobe del 1995. Visti i notevoli danni e le urgenze, secondo le nostre stime, gli interventi delle organizzazioni cattoliche si protrarranno per i prossimi tre anni.

Quali sono le necessità più importanti?

La priorità è quella di far sì che le persone che vivono nelle abitazioni temporanee non rimangano isolate dagli altri, anche perché si tratta per lo più di anziani, che per la maggior parte vivono soli. Dopo il disastro siamo venuti a conoscenza di una realtà fino a ora rimasta celata: molti cattolici di altri Paesi vivono nell'area di Sendai, soprattutto donne filippine sposate con giapponesi. Prima del sisma, non avevano la possibilità di frequentare le chiese, ma con l'emergenza la loro presenza si è resa visibile. Quindi, un'altra priorità è occuparsi di questi immigrati cattolici.

Avete ricevuto altri segni di solidarietà da parte di altre organizzazioni cattoliche?

Le organizzazioni della Caritas in tutto il mondo hanno inviato fondi a quella del Giappone attraverso Caritas internationalis. Persino le piccole strutture della Caritas in Asia e in Africa hanno dimostrato la propria solidarietà con donazioni e messaggi per le vittime del sisma. Devo dire che la solidarietà non è mancata, in quanto abbiamo ricevuto anche offerte da parte di singoli cattolici e diocesi di tutto il mondo tramite il nunzio apostolico in Giappone.

(©L'Osservatore Romano 1° gennaio 2011)

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