I progressi delle relazioni ecumeniche con le Chiese ortodosse orientali
Passo dopo passo nella giusta direzione
di GABRILE QUICKE
Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani
Nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2011, Papa Benedetto XVI ha sottolineato che "le grandi religioni possono costituire un importante fattore di unità e di pace per la famiglia umana". Per questo, nell'ottobre del 2011, egli ha invitato i fedeli cristiani di varie confessioni, insieme ai rappresentanti di diverse tradizioni religiose, a farsi pellegrini della verità e della pace per commemorare il venticinquesimo anniversario della Giornata mondiale di preghiera per la pace che era stata voluta da Papa Giovanni Paolo II nel 1986 ad Assisi. Hanno partecipato all'evento rappresentanti di varie Chiese ortodosse orientali: la Chiesa siro-ortodossa d'Antiochia, il Catolicossato di tutti gli Armeni e la Santa Sede di Cilicia, la Chiesa ortodossa siro-malankarese e la Chiesa assira dell'oriente. Durante l'incontro nella basilica di Santa Maria degli Angeli, Norvan Zakarian, arcivescovo primate della diocesi di Francia della Chiesa armena apostolica, della Santa Sede di Etchmiadzin, ha riflettuto sul fatto che la promozione della pace nel mondo costituisce parte integrante della missione secondo la quale la Chiesa continua l'opera redentrice del Cristo sulla terra.
Quanto alle relazioni con le Chiese ortodosse orientali, ogni anno alla fine di gennaio ha luogo la plenaria della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali. I rappresentanti cattolici e ortodossi orientali, delegati dalle loro Chiese, si sono riuniti nel 2011 dal 25 al 28 gennaio, co-presieduti dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani (Pcpuc), e dal metropolita Bishoy di Damiette, segretario generale del santo sinodo della Chiesa copta ortodossa. L'incontro si è tenuto a Roma presso la "Domus Internationalis Paulus VI", ospitato dal Pcpuc.
Durante la plenaria, i membri hanno proseguito il loro studio sulla comunione che esisteva tra le Chiese fino alla metà del V secolo e sul ruolo del monachesimo in tale contesto. Più precisamente, si è riflettuto sulle espressioni concrete di comunione e di comunicazione vigenti tra le Chiese prima della loro separazione. Di fatti, la comunione si esprimeva principalmente attraverso varie forme di comunicazione. Vi era un senso comune di responsabilità di ogni Chiesa locale verso le altre Chiese, che si manifestava chiaramente nello scambio di lettere e nelle decisioni sinodali. Questa prassi permetteva di incoraggiarsi e stimolarsi vicendevolmente, come pure di sollecitare e fornire chiarimenti teologici e disciplinari. Lo scambio, reciproco, testimoniava un notevole livello di comunione tra le comunità locali nei primi secoli di espansione del cristianesimo nell'impero romano e oltre, fino a Paesi come l'Armenia, la Persia, l'Etiopia e l'India. Il fenomeno universale dell'ascetismo cristiano, presente fin dai primissimi tempi, trovò espressione nei movimenti monastici che nacquero dalla fine del terzo secolo in poi in tutte le regioni del mondo cristiano. Si sviluppò così un fruttuoso scambio di scritti spirituali monastici provenienti dall'oriente cristiano, che superava anche le divisioni dottrinali e culturali.
La tradizione malankarese, presente nel Kerala (India del sud), affonda le sue radici nella grande espansione missionaria della Chiesa sira orientale che ha avuto luogo nei primi secoli dell'era cristiana ed è attribuita all'ispirazione dell'apostolo Tommaso. I cristiani di san Tommaso in India formavano una comunità compatta fino al XVII secolo. Dopo l'arrivo dei portoghesi, quest'unità si è rotta e oggi la Chiesa di san Tommaso è divisa in comunità diverse. La Chiesa malankarese in India è composta da due frazioni: la Chiesa siro-ortodossa malankarese, che è in piena comunione con il Patriarca siro-ortodosso d'Antiochia, e la Chiesa ortodossa siro-malankarese che tende a diventare pienamente autonoma. La Commissione mista di dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa siro-ortodossa malankarese ha avuto il suo XIV incontro il 6 dicembre scorso presso il Patriarchal Centre di Puthencruz. I co-presidenti erano il vescovo Brian Farrell, segretario del Pcpuc, e il metropolita Kuriakose Mar Theophilose. Tra i principali punti all'ordine del giorno figuravano la firma dell'accordo sull'uso condiviso di luoghi sacri quali chiese e cimiteri, l'emergere di gruppi pentecostali all'interno delle Chiese, il rapporto sul progetto di traduzione delle preghiere della tradizione siriaca in inglese e in malayalam.
