giovedì 19 gennaio 2012

Frecce e flagello per il pretoriano di Cristo. Il 20 gennaio la Chiesa ricorda la figura di San Sebastiano (Bisconti)

Il 20 gennaio la Chiesa ricorda la figura di san Sebastiano

Frecce e flagello per il pretoriano di Cristo

Fabrizio Bisconti

San Sebastiano, nel tempo, è stato considerato patrono di molte corporazioni professionali, quali gli arcieri, gli archibugieri, i mercanti di ferro, i tappezzieri e, da ultimo, i vigili urbani. Specialmente questo ultimo patronato dipende, come è ovvio, dalla notizia contenuta nella Passio sancti Sebastiani, un testo leggendario, presumibilmente concepito nella Roma dell’inoltrato v secolo, dove si fa riferimento al fatto che Sebastiano, nato a Milano o a Narbonne, fu guardia pretoriana, al tempo di Diocleziano e Massimiano, facendo una rapida carriera e diventando “guardia del corpo” degli imperatori.
La passio non è altro che un romanzo costellato di prodigi, conversioni, supplizi, condanne, miracolose apparizioni, ma contiene quelle coordinate agiografiche, che provengono dai documenti letterari più antichi e affidabili, a cominciare dalla Depositio martyrum, il prezioso elenco confluito nel Cronografo del 354, ma riferibile già agli anni Trenta del iv secolo. Ebbene, un laconico enunciato ci ricorda la deposizione del martire, avvenuta il 20 gennaio, nelle omonime catacombe della via Appia, nello stesso giorno in cui veniva commemorato anche Papa Fabiano (236-250) nel cimitero di San Callisto: XIII kal(endas) feb(ruarias) Fabiani in Callisti et Sebastiani in catacumbas.
A queste essenziali notizie, si associano quelle appena più dettagliate di sant’Ambrogio, che, nel commento al Salmo 118, ribadisce le origini milanesi del martire che finì i suoi giorni a Roma, dove si era recato in quanto l’imperatore Massimiano non si proponeva come un vero e proprio persecutore, rispetto al violento Diocleziano. Come è intuitivo, l’ipotesi di Ambrogio riflette già un atteggiamento fortemente agiografico e pronto ad accogliere le affabulazioni orali e popolari.
Sull’onda di un culto, che da Roma si propagò presto in tutto il mondo cristiano antico, nacque poi la passio leggendaria che, a questo punto, possiamo riprendere, per recuperare il filo del complicatissimo racconto, che vede Sebastiano, in quanto parte integrante dell’entourage imperiale, libero di muoversi per assistere i detenuti cristiani e per assistere, sino al martirio, i compagni di fede, tra i quali Marco, Marcellino, Nicostrato, Zoe, Tranquillino, Marcia, Claudio, Sinforosa, Felicissimo e Felice. La passio racconta, poi, nel dettaglio, il martirio di Sebastiano, che fu condannato al supplizio delle frecce, dopo essere stato legato nudo a un palo.
I compagni si recarono notte tempo nel luogo del martirio per recuperare e seppellire il corpo, ma Sebastiano risultò ancora vivo e fu trasportato da Irene, vedova del martire Castulo, nella sua nobile dimora per essere curato. Oramai guarito, nonostante i cristiani lo inducessero alla fuga, il martire affrontò coraggiosamente i due imperatori, che lo fecero flagellare nell’ippodromo del Palatino. Il suo corpo fu gettato nella cloaca, ma fu miracolosamente recuperato dalla matrona Lucina e sistemato nel cimitero ad catacumbas.
Qui la leggenda lascia, di nuovo, il posto alla realtà storica e alla evidenze archeologiche, se nella memoria apostolorum — ovvero nel luogo dove, da sempre si commemoravano i principi degli apostoli, laddove, al tempo di Costantino, si eresse una maestosa basilica circiforme — si venerava la tomba di san Sebastiano. Tale culto, praticato in un ambiente collegato alla basilica, si ampliò, tanto che, nel corso del v secolo, la cripta fu allargata e sistemata per accogliere un flusso sempre crescente di pellegrini.
Le spoglie del martire rimasero in situ sino al ix secolo, quando Papa Eugenio ii (824-827), secondo la tradizione, le fece traslare nella chiesa di San Medardo di Soissons.
Nel tempo, il culto per san Sebastiano si legò alla protezione nei confronti delle epidemie e, in particolar modo, della peste. Tale associazione deve, presumibilmente, essere motivata dalla tipologia del supplizio, in quanto le frecce erano considerate, già nell’antichità, il simbolo dei castighi divini e, dunque, anche della peste.
La morte particolare di Sebastiano ispirò pittori, scultori e artisti di tutte le epoche, da Antonello da Messina a Michelangelo, da Rubens a Guido Reni, ma non tutti sanno che la prima rappresentazione del martire appare in un affresco delle catacombe di San Callisto. La pittura, situata nel lucernario della cripta di Santa Cecilia, ritrae Sebastiano, definito da una didascalia, in compagnia dei santi Quirino e Policamo, venerati nei complessi della via Appia, definendo, per la fine del v secolo, un santorale di quel significativo settore del suburbio.
Sebastiano, in questo senso, diventa, nel tempo, un coprotettore della città, subito dopo Pietro e Paolo e celebre solo quanto sant’Agnese e san Lorenzo. La sua fama si allunga nei secoli e giunge sino ai nostri giorni, se i vigili urbani di Roma si riuniscono ogni anno — e il 20 gennaio sarà il cardinale Gianfranco Ravasi ha celebrare l’anniversario — si riuniscono per commemorare la figura del santo militare, che non si fermò dinnanzi all’arroganza e alla violenza del persecutore.

(©L'Osservatore Romano 20 gennaio 2012)

1 commento:

Anonimo ha detto...

san Sebastiano ricevette frecce vere,il nostro papa quelle mediatiche velenifere che,anche se sono solo parole,fanno malissimo ugualmente,il supplizio è uguale...