Il patriarca Twal sul Messaggio del Papa per la pace: educare i giovani del Medio Oriente ad andare controcorrente
Il Messaggio del Papa per la Giornata della Pace ha ricevuto un’attenzione particolare in Medio Oriente dove purtroppo la pace manca da oltre 60 anni. Il Messaggio, intitolato “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”, è stato al centro dell’omelia, ieri, del patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal. Fausta Speranza lo ha intervistato:
R. – Credo che questo messaggio è come se fosse stato fatto per noi, per noi qui in Terra Santa, per la regione del Medio Oriente. Educare i giovani alla giustizia e alla pace è come dire di andare controcorrente. Non è facile, perché abbiamo una cultura di violenza, una cultura che non ci dà pace, e abbiamo una situazione in cui si è persa tanta credibilità nei discorsi politici fatti in tante visite. Nonostante tutto, bisogna andare controcorrente e sperare. Il Santo Padre ci chiede di educare i giovani alla pace e alla giustizia e dobbiamo farlo! Abbiamo tutta una generazione di giovani – sia israeliani che palestinesi – che sono nati e cresciuti nella violenza, con l’occupazione, circondati dai muri; abbiamo tutta una generazione che non conosce ancora dov’è il Santo Sepolcro, a causa di questa situazione politica, per motivi di sicurezza e così via. Nonostante tutto siamo chiamati ad educare alla giustizia e alla pace. Non è facile, lo sappiamo. Tutti i movimenti del mondo arabo di questi giovani pensano ad avere più pace, più giustizia, più dignità, più lavoro.
D. – A proposito di questo, Sua Beatitudine, il Papa è chiaro: chiede di “ascoltare, valorizzare le nuove generazioni nella realizzazione del bene comune”…
R. – Sì, questo è il nostro dovere. I primi movimenti, i primi cambiamenti che si sono avuti nel Nord Africa non avevano un colore politico, non avevano un colore fanatico o rivoluzionario nel senso peggiore: volevano solamente più giustizia, più dignità, più lavoro, più libertà di coscienza e libertà in generale.
D. – Il Papa parla di diritti e libertà fondamentali dell’uomo da rispettare e poi parla anche di bene comune: dunque centralità della persona e anche centralità del bene comune. Quale speranza per il futuro in Medio Oriente?
R. – Torniamo all’educazione e siamo con il Papa al cento per cento, perché è rimasta l’unica voce, come Giovanni Battista, che grida nel deserto. Siamo in un deserto, benché ci si trovi nel cuore delle grandi città, con tanta agitazione politica. Continuiamo però a gridare con il Santo Padre, come Giovanni Battista, sapendo che non siamo soli in questo terreno e che il Signore sta con noi. Andiamo avanti, sperando che quest’anno nuovo sia nuovo in tutti i sensi, anche in senso democratico, nel senso della libertà e della giustizia.
D. – In concreto, se guardiamo al conflitto israelo-palestinese c’è l’appuntamento domani di due delegazioni in Giordania. E’ davvero una ripresa dei negoziati dopo lo stallo che si trascina dal 2010?
R. – So che domani ci sarà questo incontro e noi accompagneremo le due delegazioni, quella israeliana e quella palestinese, con le nostre preghiere e il nostro augurio, perché si arrivi ad una soluzione per il bene di tutti, per la pace di tutti e per la serenità di tutti. Auguriamo molto bene e speriamo altrettanto bene. Non perdiamo la speranza e accompagniamo domani queste delegazioni con la nostra preghiera. Io domani farò un salto in Giordania per augurare buon Natale a tante nostre parrocchie che si trovano in Giordania.
D. – Quindi, in qualche modo è vicino anche fisicamente a questo incontro che può segnare la ripresa...
R. – In tutti i sensi noi siamo vicini: siamo nel cuore della situazione.(ap)
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