lunedì 23 gennaio 2012

Spirito e materia. I mosaici della cappella della casa romana della Fraternità san Carlo Borromeo

I mosaici della cappella della casa romana della Fraternità san Carlo Borromeo

Spirito e materia

La rappresentazione della Trinità nell'ultima opera di Marko Ivan Rupnik

L'artista gesuita Marko Ivan Rupnik, in collaborazione con gli artisti del Centro Aletti, ha realizzato un mosaico nella cappella della Casa di formazione della Fraternità san Carlo Borromeo a Roma. Per l'occasione è stato pubblicato il libro La trasfigurazione della materia (Genova-Milano, Marietti, 2011, pagine 115, euro 25, con fotografie di Stefano Ciol). Riportiamo alcuni stralci dal capitolo scritto dal vicerettore della casa di formazione.

di JONAH LYNCH

Quando entro nella nostra cappella con il nuovo mosaico, la mia prima impressione è gioia e meraviglia. Tutto è inondato di luce. Fa respirare, questo mosaico. Fa anche inginocchiare. Ci inginocchiamo volentieri, e ci rendiamo conto di assumere la nostra vera statura. Come una scultura, il mosaico cambia drammaticamente con l'illuminazione. Alla mattina, alcuni raggi del sole colpiscono direttamente la parete decorata. È affascinante seguire il loro percorso sulle pietre. Ogni giorno illuminano luoghi diversi. Alcuni dei colori sono fortissimi - rosso, blu, oro - ma si armonizzano bene fra loro e con le tonalità più calde e pacifiche delle altre pietre. Una grande macchia di verde, la quercia di Mamre, dà riposo agli occhi. Anche sotto i piedi della Madonna e dei discepoli ci sono piccole macchie di verde, come a dire che la terra arida fiorisce dove si ascolta la Voce.
All'ora media, verso le 3 del pomeriggio, tutto l'oro canta silenziosamente la presenza del Mistero. (...) È una presenza buona, che ci attrae. È anche una presenza tenace, che penetra le ombre della distrazione e ci chiama a vivere all'altezza della nostra vocazione. Riempie i nostri occhi con la realtà divina, somma e definitiva.
Certe volte è una presenza scomoda - penso ai tre angeli che rappresentano la Trinità. Le loro ali sono fatte con specchi tagliati come lame, che in ogni momento rimandano una luce accecante, quasi brutale, a volte insopportabile. Sono lame affilate: il sacro è ciò a cui non ci si può avvicinare senza rimanere feriti. Anche il pellicano sulla fronte dell'altare ha questa forza. Mentre si curva con decisione a ferirsi e così dare da mangiare ai piccoli nel nido, le sue ali si stagliano contro uno sfondo rosso e oro, sangue e luce. I frammenti di vetro che compongono le sue ali sono così taglienti che uno ha paura di avvicinarsi. In questo modo, il sacrificio di Cristo è reso drammaticamente visibile nell'unità tra la forza decisa ed elegante del collo del pellicano, e l'impressione di dolore e pericolo creato dai materiali. Nulla è più serio del sacrificio per amore; nulla è più necessario.
A compieta, fa buio in cappella e soltanto un paio di fari sono accesi sulla Madonna. A quell'ora le candele gettano una luce calda e tremolante sulle figure rimaste nella penombra. E in ogni momento, il più piccolo spostamento del punto di vista, camminando o anche semplicemente alzando leggermente la testa, muove la luce specchiata dagli ori e dalle pietre lucidate. Tutto vibra, tutto vive.
Il mosaico presenta delle novità artistiche importanti. La Trinità, in particolare, è una nuova raffigurazione, un nuovo tentativo di rappresentare la Tri-unità. Anche l'atteggiamento di padre Rupnik e dei suoi artisti davanti al loro compito indica una novità significativa. Non si domandano in primo luogo qual è il linguaggio artistico adeguato al nostro tempo, non si perdono nel tentativo di unire a posteriori "contemporaneità" con "fedeltà al Magistero". Sanno che ciò che non nasce unito non potrà mai essere unito in seguito.
È indiscutibile che molte lezioni dell'arte contemporanea entrano a far parte del disegno e del modo di usare i materiali nei mosaici del Centro Aletti.
Tuttavia la forma di questi mosaici nasce in un punto più profondo che non la semplice preoccupazione di non ripetere il passato, e di non fare un'arte pietistica e ripiegata su se stessa. La loro forma nasce invece dall'esperienza dell'essenziale, dal rapporto vitale e quotidiano con Cristo nei sacramenti e nella comunione della Chiesa. Questo è il nucleo perenne che ha generato le novità più sorprendenti nella storia dell'arte cristiana. Queste novità non nascono dall'emulazione degli artisti del momento, ma dalla fiducia che lo Spirito opera sempre.
All'artista è chiesto di entrare a partecipare all'opera del Creatore. Quale compito è più arduo? L'uomo è "immagine e somiglianza" di Dio Creatore; l'artista ne è la profezia realizzata. Quale compito è più pericoloso, più pieno di insidie?
A qualcuno l'ebbrezza della creazione infiamma l'orgoglio, e lo acceca; a un altro i facili sentimenti fiaccano lo spirito e lo rammolliscono. Solo lo Spirito può operare la sintesi tra l'intelligenza e il sentimento, tra la libertà e l'obbedienza, portando a fruizione i doni divini che l'artista ha ricevuto.

(©L'Osservatore Romano 22 gennaio 2012)

1 commento:

Anonimo ha detto...

segnalazione x Raffy:ieri sera su radio Maria è andata in onda una trasmissione sullo spettacolo di Castellucci molto interessante, con vari ospiti qualificati,vedi di recuperarla se puoi.Ciao.