sabato 7 gennaio 2012

Il cardinale Ries e l'homo religiosus (Andrea Tornielli)

Il cardinale Ries e l'homo religiosus

ANDREA TORNIELLI

«L’uomo è stato fin dalla sua origine uomo religioso».

Il sacerdote belga Julien Ries, 92 anni, a lungo docente all’università cattolica di Lovanio, è il fondatore di un nuovo campo del sapere, l’antropologia religiosa fondamentale. Fautore del dialogo tra le religioni, Ries sarà creato cardinale il prossimo 18 febbraio. La sua esistenza è stata dedicata agli studi sul sacro nelle diverse culture: ha una bibliografia immensa e la sua opera omnia viene pubblicata in italiano dall’Editoriale Jaca Book.

Lei arriva alla porpora dopo una vita di ricerca: è stato tra i primi a insistere sulla dimensione religiosa come originaria nell’uomo. Il senso religioso è davvero connaturato?

«Sono molto d’accordo con il paleoantropologo Yves Coppens, lo scopritore di Lucy, il quale da anni ripete che l’uomo è da subito uomo religioso».

Come si documenta questa affermazione?

«Consideriamo questo uomo religioso quale lo conosciamo attraverso i fatti e i gesti della storia: se analizziamo le sue pitture ritrovate in centinaia di grotte, sinora scoperte, le sue migliaia di incisioni rupestri, se esaminiamo il suo comportamento riguardo ai defunti, se cerchiamo di interpretare i gesti della sue mani levate verso la volta celeste – il “Ka” degli antichi egizi – siamo obbligati a pensare a un’esperienza di relazione vissuta in maniera cosciente dall’uomo arcaico con la realtà misteriosa e ultra terrena».

Qual è il ruolo dei testi sacri delle varie religioni?

«I libri sacri dell’umanità costituiscono un prodigioso patrimonio che storici e altri specialisti tentano di analizzare per comprendere il discorso con cui l’uomo religioso e simbolico ha tradotto la propria esperienza. L’insieme di questo discorso è coerente dal paleolitico fino ai nostri giorni. Cosa che ci porta a pensare a un’unità dell’esperienza spirituale dell’umanità».

Oggi certi simboli religiosi sembrano dividere piuttosto che unire. È possibile la convivenza tra religioni differenti nelle nostre società?

«Il cristiano è tenuto a comprendere e a beneficiare dell’apporto delle altre culture. I padri della Chiesa avevano già compreso questo. Da ciò la ricchezza dell’epoca ellenistica per la cultura cristiana dei primi secoli e la grande importanza del Rinascimento. La sua domanda sottintende l’obiezione di Claude Levis Strauss che ha tentato di determinare il funzionamento dello spirito umano rifiutando però di cercare nei miti un senso che sarebbe rivelatore delle aspirazioni dell’umanità. Per lui i miti non dicono nulla sulle origini dell’uomo e sul suo destino. La sua ricerca sfocia in una visione completamente materialistica della cultura. Siamo così in presenza di un vero pessimismo».

Che novità ha portato il cristianesimo nella storia religiosa dell’umanità?

«Nel suo discorso costruito sotto forma di parabole, Gesù riprende in parte il simbolismo cosmico e lo pone al servizio dell’annuncio del Vangelo. Vi aggiunge allegorie tratte dalla vita quotidiana. È una teofania nel senso pieno del termine. E questa stessa esistenza è la più grande rivoluzione religiosa della storia. Cristo, dopo avere inviato lo Spirito sugli apostoli, mediante il suo corpo che è la Chiesa continua ad essere presente nella storia».

Quale considera essere la sua scoperta scientifica più importante?

«L’avere individuato la possibilità di costruire un nuovo campo del sapere, l’antropologia religiosa fondamentale. La prima sperimentazione di questa costruzione è stata organizzare su richiesta del mio editore Jaca Book, il Trattato di antropologia del sacro a cui hanno collaborato un centinaio di studiosi e in cui si documenta che il concetto di homo religiosus è operativo e fondamentale per la ricerca sulle religioni e sulle culture. Un lavoro che mette in evidenza l’uomo religioso e la sua esperienza del sacro basandosi sulle tre costanti dell’esperienza stessa: il simbolo, il mito e il rito. L’antropologia fondamentale affronta tutto questo e ci apre nuovi orizzonti sull’uomo anche in tempi di crisi come il nostro».

Che effetto le fa essere nominato cardinale a 92 anni?

«La nomina a cardinale mi riempie di gioia. Non mi riempie di gioia, invece, avere l’età che ho!».

© Copyright La Stampa, 7 gennaio 2012 consultabile online anche qui, sul blog di Tornielli.

2 commenti:

mariateresa ha detto...

il pare di Allen
http://ncronline.org/news/vatican/five-things-know-about-newest-cardinals

mariateresa ha detto...

naturalmente era il parere