L’uomo di oggi teme il silenzio: il commento del prof. Rivoltella al Messaggio del Papa per le comunicazioni sociali
Silenzio e parola non sono elementi contrapposti nella comunicazione, ma devono equilibrarsi per avere “autentico dialogo” e “profonda vicinanza” tra le persone. L’invito a riflettere su luci ed ombre di una società immersa nei media arriva dal Messaggio di Benedetto XVI per la prossima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, celebrata in tutto il mondo il 20 maggio. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Pier Cesare Rivoltella, esperto di media, ordinario nella Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:
D. – Prof. Rivoltella, invocare il silenzio da parte di Benedetto XVI può apparire una provocazione in tempi saturi di parole?
R. – Direi che non è una provocazione ma è un necessario ricordarci quello di cui abbiamo tremendamente bisogno. I media digitali, portabili e pervasivi – lo sappiamo bene – sono per noi straordinarie opportunità di lavoro, di relazione, di costruzione della nostra conoscenza, ma hanno – purtroppo – tra le tante caratteristiche di cui dispongono anche di saturare i nostri spazi ed i nostri tempi. Ci tolgono tempo, colonizzano tutti i nostri tempi, ci consegnano ad un rumore costante. Troppo rumore vuol dire non trovare più isole, spazi in cui rimanere con se stessi o anche semplicemente osservare un paesaggio. Ecco, da questo punto di vista mi sembra che il Papa colga alla perfezione uno degli elementi che spesso, nei tempi recenti, i sociologi della comunicazione hanno indicato come tipici della nostra società, e cioè la fuga dal silenzio. Le nostre società sembrano essere impegnate in una gigantesca fuga dal silenzio. Rimanere in silenzio fa paura all’uomo di oggi, e i media lo aiutano ad avere sempre compagnia.
D. – La rete sempre più è il luogo delle domande, anche delle domande ultime sul senso della vita. “Ma l’uomo – ammonisce il Papa – non può accontentarsi di un semplice e tollerante scambio di scettiche opinioni ed esperienze di vita”, così scrive il Papa …
R. – Certo. Io sono solito dire che il volume enorme di comunicazione che si libera quotidianamente nella rete può essere inteso come uno dei segni del bisogno religioso dell’uomo, di una religiosità immanente che spinge ad andare oltre il sé e ad aprirsi verso l’Altro: un altro con la “A” minuscola, però. E quindi sono perfettamente d’accordo che questa trascendenza immanente - se mi si consente il gioco di parole - debba poi trovare il modo di essere inverata in una Trascendenza altra, in una Trascendenza con la “T” maiuscola, solo alla luce della quale possa trovar senso. E quindi, sembra che anche questa seconda indicazione, questo richiamo del Santo Padre, sia assolutamente condivisibile e colga alla perfezione uno degli snodi dei dispositivi dell’antropologia della rete.
D. – C’è ancora un aspetto critico che pone in evidenza Benedetto XVI, laddove nota che "l’uomo contemporaneo è bombardato – usa proprio questo termine – da risposte a quesiti che non si è mai posto e a bisogni che non avverte" …
R. – Eh sì, è il gioco della comunicazione, fa parte del gioco della comunicazione. Nella misura in cui accedo al web, che qualcuno ha ben definito “il database dei desideri”, evidentemente io ho la possibilità di avere accesso alle rappresentazioni, alle aspirazioni, ai modelli di comportamento, agli orizzonti valoriali che molti individui e gruppi sociali si scambiano ma che si scambiano spesso anche dietro sollecitazione di altro tipo, di interessi commerciali, che sono interessi che hanno tutto il vantaggio a costruire le nostre rappresentazioni perché siano coerenti – ad esempio – con i comportamenti di consumo che ci vengono richiesti. Quindi, la pressione di conformità che la rete ci restituisce bilancia la possibilità della rete di essere anche uno straordinario spazio di libertà di espressione, ma come pure nella realtà. In fondo, il positivo e il negativo si bilanciano sempre e la criticità è sempre in agguato non appena si volta l’angolo ed è veramente l’altra faccia dell’opportunità. Opportunità e criticità non vanno mai disgiunte. Ma – mi permetto di ribadire – come in tutte le forme dell’esperienza umana.
D. – Questo Messaggio del Papa è un invito dunque a fermarsi, in qualche modo, a non perdere l’identità in questo ambiente digitale …
R. – E' un invito ad essere equilibrati. E’ un invito a giocare la partita della comunicazione, della relazione su tutti i tavoli. E’ un invito ad evitare chiusure unilaterali; è un invito a non focalizzarsi troppo solo sugli strumenti. E’ un richiamo – come dire – alla nostra saggezza digitale. E’ un messaggio veramente profondissimo, ricchissimo ed assolutamente aggiornato, con le indicazioni che la ricerca più recente sembra nettamente restituirci su questi temi. (gf)
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