giovedì 20 settembre 2012

L'uomo della pace. Intervista all'arcivescovo Angelo Becciu sul viaggio del Papa in Libano (Ponzi)



Intervista all'arcivescovo Angelo Becciu

L'uomo della pace

di Mario Ponzi

Il vero volto dell'islam non corrisponde a quello mostrato dai fondamentalisti. Il credente musulmano è prevalentemente un moderato e, grazie alla sua religiosità, riesce a intuire se un interlocutore viene a parlare in nome di Dio o a propagandare idee vuote. Così ha detto tra l'altro, in un'intervista al nostro giornale, l'arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, esprimendo una convinzione che ha avuto evidente conferma nell'interesse e nel rispetto con cui i capi musulmani hanno accolto Benedetto XVI in Libano. Nell'intervista il presule -- che come di consueto ha accompagnato il Pontefice nel viaggio -- ha anche insistito sul coraggio del Papa in un contesto difficile e drammatico come quello attuale.

Le giornate libanesi di Benedetto XVI saranno ricordate per più di un motivo. Avendole vissute così da vicino, che percezione ne ha avuto?

Si è trattato di un viaggio storico. Così come storico è stato quello in Terra Santa nel 2009. In questa occasione poi, il Papa ci ha dato un esempio di coraggio davvero impressionante. Con l'aggravarsi della situazione in Siria e il montare delle manifestazioni violente in altri Paesi vicini, si sarebbe potuto pensare che la scelta più logica e di buon senso fosse l'annullamento del viaggio in Libano. Invece Benedetto XVI, come ha esplicitamente dichiarato ai giornalisti che lo hanno accompagnato, non ha mai pensato di rinunciare al suo progetto, convinto che rischi e pericoli non debbano essere di ostacolo a chi porta l'annuncio della pace e del Vangelo. Con la sua determinazione ci ha dato così un esempio e un insegnamento chiarissimi.

L'attenzione, la simpatia e l'affetto che cristiani e musulmani, insieme, hanno dimostrato al Pontefice in terra libanese, come si conciliano con quanto sta accadendo in Medio Oriente e in altri Paesi?

Se era scontato l'affetto dei cristiani, non altrettanto si poteva prevedere per i musulmani. A colpire infatti è stata l'accoglienza calorosa, e certo non di maniera, che al Papa hanno riservato proprio i capi musulmani e molti credenti dell'islam. Come spiegarlo? Sono convinto, anche per l'esperienza diretta che ho vissuto con i musulmani in Sudan, di una realtà: il volto autentico dell'islam non corrisponde a quello rappresentato dai fondamentalisti. Il credente musulmano autentico è di per sé moderato e, proprio grazie alla sua religiosità, è capace di intuire se qualcuno viene in nome di Dio o se è un propagatore di idee vuote. E i musulmani libanesi hanno capito immediatamente che Benedetto XVI veniva in nome di Dio. Ripenso a quanto mi disse un ambasciatore islamico di un Paese dell'Africa settentrionale nel 2009 alla vigilia della visita di Benedetto XVI in Angola: «Si ricordi che il Papa non è solo il padre dei cattolici, ma di tutta l'umanità. Per questo siamo contenti anche noi musulmani di poterlo vedere e ascoltare: egli è l'uomo della pace».

Tenuto conto dell'accoglienza avuta dall'esortazione post-sinodale e dal messaggio deciso e forte di Benedetto XVI, quali conseguenze potrà avere il viaggio papale?

Entriamo nella logica del Vangelo: si getta il buon seme e poi con pazienza si attende che si sviluppi. La visita del Pontefice ha dato spunto -- ne sono certo -- per una profonda riflessione ai responsabili politici e anche alla gente semplice. Significativi, in proposito, molti editoriali dei giornali libanesi: erano ispirati ad ammirazione per la chiarezza delle parole del Papa e per il suo coraggio impressionante. In questo modo si cominciano a creare una mentalità e una cultura della pace che prima o poi daranno frutti.

E la Chiesa cattolica in Medio Oriente saprà riscoprire la forza della comunione, come ha chiesto Benedetto XVI?

I cristiani hanno ricevuto da Gesù il metodo più efficace per convertire il mondo: «Siate uno, come io e il Padre siamo uno... da questo sapranno che siete miei discepoli». Se tutti i cristiani nel Medio Oriente come in Occidente dessero più valore concreto e quotidiano a questa consegna, forse tanti problemi che viviamo verrebbero risolti più facilmente e non perderemmo tempo in dispute o nella ricerca di sofisticate iniziative pastorali per attrarre la gente in chiesa.

Qual è stato, nei giorni trascorsi in Libano, il momento che lei ha vissuto più intensamente?

Sono state tutte giornate esaltanti e significative. In particolare, però, sono rimasto fortemente impressionato dagli applausi ripetuti e prolungati dei giovani, che hanno sottolineato vari passaggi del discorso del Papa, quasi volessero significare la loro piena adesione alle sue parole. Benedetto XVI non offriva frasi di circostanza o di semplice consolazione, ma li invitava a essere seguaci autentici di Cristo, pronti ad andare controcorrente nel testimoniare la fedeltà al Vangelo; ma soprattutto pronti a mettere Dio al primo posto tra le scelte quotidiane e a vedere nel vicino un fratello, a qualsiasi razza o religione appartenga. Sono questi i capisaldi della civiltà dell'amore e della pace.

(©L'Osservatore Romano 21 settembre 2012)

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