Il futuro dottore della Chiesa nacque il 6 gennaio ad Almodóvar del Campo
L'Epifania di san Giovanni d'Ávila
di María Encarnación González Rodríguez*
*Postulatrice della causa del dottorato di san Giovanni d'Ávila
La Lettera 43 di san Giovanni d'Ávila è un autentico tesoro. È rivolta a una signora e le dice «come deve andare ad adorare il Bambinello con i Re Magi, guidata dalla stella della fede, e che deve offrirgli oro di amore divino». Il tema centrale, come nella maggior parte della sua opera scritta, è l'amore: «Chi ama mette davanti tutto ciò che ha e desidera, perché prima si perda ciò che non lo tocca nell'amore. E ha il proposito fermo e duro, come di osso, di non perdere l'amore del Signore, sebbene rischi tutto ciò che è e può essere. Così deve essere l'oro che vostra signoria offre al Bambinello nato in povertà, affinché offra aprendo il suo scrigno, come fecero i Re Magi (cfr. Matteo, 2, 11). Apra, quindi, il suo cuore e ponga in esso il Bambinello nato, poiché vive solo quel cuore in cui Egli sta; e poiché è poco pesante, non lo tolga dal suo seno come il sacchetto di mirra di cui parla la Sposa (Cantico, 1, 13). Lo tratti con riverenza perché è Dio; osi comunicarsi con Lui, poiché è bambino, e tanto soave ha il cuore, come pare dal di fuori» (Obras Completas, BAC 2000, iv, 222).
Con questo castigliano d'oro san Giovanni d'Ávila si riferiva al mistero dell'Epifania, festa di per sé importante, ma per lui in modo particolare: infatti era nato il 6 gennaio, giorno in cui la Chiesa celebra la manifestazione del Signore a tutti i popoli. È ciò che avrebbe fatto lui nel corso dell'intera sua vita di “predicatore evangelico” in chiese, piazze e strade: far conoscere l'amore di Dio che invita e attrae tutti.
L'anno della sua nascita non è ben chiaro. Fra' Luigi di Granada, suo discepolo, amico e primo biografo, dopo aver indicato «il giorno in cui nacque, che fu quello dell'Epifania», non dice l'anno. Il licenciado Alonso Muñoz, nella biografia del santo maestro che scrisse poco dopo, si sofferma sulla cronologia ma senza chiarirla. Studi più recenti parlano del 1499 o 1500, fatto confermato dall'iscrizione di un antico quadro del monastero dell'Incarnazione a Granada, molto frequentato dal maestro, che dice: «Nacque nella cittadina di Almodóvar del Campo e morì a Montilla il 10 maggio 1569, a settant'anni compiuti».
Fu probabilmente battezzato nell'ottava dell'Epifania, quando la Chiesa celebra il battesimo di Gesù a opera del suo precursore Giovanni. Da qui forse il suo nome. È passato alla storia come “Giovanni d'Ávila”, ma lui firmava con la forma latinizzata più colta “Johannes de Ávila”, come si vede dai manoscritti autografi conservati. All'epoca era però conosciuto come “padre Ávila”, cognome molto comune nella zona. E anche, e con notevole frequenza dal 1538, come “padre maestro Ávila” o “maestro Ávila”. Solo nel 1556, nell'edizione della sua opera Una breve regola di vita cristiana, mise dopo il titolo “composta dal Reverendo Padre Maestro Johannes de Ávila”.
«Fu patria del venerabile Maestro Giovanni d'Ávila -- scrive Muñoz -- la nobile e molto leale cittadina di Almodóvar del Campo, posta in quel di Calatrava, a cui deve la sua fama. Appartiene all'arcivescovado di Toledo, sede primaziale delle Spagne». Allora era così; oggi fa parte della diocesi-priorato di Ciudad Real.
Questa tranquilla cittadina, che riposa bianca e serena nella pianura della Mancia, è testimone dei primi anni di vita di Giovanni, figlio unico di «Alonso d'Ávila e di Catalina Gijón, fra le famiglie più oneste e illustri di Almodóvar, possidenti, ma quel che più importa, timorosi di Dio e osservanti della sua legge», secondo Muñoz.
Non mancano aneddoti sulla sua infanzia, come quando scambiò il suo vestito nuovo con quello di un bambino povero della sua età. Ma la cosa più importante è che, a 18 anni, dopo quattro trascorsi nell'università di Salamanca studiando diritto, abbandonati tali studi dopo un'esperienza di conversione, lo troviamo di nuovo nella casa paterna dedito a riflettere e a pregare. Furono quasi tre anni nei quali maturò la sua volontà di diventare sacerdote per, secondo fra' Luigi, recarsi poi «nel luogo dove ci fosse più lavoro e più bisogno, e meno onore e plauso del mondo, e così gli sembrò di dover navigare verso le Indie».
Terminati gli studi di Arte e Teologia nella prestigiosa Università di Alcalá de Henares, e ricevuta lì l'ordinazione presbiterale nel 1526, tornò ad Almodóvar, quando già erano morti i suoi genitori, per celebrare la sua prima messa solenne. Impiegò la sua consistente eredità, proveniente da alcune miniere di argento che la famiglia possedeva ad Almadén, per invitare a mangiare dodici poveri e per poi distribuirla interamente ai più bisognosi. E così, senza alcun bagaglio materiale, privo di tutto ma con lo spirito pieno di entusiasmo, lasciò per sempre Almódovar, dirigendosi a Siviglia, al fine di imbarcarsi per il Messico.