La Commissione mista di dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa siro-malankarese ha tenuto il suo XXI incontro dal 7 all'8 dicembre scorsi a Kottayam presso il Sophia Centre. La riunione è stata co-presieduta dal vescovo Farrell e dal metropolita Gabriel Mar Gregorios, presidente del Dipartimento di relazioni ecumeniche della Chiesa ortodossa siro-malankarese. Varie questioni sono state discusse, tra cui la recezione dell'accordo sull'uso condiviso di luoghi sacri, l'amministrazione del sacramento dell'unzione degli infermi per i fedeli di un'altra Chiesa, la spiritualità monastica nel contesto indiano, il posto di san Pietro nei testi liturgici, Simone in Sant'Efrem e Giacomo di Sarug.
Dal 29 al 30 novembre 2011 si è tenuta la X assemblea generale del Consiglio mediorientale delle Chiese nell'antica città di Paphos, a Cipro, sul tema "La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo" (Atti degli Apostoli, 4, 32). Tutti rappresentanti che formano le quattro famiglie del Consiglio (la Chiesa cattolica, le Chiese ortodosse orientali, le Chiese ortodosse e la comunità evangelica) hanno preso parte all'incontro ospitato dalla Chiesa ortodossa di Cipro rappresentata dal suo arcivescovo, Chrysostomos II. In tale occasione, è stato letto un saluto del cardinale Koch, presidente del Pcpuc, indirizzato ai partecipanti. Il porporato ha sottolineato che il Consiglio mediorientale delle Chiese ha svolto un ruolo considerevole nel promuovere e nel delineare la vita ecumenica in questa regione e ha rafforzato i vincoli cristiani di fratellanza e di testimonianza comune a livello regionale attraverso gli incontri, la formazione, la riflessione teologica, la carità, il dialogo interreligioso e la promozione della dignità umana. Il presidente del Pcpuc ha poi aggiunto che, nel preservare la fede basata sulla Parola di Dio, il Consiglio mediorientale è chiamato a essere un segno di comunione attraverso la testimonianza del messaggio di Cristo e del suo Vangelo di amore e di pace in mezzo a sempre nuove difficoltà, così come è chiamato a essere la voce di tutti i cristiani in Medioriente. I membri del Consiglio sono stati incoraggiati a lavorare insieme in uno spirito di solidarietà e ad affrontare insieme le stesse sfide, in primo luogo i cambiamenti politici derivanti dalla "primavera araba", la questione della libertà di religione e di coscienza, il problema della sofferenza causata dalla discriminazione e dalla violenza, l'emigrazione di molti cristiani che abbandonano la regione. L'assemblea ha anche eletto un nuovo comitato esecutivo e ha nominato, per i prossimi quattro anni, i presidenti e il nuovo segretario generale, nella persona di padre Paul Rouhana, della Chiesa maronita, il quale sostituisce Guirgis Ibrahim Saleh, che è stato eletto segretario generale emerito.
A conclusione, alcune prospettive future sul progresso del dialogo ecumenico. In Ut unum sint, il beato Papa Giovanni Paolo II descrive il dialogo come "una necessità dichiarata, una delle priorità della Chiesa". Il dialogo è più di un semplice scambio di idee; esso è "uno scambio di doni". Papa Giovanni Paolo II inizia la sua lettera apostolica Orientale lumen con le parole "La luce dell'Oriente ha illuminato la Chiesa universale". Di fatti, la cristianità è venuta dall'Oriente e le Chiese orientali hanno apportato alla Chiesa universale grandi ricchezze di saggezza spirituale e teologica, di arte e di cultura.
