Casualità ed evoluzione
L'umano accidente
di Fiorenzo Facchini
Nel dibattito sull'evoluzione l'introduzione della categoria del caso attraverso la spiegazione darwiniana delle variazioni ha avuto una grande fortuna, se è stata assunta da molti come chiave interpretativa di tutto il processo evolutivo. Casualità delle variazioni morfologiche che si formano spontaneamente nella specie, aveva osservato Darwin. Casualità delle mutazioni genetiche, a prescindere dall'esito che potranno avere, preciserà un secolo dopo la teoria sintetica della evoluzione.
Il caso e il tempo danno un valore intrinseco alla nuova biologia. È «il caso statistico», ha osservato Italo Scardovi, a dare una direzione al divenire.
La parte affidata al caso ha reso più comprensibile il corso di una evoluzione non lineare della vita; essa a volte si arresta e cessa; a volte continua e approda ai viventi che sono sotto i nostri occhi; a volte imbocca strade e dà risultati poco comprensibili o senza senso (come nel caso di certi insetti parassiti). Ma solleva anche non pochi problemi
La comparsa dell'uomo viene vista come un evento accidentale (Monod, Jacob, Gould). L'uomo viene detronizzato dal piedistallo in cui la scienza dei secoli passati l'aveva posto. Sembra quasi, ha osservato Simpson, che «l'uomo debba scusarsi di essere un uomo o di pensare, come se si trattasse di un peccato originale, o che un punto di vista antropocentrico nella scienza o in altri campi del pensiero sia automaticamente falso».
Occorre evitare il rischio di dimenticare il quadro d'insieme che si osserva nel sistema della natura e le specificità dell'uomo. Come è ben noto, casualità non significa assenza di cause o di leggi o regole nella natura. Molti eventi non sono prevedibili, perché connessi a catene di cause indipendenti, la cui coincidenza nel determinare un evento è vista come contingenza, non come necessità. Nella genetica di popolazioni sono descritti fenomeni microevolutivi ascrivibili alla pura casualità.
Comunque l'idea di spiegare tutte le novità evolutive con la casualità tende a espungere qualunque aspetto di ordine finalistico generale. Con ciò non vengono negate relazioni di carattere finalistico a livello di organo e funzione, oppure tra l'embrione e il suo sviluppo. Monod e Jacob parlano di teleonomia (non di teleologia per non evocare un fine), di relazioni che si formano per la congruenza di certe strutture con le condizioni ambientali in cui avviene lo sviluppo.
Al caso si contrappone la necessità, ciò che è determinato o da leggi naturali o da eventi della natura (terremoti, caduta di meteoriti, sconvolgimenti geologici, e così via) o più in generale dalla selezione naturale.
Le trasformazioni della vita sulla terra sono venute avanti in un concorso di molteplici fattori, genetici e ambientali. Ma prima ancora c'è da ricordare la «relazionalità» (particolarmente sottolineata da Stoeger), che lega gli elementi della natura a livello fisico e chimico, e le leggi che regolano i rapporti e le strutture che si possono formare. Le proprietà fisiche, chimiche e biologiche rispondono o esprimono modalità e leggi intrinseche nella natura, stanno alla base della complessità emergente e rivelano armonia nell'insieme, quella razionalità scientifica che è stata richiamata varie volte da Benedetto XVI.
Il discorso si porta inevitabilmente su un piano filosofico, ma il passaggio da un principio finalistico -- riconoscibile in tanti aspetti della natura, a livello ontogenetico, nelle direzioni evolutive che si formano e nelle parentele filetiche -- a una connotazione più generale riguardante l'armonia della natura e una mente ordinatrice è più che plausibile. Qui si inserisce l'idea di un progetto superiore, di una intenzionalità creatrice -- rifiutato dal naturalismo riduzionista -- alla cui realizzazione possono concorrere fattori di tipo deterministico (come le proprietà fisiche e chimiche dei corpi e le leggi della natura) e fattori di ordine contingente o puramente casuale.
L'imprevedibile e il contingente accompagnano la vicenda della vita sul pianeta e possono acquistare a posteriori un senso. Le moderne ricerche della biologia dello sviluppo ridimensionano il ruolo della casualità non solo nella selezione, ma anche nella trasmissione della vita.
Le condizioni ambientali possono avere imposto direzioni adattative (si parla di ortoselezione nel neo-darwinismo), ma anche il genoma può avere dettato restrizioni nello sviluppo realizzando o favorendo direzioni evolutive particolari. In molti casi le convergenze evolutive (specialmente quando compaiono più volte in serie lontane nel tempo e nello spazio (come negli artropodi e nei vertebrati) non si possono spiegare solo con analoghe condizioni ambientali. Gli studi della biologia evolutiva dello sviluppo evidenziano direzioni o canalizzazioni che portano a nuove strutture. A livello morfologico di fenotipo, osserva Godinot, la casualità non può giocare il medesimo ruolo che ha nelle mutazioni. La variabilità è limitata e inquadrata, meno casuale. Simpson parlava di «curiosa mescolanza di orientamento e di caso» o «di mescolanza di imprevedibilità e di probabilità».
Resta la domanda se ciò che è avvenuto “dovesse” necessariamente avvenire oppure, qualora si ripetesse il film della vita, le cose sarebbero andate in modo tutto diverso. Stephen Gould è di questo parere. Altri invece, come Conway Morris, pensano che tutto sarebbe molto simile.
Al di là degli eventi (genetici, tellurici e atmosferici) che ne hanno reso possibile lo sviluppo, non vi sono dubbi che la vicenda della vita sulla terra acquista un senso nuovo con l'uomo, con la sua capacità di pensare e di farsi soggetto cosciente della natura.
(©L'Osservatore Romano 15 gennaio 2012)
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1 commento:
Mons. Facchini, di cui ho avuto la fortuna di seguire un corso a Vallombrosa, non trova spazio sui giornali, pur essendo veramente preparato e documentato. Quello di considerare l'uomo come straordinario ormai da fastidio non solo agli scienziati ma anche agli economisti. Eufemia
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