Mentre attendeva la partenza della spedizione, secondo fra' Luigi, «avvenne che, andando ogni giorno a dire messa in una delle chiese della città, la disse con tanta devozione e riverenza e con tante lacrime, che padre Contreras, udendola, cominciò a parlargli e a voler sapere qual era il suo proposito. Conosciutolo, si adoperò per distoglierlo da esso, dicendogli che c'era tanto da fare in Andalusia, senza dover attraversare il mare».
Non era tenue il volto della prolungata dominazione musulmana. La Betica aveva ricevuto il Vangelo dall'inizio dell'era cristiana e poteva contare su una ricca tradizione di santi; ma recava impressa l'impronta di secoli di convivenza fra diverse religioni, il che aveva rafforzato la fede di alcuni, confermato quella di altri e indebolito quella di molti. Occorre evangelizzare nuovamente quanti erano disposti a scegliere come regola di vita il Vangelo, per cui Giovanni d'Ávila si vide destinato a questa nuova evangelizzazione.
Restò quindi a Siviglia condividendo casa e povertà con il grande Fernando de Contreras, dottore ad Alcalá, che aveva orientato la sua vita verso la predicazione e la catechesi e che lo aveva spronato a seguire quel cammino.
Giovanni d'Ávila possedeva anche un'ottima preparazione teologica e umanistica e conosceva come pochi la Sacra Scrittura. Aveva inoltre avuto una forte esperienza dell'amore di Dio durante quel paio di anni in cui accuse infondate lo avevano condotto alle carceri dell'inquisizione di Siviglia, da dove era uscito assolto. Divulgò la sua eminente dottrina non da una cattedra universitaria, ma predicando in ogni luogo. Da Siviglia si recò a Córdoba; da qui a Granada e più di una volta giunse predicando fino in Estremadura e in gran parte della Mancia, senza una dimora stabile, finché la sua malattia lo costrinse a rinchiudersi nella sua umile casa di Montilla.
Da quel ritiro continuò a predicare con le sue lettere. Il suo nutrito Epistolario desta oggi meraviglia in chi lo legge.
L'arcivescovo di Granada voleva portarlo con sé come teologo consultore al Concilio di Trento. Giovanni non poté accompagnarlo per motivi di salute, ma gli scrisse due importanti Memoriali su aspetti da riformare nella vita della Chiesa. La chiamata alla santità di tutti i fedeli, la promozione delle diverse vocazioni e la migliore preparazione degli aspiranti al sacerdozio erano state, e continuavano a essere, le sue preoccupazioni principali. A tal fine aveva fondato una quindicina di collegi maggiori e minori e un'università a Baeza, qualificato punto di riferimento per secoli.
Frutto della sua assidua dedizione a orientare le persone è la sua opera principale, l'Audi, filia, un vero trattato di vita spirituale dedicato a una giovane. Scrisse un catechismo, la Dottrina cristiana, che poteva essere cantato, e diede lezioni sulla Bibbia commentando la Lettera ai Gàlati, la Prima lettera di Giovanni o le Beatitudini. Alcuni dei suoi numerosi sermonio dialoghi spirituali sono stati messi per iscritto, per cui oggi possiamo beneficiare del loro prezioso contenuto. E ci ha anche lasciato il Trattato dell'amore di Dio e il Trattato sul sacerdozio, temi a lui tanto cari.
Da quel felice 6 gennaio 1499 o 1500 ad Almodóvar è rimasto vivo il ricordo del maestro Ávila, una delle figure più rappresentative del XVI secolo, che ha contribuito come nessun altro a far sì che l'energia spirituale della prima metà del “secolo d'oro” spagnolo emergesse vigorosa aprendo canali per la rivitalizzazione pastorale della Chiesa. Amico e sostegno di molti santi -- Ignazio di Loyola, Giovanni di Dio, Francesco Borgia, Pietro di Alcantara, Giovanni de Ribera, Teresa di Gesù, Giovanni della Croce -- fu probabilmente il sacerdote più consultato della Spagna del suo tempo.
Con grande fama di santità, su richiesta di due sacerdoti andalusi, la Congregazione dei presbiteri originari di Madrid nel 1623 avviò la sua causa di canonizzazione. Dopo essersi interrotta per mancanza di mezzi, fu ripresa nel 1731 dal cardinale-arcivescovo di Toledo e poi dal suo paese natale, Almodóvar del Campo, dal 1791 fino alla tanto desiderata beatificazione, nel 1894. La Conferenza episcopale spagnola si è poi occupata della sua canonizzazione e del suo dottorato.
Quando, lo scorso 20 agosto 2011, Benedetto XVI ha annunciato a Madrid il dottorato di san Giovanni d'Ávila, le campane di Almodóvar hanno suonato a distesa, riportando nel nostro presente l'eco di quelle che sicuramente suonarono il giorno del battesimo del piccolo Johannes.
(©L'Osservatore Romano 6 gennaio 2012)
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