Incontro ecumenico. Il patriarca Younan: essere testimoni comuni di Cristo in Medio Oriente
Significativamente, l’ultimo evento del viaggio apostolico del Papa in Libano sarà l’incontro ecumenico, ospitato oggi pomeriggio nel Patriarcato siro-cattolico di Charfet. Sull’importanza che questa visita in Libano potrà dare all’impegno per l’unità dei cristiani, il nostro inviato Alessandro Gisotti ha intervistato il patriarca siro cattolico Youssif Younan:
R. - Noi abbiamo la speranza che aprirà una nuova strada per riconoscerci gli uni gli altri, per rispettarci, per arricchirci gli uni gli altri … Questa è la nostra speranza: che noi qui in Medio Oriente, come battezzati, non possiamo testimoniare la nostra fede, se non quando viviamo una vera comunione tra di noi. Prima di tutto le Chiese cattoliche, sicuramente diverse nei riti e nelle tradizioni, però chiamate a vivere la comunione vera dato che queste Chiese cattoliche sono unite alla sede romana. Poi, anche tra cattolici ed altri battezzati dobbiamo sapere andare oltre il passato – a volte triste - delle controversie teologiche, oltre le formule dogmatiche, per ritrovare il Signore che ci ha detto di amarci gli uni gli altri e di essere uniti in Lui. Quindi, noi non potremmo - come cristiani - vivere la nostra missione di evangelizzare, di testimoniare se non nella comunione vera. Qui c’è ancora da lavorare. Però, noi non possiamo lamentarci e dire, come alcuni fanno, che i cristiani devono unirsi: noi siamo già uniti, nella fede siamo già uniti. Poi, sul piano pastorale, abbiamo bisogno ancora di fare degli sforzi …
D. - Il tema del Sinodo è stato “Comunione e testimonianza”. Ecco, quanto è importante la testimonianza comune dei cristiani nel rapporto, nel dialogo con i musulmani?
R. - In Occidente non si comprende ancora quali sfide dobbiamo affrontare in questo mondo nel quale viviamo. Noi non abbiamo il permesso di evangelizzare, come lo avete voi nel mondo cosiddetto democratico oppure cosiddetto laico. Quindi, noi non dobbiamo ingannarci: certo, dobbiamo essere sempre fiduciosi nel Signore che ci ha promesso di essere con noi, però dobbiamo lavorare tutti, sia in Oriente sia in Occidente, affinché si possa arrivare a sistemi nei quali si rispetti la libertà vera di religione e di coscienza, libertà dell’espressione religiosa. Di questo abbiamo bisogno. E l’Occidente deve aiutarci a chiedere alle istanze internazionali di essere coerenti con i diritti dell’uomo. Noi viviamo nel XXI secolo, non viviamo più nel Medio Evo! Quindi, noi abbiamo bisogno che l’Occidente ci aiuti e che questo aiuto non si risolva in sforzi piuttosto ipocriti che dicono: “Voi vivete in questo mondo, dovete accettare la logica di questo mondo”. Va bene. Noi accettiamo la logica di questo mondo, ma vogliamo vivere la nostra fede. Ma non ce la lasciano vivere con libertà, e quindi non possiamo esprimere la nostra fede nella verità. E qui io mi richiamo a ciò che il Santo Padre ci ha insegnato e che ha scritto: proclamare la verità nella carità e vivere la carità nella verità.
Sulla testimonianza comune dei cristiani in medio Oriente, ascoltiamo anche mons. Joseph Mouawad, vescovo della Curia Patriarcale Maronita:
R. – I cristiani, soprattutto in Libano, sono chiamati ad essere sempre più uniti e la visita del Santo Padre li aiuta in questo, come li aiuta anche a riscoprire di nuovo la loro missione in Medio Oriente, che è quella di essere testimoni di Gesù Cristo, per trasmettere alla società del Medio Oriente la verità di Cristo e l’amore di Cristo, tramite la parola e l’azione.
D. – La visita si conclude proprio con un incontro ecumenico. Come si guarda a questo momento?
R. – Certamente in Oriente ci sono diverse Chiese – soprattutto le Chiese ortodosse – e ci sono comunità protestanti - e il Sinodo ha incoraggiato la Chiesa a promuovere di più le relazioni con gli altri cristiani.
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