venerdì 27 gennaio 2012

L'ambasciatore Eduardo Delgado Bermúdez: Rispetto e affetto. Sono i sentimenti con i quali Cuba si prepara ad accogliere Benedetto XVI (Ponzi)

A colloquio con l’ambasciatore presso la Santa Sede

Da Wojtyła a Ratzinger il popolo cubano in sintonia con il Papa

Mario Ponzi

Rispetto e affetto. Sono i sentimenti con i quali Cuba si prepara ad accogliere Benedetto XVI quando, alla fine del prossimo mese di marzo, giungerà in visita. Lo afferma l’ambasciatore presso la Santa Sede Eduardo Delgado Bermúdez, in questa intervista rilasciata al nostro giornale nella quale ricorda la visita compiuta da Giovanni Paolo II dal 21 al 26 gennaio di quattordici anni fa. L’ambasciatore definisce «molto buone le relazioni tra Cuba e la Santa Sede» e sottolinea la soddisfazione del popolo dell’isola caraibica per la posizione che ha sempre assunto la Chiesa per favorire il pieno inserimento del Paese nella comunità internazionale.

Dal 21 al 26 gennaio 1998 Giovanni Paolo II ha compiuto la storica visita a Cuba. Ricorda come l’isola e i suoi abitanti hanno vissuto l’annuncio e la vigilia?

C’era molta aspettativa per la visita dell’allora Papa Giovanni Paolo II e molteplici sono state le dimostrazioni di affetto verso il primo Pontefice che visitava il nostro Paese, non solo da parte dei cattolici e dei religiosi, ma anche di tutta la popolazione e delle autorità. Le messe e gli eventi principali sono stati trasmessi dalla televisione e dalla radio e sono stati quindi seguiti da molte persone, oltre a quelle che vi hanno partecipato.

Quella visita, che fra le altre cose era stata annunciata personalmente da Fidel Castro, si è svolta dopo una lunga trattativa tra la Chiesa e le autorità cubane. Qual è stato il punto d’incontro che alla fine ha reso possibile il viaggio del Papa?

Fidel Castro, leader storico della nostra rivoluzione e in quel momento presidente del Governo e dello Stato, aveva reso visita a Giovanni Paolo II nel novembre del 1996 a Roma. Avevano avuto un colloquio privato e ritengo che tra di loro si sia stabilito un rapporto di empatia, di rispetto e di stima reciproci. D’altro canto, le relazioni tra il Governo rivoluzionario e la Santa Sede sono sempre state buone e, più in generale, le relazioni diplomatiche tra lo Stato della Città del Vaticano e la Repubblica di Cuba hanno una storia che dura da 76 anni, senza interruzioni. Penso che tutto ciò abbia creato un clima favorevole alla realizzazione di quella visita.

Alcuni commentatori hanno scritto che Fidel Castro aveva acconsentito alla visita in un momento di particolare crisi della società cubana, con la speranza che quell’evento stimolasse in qualche modo un ripristino del dialogo di Cuba con il resto del mondo. È un’interpretazione plausibile?

Non era un momento di particolare crisi della società cubana, che ha attraversato momenti veramente critici nel 1961 e nel 1962 quando si corse il rischio di un conflitto nucleare. Fidel Castro acconsentì alla visita di Giovanni Paolo II per quel clima propizio che si era venuto a creare tra la Chiesa locale e il Governo e ancor più per quel rapporto di stima e di empatia suggellato dalla visita che il presidente Fidel rese al Papa, come ho poc’anzi ricordato. E poi si volle corrispondere alla palpabile attesa del popolo cubano di avere il Papa a Cuba e al desiderio del Pontefice di visitare la Chiesa che è in Cuba. Si era certi che la sua visita sarebbe stata un dono per tutti.

È diventato famoso l’appello lanciato da Giovanni Paolo II al suo arrivo nell’isola: «Possa Cuba aprirsi con tutte le sue magnifiche possibilità al mondo e possa il mondo aprirsi a Cuba!». Le sembra che quell’appello sia stato efficace a Cuba e nel mondo?

Ritengo che la posizione di Giovanni Paolo II contro l’isolamento di Cuba abbia avuto un valore morale molto grande, come lo ha in questo momento la posizione della Santa Sede, contraria all’embargo economico contro il nostro Paese. Da parte nostra il Paese ha continuato e continuerà a migliorare e a impegnarsi per rendere la nostra società più giusta e umanitaria e per ottenere un livello di vita e di sviluppo economico più elevati.

Dieci anni dopo, durante un’importante visita del cardinale segretario di Stato, è stato inaugurato a Santa Clara un monumento dedicato a Giovanni Paolo II. Si può pensare a un vincolo particolare tra Cuba e Papa Wojtyła?

Credo che il nostro popolo provi un particolare sentimento di affetto per Giovanni Paolo II e sono certo che lo proverà anche per Benedetto XVI quando si realizzerà l’annunciata visita a marzo. Questo sentimento si basa sulle radici cristiane del popolo cubano, sul rispetto per la Chiesa cattolica e per il Sommo Pontefice.

Come sono cambiate le relazioni tra Cuba e la Santa Sede con la visita di Giovanni Paolo II?

Credo che le relazioni fossero molto buone e continuano a esserlo, ma oggi forse esiste un livello di comunicazione più costante e diretto sia con la Santa Sede sia con la Chiesa cubana.

Si può dire che il progetto di una visita di Benedetto XVI sia nato a L’Avana durante l’incontro del presidente Raúl Castro con il cardinale Tarcisio Bertone?

Il cardinale Tarcisio Bertone è stato il primo dignitario straniero ricevuto dal presidente Raúl Castro dopo la sua investitura. In quell’occasione, nel 2008, il nostro presidente ha formulato l’invito a Benedetto XVI a visitare Cuba in una data di sua scelta. Quell’incontro tra il presidente Raúl Castro e il cardinale Bertone è stato molto importante e significativo. In precedenza, nel febbraio 2006, l’allora presidente Fidel Castro aveva a sua volta espresso lo stesso desiderio al cardinale Renato Raffaele Martino, nel corso della sua visita a Cuba.

In cosa Benedetto XVI troverà diversa Cuba rispetto a quella che ha incontrato Giovanni Paolo II?

Sono convinto che si creerà comunque una grande sintonia con il Papa. In primo luogo perché il Governo cubano e la Santa Sede sono entrambi interessati ai principali temi internazionali, ai problemi e alle sfide che l’umanità deve affrontare. In secondo luogo per i sentimenti di rispetto e di affetto che esistono nel nostro Paese verso il Pontefice e verso la presenza dei cattolici. Alcuni giornalisti in altre occasioni mi hanno chiesto quali fossero le aspirazioni di Cuba rispetto dal viaggio del Papa e io ho risposto: «Che il Papa possa realizzare una visita apostolica capace di suscitare in lui felicità e di lasciare nel suo cuore un ricordo molto grato del nostro popolo e del Paese». La visita del Pontefice certamente contribuirà a rafforzare la cooperazione raggiunta fino a oggi tra la Chiesa e le autorità nel nostro Paese. E poi non posso non ricordare le parole del Papa Benedetto XVI rivoltemi in occasione della presentazione delle mie credenziali: «Il servizio principale della Chiesa ai cubani è l’annuncio di Gesù Cristo e il suo messaggio di amore, di perdono e di riconciliazione nella verità. Una popolo che percorre questo cammino di armonia è un popolo che nutre la speranza di un futuro migliore».

(©L'Osservatore Romano 27 gennaio 2012)

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