TE DEUM
Irrompe la gioia
Benedetto XVI: il Bambino di Betlemme nella storia e nel cuore dell’uomo
Con l’auspicio che “non manchi l’impegno di tutti affinché il volto” di Roma “sia sempre più consono ai valori di fede, di cultura e di civiltà che appartengono alla sua vocazione e alla sua storia millenaria”. Benedetto XVI ha iniziato stasera la sua riflessione per i Primi Vespri della solennità di Maria Santissima Madre di Dio e il Te Deum, nella basilica vaticana di San Pietro.
Nel cuore di ogni uomo. “Un altro anno si avvia a conclusione – ha detto il Papa - mentre ne attendiamo uno nuovo: con la trepidazione, i desideri e le attese di sempre. Se si pensa all’esperienza della vita, si rimane stupiti di quanto in fondo essa sia breve e fugace”. Per questo, “non poche volte si è raggiunti dall’interrogativo: quale senso possiamo dare ai nostri giorni?”. “Questa – ha evidenziato il Pontefice - è una domanda che attraversa la storia, anzi attraversa il cuore di ogni generazione e di ogni essere umano”. Ma a questa domanda “c’è una risposta: è scritta nel volto di un Bambino che duemila anni fa è nato a Betlemme e che oggi è il Vivente, per sempre risorto da morte”. “Nel tessuto dell’umanità lacerato da tante ingiustizie, cattiverie e violenze – ha chiarito -, irrompe in maniera sorprendente la novità gioiosa e liberatrice di Cristo Salvatore, che nel mistero della sua incarnazione e della sua nascita ci fa contemplare la bontà e la tenerezza di Dio. Dio eterno è entrato nella nostra storia e rimane presente in modo unico nella persona di Gesù”, “venuto sulla terra per rinnovare radicalmente l’umanità e liberarla dal peccato e dalla morte, per elevare l’uomo alla dignità di figlio di Dio”. Dunque, “il Natale non richiama solo il compimento storico di questa verità che ci riguarda direttamente, ma, in modo misterioso e reale, ce la dona di nuovo”.
Illimitata fiducia. “Dal giorno del Natale del Signore – ha proseguito il Santo Padre - è venuta a noi la pienezza del tempo. Non c’è, dunque, più spazio per l’angoscia di fronte al tempo che scorre e non ritorna; c’è adesso lo spazio per una illimitata fiducia in Dio, da cui sappiamo di essere amati, per il quale viviamo e al quale la nostra vita è orientata in attesa del suo definitivo ritorno”. Da quando il Salvatore è disceso dal Cielo, “l’uomo non è più schiavo di un tempo che passa senza un perché, o che è segnato dalla fatica, dalla tristezza, dal dolore. L’uomo è figlio di un Dio che è entrato nel tempo per riscattare il tempo dal non senso o dalla negatività e che ha riscattato.
Ravvivare la fede. In questa celebrazione, ha avvertito Benedetto XVI, facendo riferimento alla diocesi di Roma, “abbiamo speciali ragioni di lodare Dio per il suo mistero di salvezza, operante nel mondo mediante il ministero ecclesiale. Abbiamo tanti motivi di ringraziamento al Signore per ciò che la nostra comunità ecclesiale, nel cuore della Chiesa universale, compie al servizio del Vangelo in questa città”. Un ringraziamento al Signore, in particolare, il Papa lo ha rivolto “per il promettente cammino comunitario volto ad adeguare alle esigenze del nostro tempo la pastorale ordinaria, attraverso il progetto ‘Appartenenza ecclesiale e corresponsabilità pastorale’”, che “ha l’obiettivo di porre l’evangelizzazione al primo posto, al fine di rendere più responsabile e fruttuosa la partecipazione dei fedeli ai sacramenti, così che ciascuno possa parlare di Dio all’uomo contemporaneo e annunciare con incisività il Vangelo a quanti non lo hanno mai conosciuto o lo hanno dimenticato”. La quaestio fidei è “la sfida pastorale prioritaria anche per la diocesi di Roma. I discepoli di Cristo sono chiamati a far rinascere in se stessi e negli altri la nostalgia di Dio e la gioia di viverlo e di testimoniarlo”. Occorre “dare il primato alla verità, accreditare l’alleanza tra fede e ragione come due ali con cui lo spirito umano si innalza alla contemplazione della Verità; rendere fecondo il dialogo tra cristianesimo e cultura moderna; far riscoprire la bellezza e l’attualità della fede non come atto a sé, isolato, che interessa qualche momento della vita, ma come orientamento costante, anche delle scelte più semplici, che conduce all’unità profonda della persona rendendola giusta, operosa, benefica, buona”. Si tratta “di ravvivare una fede che fondi un nuovo umanesimo capace di generare cultura e impegno sociale”.
Nelle mani di Dio. “La Chiesa – ha ricordato il Pontefice - ci suggerisce di non terminare l’anno senza rivolgere al Signore il nostro ringraziamento per tutti i suoi benefici. È in Dio che deve terminare l’ultima nostra ora, l’ultima ora del tempo e della storia. Dimenticare questo fine della nostra vita significherebbe cadere nel vuoto, vivere senza senso. Per questo la Chiesa pone sulle nostre labbra l’antico inno Te Deum. È un inno pieno della sapienza di tante generazioni cristiane, che sentono il bisogno di rivolgere in alto il loro cuore, nella consapevolezza che siamo tutti nelle mani piene di misericordia del Signore”. “Con l’animo colmo di gratitudine ci disponiamo a varcare la soglia del 2012, ricordando che il Signore veglia su di noi e ci custodisce. A Lui questa sera vogliamo affidare il mondo intero. Mettiamo nelle sue mani le tragedie di questo nostro mondo e gli offriamo anche le speranze per un futuro migliore”, ha concluso.
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