Il Papa alla Rota: "Basta giustizia creativa"
Il codice non è sufficiente. Restare in contatto con la realtà ecclesiale. Grazie all'otto per mille annullamenti meno costosi e più diffusi.
Maurizio Gallo
Il vero diritto è inseparabile dalla giustizia. Ma non basta attenersi al codice scritto, è necessario essere permanentemente in contatto con la realtà ecclesiale. «Il principio vale ovviamente anche per la legge canonica, nel senso che essa non può essere rinchiusa in un sistema normativo meramente umano, ma deve essere collegata a un ordine giusto della Chiesa, in cui vige una legge superiore».
Lo ha sottolineato Benedetto XVI durante l'udienza alla Rota Romana per l'inaugurazione dell'anno giudiziario. «No alla giustizia creativa», quindi. «Qualora si tendesse a identificare il diritto canonico con il sistema delle leggi canoniche, la conoscenza di ciò che è giuridico nella Chiesa consisterebbe essenzialmente nel comprendere ciò che stabiliscono i testi legali», ha aggiunto il Papa. Certo, «a prima vista» è un approccio che «sembrerebbe valorizzare pienamente la legge umana. Ma risulta evidente l'impoverimento che questa concezione comporterebbe: con l'oblio pratico del diritto naturale e del diritto divino positivo, come pure del rapporto vitale di ogni diritto con la comunione e la missione della Chiesa, il lavoro dell'interprete viene privato del contatto vitale con la realtà ecclesiale». «Negli ultimi tempi - ha ricordato Ratzinger - alcune correnti di pensiero hanno messo in guardia contro l'eccessivo attaccamento alle leggi della Chiesa, a cominciare dai Codici, giudicandolo una manifestazione di legalismo. Di conseguenza, sono state proposte delle vie ermeneutiche (l'ermeneutica è la metodologia dell'interpretazione ndr) che consentono un approccio più consono con le basi teologiche e gli intenti anche pastorali della norma canonica, portando ad una creatività giuridica in cui la singola situazione diventerebbe fattore decisivo per accertare l'autentico significato del precetto legale nel caso concreto». L'interpretazione della legge canonica, invece, «deve avvenire nella Chiesa» e «va applicata anche alla legge canonica l'ermeneutica del rinnovamento nella continuità». Nel corso della cerimonia è stato fatto notare che l'annullamento dei matrimoni da parte della Rota non è più un privilegio per pochi ricchi. La scelta della chiesa di destinare parte dell'8 per mille al funzionamento dei tribunali ecclesiastici ha, infatti, consentito di abbatterne i costi, rendendo il servizio più facilmente accessibile. Secondo i dati diffusi ieri in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario, sono 1.080, su un totale di 1115, le cause di nullità di matrimonio all'attenzione della Rota Romana. Un effetto dell'annullamento consiste nella possibilità di potersi risposare in chiesa. Ma questo non è l'unico vantaggio.
Il coniuge che ottiene l'annullamento, a differenza del divorziato, non è più tenuto a versare gli alimenti nei confronti dell'ex moglie. Una differenza cruciale in tempi di crisi. Considerato che i motivi per chiedere di invalidare un matrimonio sono spesso difficilmente dimostrabili, il rischio che un matrimonio dichiarato nullo, perché viziato da un errore in origine, si trasformi in «divorzio mascherato» è alto. Gli esempi di cause di nullità che hanno coinvolto personaggi pubblici sono innumerevoli. Un celebre annullamento fu quello che sciolse le nozze del duca Amedeo d'Aosta. Joseph Kennedy, sposato da 12 anni con Sheilla Rauch, ottenne la nullità per una presunta «mancanza della dovuta discrezione». Anche la contessa Alberica Filo della Torre, uccisa nel '91 all'Olgiata, chiese e ottenne l'annullamento del suo matrimonio. Così come lo ottenne, molto tempo prima, l'inventore e fisico italiano Guglielmo Marconi.
© Copyright Il Tempo, 22 gennaio 2012 consultabile online anche qui.
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