venerdì 7 settembre 2012

In terre tribolate. Gregorios III Laham accoglierà Benedetto XVI ad Harissa, in Libano (Sir)


PAPA IN LIBANO

In terre tribolate

Gregorios III Laham accoglierà Benedetto XVI ad Harissa

Sarà lui ad accogliere Benedetto XVI, alle ore 18 del 14 settembre, giorno del suo arrivo a Beirut, all’ingresso della chiesa di san Paolo ad Harissa, dove verrà firmata l’Esortazione apostolica post-sinodale dell’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi. Nativo di Daraya, città siriana al centro in questi giorni di violenti attacchi, che hanno visto la morte di molti bambini, il patriarca greco-melkita di Antiochia e di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme, Gregorios III Laham, racconta a Daniele Rocchi, del Sir, l’attesa della Chiesa mediorientale per questo viaggio apostolico che sancirà la promulgazione dell’Esortazione “La Chiesa in Medio Oriente”, documento di portata storica frutto del primo Sinodo dedicato al Medio Oriente, svoltosi in Vaticano nell’ottobre 2010. Con un pensiero alla Siria…

Patriarca, lei saluterà il Pontefice all’ingresso della chiesa di san Paolo, ad Harissa, prima della firma dell’Esortazione. Cosa gli dirà?

“Ringrazierò il Pontefice per la sua vicinanza e il suo interesse a questa tribolata regione mediorientale, alle sue popolazioni, alle comunità cristiane. La sua visita è per noi cristiani una conferma nella fede e sostegno a proseguire sulla strada dell’impegno per la pace e la fratellanza non solo in Libano e Siria ma ovunque in queste terre”. 

Un viaggio storico per promulgare un’Esortazione molto attesa dalle Chiese del Medio Oriente…

“La visita apostolica che sta per cominciare è molto importante per tutti i Paesi arabi e credo di poter dire che si tratti di una visita a tutto il mondo arabo e musulmano. Essa reca con sé un messaggio di dialogo e di riconciliazione, un invito alla convivialità, al rispetto reciproco, alla libertà. Si tratta di valori importanti per l’avvenire dei Paesi arabi in questo tempo definito di ‘primavera’. La presenza di Benedetto XVI è un segno della presenza di Dio e della Provvidenza in questo particolare momento”.

Cosa vi aspettate da questo testo? 

“Questa Esortazione è frutto del pensiero del Santo Padre e del Sinodo che si riunì a Roma nell’ottobre 2010. In quel Sinodo abbiamo presentato la situazione, offerto proposte, e il Papa le ha raccolte. Ci aspettiamo, innanzitutto, un invito al dialogo. Il cammino della Chiesa qui è lungo duemila anni, non cominciamo da zero; la situazione che abbiamo rappresentato tiene conto di questo come anche delle nostre attività a sfondo sociale, scuole, ospedali, centri di accoglienza, del nostro zelo verso tutti, musulmani e non. Tutto ciò per noi è fonte di testimonianza e di unità. L’ecumenismo nei Paesi arabi per noi è un modello, le relazioni sono molto buone e lo sono anche con l’Islam, malgrado la situazione attuale che rischia di rovinare tutto questo patrimonio comune. Il dialogo con i musulmani deve essere implementato, poiché rappresenta una garanzia per il dialogo in tutto il mondo”.

La visita del Papa e la promulgazione dell’Esortazione giungono in un momento particolarmente difficile per diversi Paesi mediorientali. Pensiamo alla Siria, il suo Paese, in preda a un conflitto che sta seminando divisione e morte. Lei ha da poco lanciato un appello al mondo perché aiuti la riconciliazione invocando una campagna internazionale per la pace in Siria…

“Non è solo un appello per il mio Paese. Ho voluto richiamare alla riconciliazione e al perdono perché è ciò che Gesù ci ha insegnato e vale per tutte le nazioni. Sulla Siria gravano molteplici interessi di diverse nazioni di opposte vedute. Se invece la comunità internazionale, in primis Russia, America ed Europa, si mettesse insieme per trovare un accordo condiviso tutto questo massacro finirebbe e non solo in Siria. Solo così si creerebbe il clima giusto per dare spazio a tutte quelle forze pacifiche interne che nel silenzio stanno lavorando per tessere legami e rafforzare la convivenza. Ho lanciato un appello anche ai miei concittadini di Daraya, dove abitano meno di duemila cristiani su oltre 200 mila abitanti, per dire loro di non coltivare l’odio e la vendetta ma di essere solidali gli uni gli altri specie dopo i gravi scontri di una settimana fa”.

Nel suo appello fa riferimento a un passo del Corano e a uno del Vangelo che inneggiano alla pace e alla convivenza. Lei crede veramente che in Siria ci spazio per il dialogo?

“Se cristiani e musulmani riusciranno ad essere uniti qui il mondo sarà unito. Dobbiamo prepararci alla riconciliazione, se così non fosse l’avvenire sarà buio. Spetta anche a noi cristiani, figli della speranza e della luce testimoniare il messaggio di pace e di resurrezione”.

© Copyright (Sir)

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