Si può pregare con Twitter. Parola del Papa
di Maurizio Caverzan
«Il silenzio è parte integrante della comunicazione».
Lo afferma Benedetto XVI nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali prevista per il 20 maggio anticipato ieri nel giorno che la Chiesa dedica a San Francesco di Sales, patrono dei media.
Ma oggi, purtroppo, il frastuono è dominante.
Perciò è necessario «creare un ambiente propizio, quasi una sorta di ecosistema che sappia equilibrare silenzio, parola, immagini e suoni». L'uomo contemporaneo è sottoposto a sollecitazioni continue. E spesso manca di un adeguato spirito critico che lo aiuti a vagliare la mole di notizie che lo sommerge. Così finisce per subire la quantità di informazioni che si rovesciano sulla sua giornata. E per subire il sottofondo costante dei media, senza saper trovare il bandolo del groviglio.
Papa Ratzinger è preoccupato da questo frastuono disordinato. E richiama al silenzio come metodo per andare al fondo di s´ stessi. Ma come ha già fatto in passato, non demonizza le nuove tecnologie. Tutt'altro: se usati correttamente, i social network, le app e i pensieri stringati che stanno in un tweet sono un'opportunità di dialogo e incontro tra le persone. Perch´ anche «nella essenzialità di brevi messaggi, spesso non più lunghi di un versetto biblico», sottolinea il Pontefice, «si possono esprimere pensieri profondi se ciascuno non trascura di coltivare la propria interiorità». Ecco perch´ «il flusso continuo di domande» che caratterizza «l'inquietudine dell'essere umano» può trovare nei siti e nei social network un aiuto «a vivere momenti di riflessione, a trovare spazi di silenzio, occasioni di preghiera». Dunque, il messaggio del Pontefice si rivolge a tutti. Ma guarda anche dentro il mondo cattolico. Vengono in mente quei prelati come il cardinal Gianfranco Ravasi, «ministro» vaticano della Cultura, o come l'arcivescovo di Milano Angelo Scola, efficaci frequentatori di Twitter. «Il Papa», ha osservato monsignor Claudio Celli, presidente del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, «ha voluto invitare anche tutta la Chiesa a una profonda riflessione, a capire la necessità delle pause di silenzio». Anche i cattolici, soprattutto nelle polemiche interne, devono imparare ad ascoltare chi la pensa diversamente. Ma non sempre, soprattutto se si pensa a certi siti specializzati, la disponibilità al dialogo è una virtù praticata. Anche la televisione, è stato chiesto a monsignor Celli, deve fare silenzio? «Chiederlo sarebbe un controsenso. In tv c'è bisogno di artisti veri, mentre c'è tanta paccottiglia, anche in molte trasmissioni cosiddette religiose».
Silenzio e parola, dunque. Anche usando le tecnologie avanzate. Messo così quello di Benedetto XVI potrebbe apparire un messaggio contraddittorio. Ma silenzio e parola «sono due momenti della comunicazione che devono equilibrarsi, succedersi e integrarsi». Perch´ ciò accada c'è una conditio sine qua non, insiste Ratzinger, e cioè che «ascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi». «Dove i messaggi e l'informazione sono abbondanti, il silenzio diventa essenziale per discernere ciò che è importante da ciò che è inutile o accessorio». La comunicazione è significativa se scaturisce dalla capacità di coltivare «la propria interiorità», là dove «nasce il pensiero». Solo così potra diventare quell'«ecosistema» che ha al centro la persona.
© Copyright Il Giornale, 24 gennaio 2012 consultabile online anche qui.
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