I frutti più positivi e significativi dell'ecumenismo maturati negli ultimi decenni sono individuabili, più che nei vari documenti comuni, nel nuovo spirito che pervade i rapporti tra le Chiese. Il beato Papa Giovanni Paolo II ha parlato della fraternità cristiana ritrovata come del più importante frutto dell'ecumenismo: ci siamo riscoperti fratelli e sorelle in Cristo, abbiamo imparato ad apprezzarci gli uni gli altri e, insieme, abbiamo intrapreso il cammino verso la piena unità. Il concilio Vaticano II ha riconosciuto le Chiese orientali come vere Chiese di Cristo e i loro sacramenti come veri sacramenti. La comunione reale seppure imperfetta che già esiste permette alle Chiese di riconoscersi vicendevolmente come Chiese sorelle.
Elementi essenziali di unità sono stati mantenuti nonostante la divisione: possiamo essere profondamente riconoscenti del fatto che, dopo quasi millecinquecento anni di separazione, siamo comunque concordi su aspetti fondamentali quali la natura sacramentale della Chiesa, la successione apostolica nel servizio episcopale e l'impellente necessità di testimoniare nel mondo il Vangelo del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Il dialogo è intenzionato a portare avanti la sua riflessione sulla comunione e sulla comunicazione esistite tra le Chiese fino alla metà del V secolo della storia cristiana, sul ruolo esercitato da Roma nel periodo precedente alla separazione avvenuta dopo il concilio di Calcedonia e sul ruolo svolto dal monachesimo.
Ispirandosi all'appello rivoluzionario, lanciato da Papa Giovanni Paolo II nella sua enciclica ecumenica Ut unum sint e confermato più volte da Papa Benedetto XVI, a intraprendere un dialogo fraterno sull'esercizio futuro del primato, il dialogo con le Chiese ortodosse orientali deve incoraggiare i capi delle Chiese e i loro teologi a riflettere sul ministero petrino del primo millennio in un dialogo paziente e fraterno.
Quando si intraprende un pellegrinaggio è raccomandabile non iniziare con passo svelto, perché occorre pazienza per trovare il giusto ritmo di marcia. Analogamente, sulla via verso l'unità cristiana, ci vuole tempo per imparare a camminare insieme, giorno dopo giorno, come pellegrini che sanno di andare avanti ma non scorgono ancora la destinazione finale, la piena unità. I pellegrini medievali cominciavano spesso il loro viaggio percorrendo il labirinto di Chartres, che può essere considerato come un simbolo dell'ecumenismo spirituale. Questo labirinto si compone di molte svolte e curve che rappresentano la ricerca di Dio da parte dei fedeli. Anche l'ecumenismo conosce varie difficoltà e sfide. Quando svoltiamo a una curva, abbiamo spesso l'impressione di avere fatto un passo indietro, ma in realtà continuiamo ad andare avanti. Ciò che occorre è compiere un passo dopo l'altro con pazienza, fiducia e amore. Nel labirinto, pare che esistano problemi d'orientamento. Ma non è così. Non siamo mai lontani dal centro, perché ogni passo è sempre un passo nella direzione giusta. Dobbiamo semplicemente seguire la nostra strada, continuare, procedere, non esitare. Siamo sempre in cammino. Il nostro viaggio ha un obbiettivo - che "tutti siano una sola cosa" - ma la strada è lunga e tortuosa. A volte è difficile misurare i progressi compiuti. La crescita nella fede e nella fiducia non è calcolabile. Ciò che conta è sapere che ci stiamo muovendo, che il Signore stesso ci accompagna come una guida nella notte. Il centro del labirinto dei pellegrini è un fiore sbocciato, diverso da quello degli antichi labirinti dove compariva una creatura mostruosa, temibile e minacciosa. Il labirinto dei pellegrini pone Cristo al centro delle varie svolte della vita. In Cristo non c'è paura. Chiunque vive nell'amore di Cristo, non teme nulla. L'amore ci unisce realmente a Dio e rafforza il nostro legame con gli altri, fino a che quest'unità troverà il suo compimento in cielo.
(©L'Osservatore Romano 21 gennaio 2012)
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