martedì 4 settembre 2012

Il Papa: la saggezza è l'arte di vivere e morire bene. Basta con i teologi che si passano la palla (Izzo)

PAPA: LA SAGGEZZA E' L'ARTE DI VIVERE E MORIRE BENE

Salvatore Izzo

(AGI) - Castel Gandolfo, 4 set. 


"Saggezza e' l'arte dell'essere uomini,  l'arte di poter vivere bene e di poter morire bene". 
Benedetto XVI ha voluto ricordarlo nella messa celebrata domenica mattina con i suoi ex allievi nei corsi di teologia da lui tenuti negli anni '60 e '70 a Tubinga e Ratisbona. Il testo dell'omelia tenuta completamente a braccio in tedesco e' stato diffuso oggi dalla Sala Stampa della Santa Sede, dopo che alcuni brani erano stati anticipati dalla Radio Vaticana e che il Pontefice stesso aveva ripreso all'Angelus il tema del rischio di oscurare la verita' comportandosi come i farisei, cioe' vivendone solo una parte, quella esteriore. 
"Si puo' vivere e morire bene - ha spiegato invece nell'omelia rivolta ai suoi ex studenti il professor Ratzonger - solo quando si  e' ricevuta la verita' e quando la verita' ci indica il cammino".
Il Papa ha esortato dunque quanti hanno la fede "a essere  grati per il dono che noi non abbiamo inventato, ma che ci e' stato dato in dono, e vivere nella saggezza; imparare, grazie al dono di Dio, ad essere uomini in modo retto".
Ai teologi tedeschi il Pontefice ha poi ricordato in proposito le parole del  Deuteronomio: "dov'e' un popolo al quale Dio e' cosi' vicino come il nostro Dio e' vicino a noi, ogni volta che lo invochiamo?". "Nell'Eucaristia questo e' diventato piena realta'", ha rilevato rilevando pero' che tale vicinanza "non e' solo un aspetto esteriore: qualcuno puo' stare  vicino al tabernacolo e, allo stesso tempo, essere lontano dal Dio vivente". 

Per Benedetto XVI infatti, "cio' che conta e' la vicinanza interiore! Dio ci e' diventato cosi' vicino che Egli stesso e' un uomo: questo ci deve sconcertare e sorprendere sempre di nuovo". 
"Dio - ha spiegato - e' cosi' vicino che e' uno di noi. Conosce l'essere umano, il 'sapore' dell'essere umano, lo conosce dal di dentro, lo ha provato con le sue gioie e le sue sofferenze". 
"Come uomo - ha detto ancora il Papa teologo - Dio mi e' vicino, e' 'a portata di voce', cosi' vicino - cioe' - che mi ascolta e  che posso sapere: Lui mi sente e mi esaudisce, anche se forse non come io me lo immagino". 
"Quale Dio - ha infine ripetuto Ratzinger - e' cosi' vicino come il nostro Dio lo e' a noi? Cosi' vicino da essere uno di noi, da toccarmi dal di dentro. Si', da entrare dentro di me nella santa Eucaristia". E' questo, ha ammesso, "un pensiero perfino sconcertante e San Bonaventura ha utilizzato, una volta, nelle sue preghiere di comunione, una formulazione  che scuote, quasi spaventa: 'mio Signore, come ha potuto venirti in mente di entrare nella sporca latrina del mio corpo?".  
"Si' - ha concluso il Pontefice - Dio entra dentro la nostra  miseria, lo fa con consapevolezza e lo fa per compenetrarci, per pulirci e per rinnovarci, affinche', attraverso di noi, in noi, la verita' sia nel mondo e si realizzi la salvezza. Chiediamo al Signore perdono per la nostra indifferenza, per la nostra miseria che ci fa pensare solo a noi stessi, per il nostro egoismo che non cerca la verità, ma che segue la propria abitudine, e che forse spesso fa sembrare il Cristianesimo solo come un sistema di abitudini. Chiediamogli che Egli entri, con potenza, nelle nostre anime, che si faccia presente in noi e attraverso di noi, e che cosi' la gioia nasca anche in noi: Dio e' qui, e mi ama, e' la nostra salvezza". 

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PAPA: BASTA CON I TEOLOGI CHE SI PASSANO LA PALLA



Salvatore Izzo

(AGI) - Castel Gandolfo, 4 set.


Nell'omelia pronunciata domenica in occasione dell'incontro con i teologi suoi ex allievi a Tubinga e Ratisbona, Benedetto XVI ha  lanciato "un avvertimento circa l'intellettualizzazione della fede e della teologia". "E' - ha confidato - un mio timore in questo tempo, quando leggo tante cose intelligenti: che diventi un gioco dell'intelletto nel quale 'ci passiamo la palla', nel quale tutto e' solo un mondo  intellettuale che non compenetra e forma la nostra vita, e che quindi non ci introduce nella verita'".
Commentando il brano letto durante la liturgia, che contiene il monito: "Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi", il Papa ha quindi aggiunto: "credo che queste parole di san Giacomo si dirigano proprio a noi come teologi: non solo ascoltare, non solo intelletto, fare, lasciarsi formare dalla verita', lasciarsi guidare da lei". "Preghiamo il Signore - ha quindi esortato il Papa sempre rivolto ai teologi tedeschi - che ci accada questo, e che cosi' la verita' diventi potente sopra di noi, e che conquisti forza nel mondo attraverso di noi".


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