martedì 10 gennaio 2012

2011: un anno speciale per l’Africa (Radio Vaticana)

2011: un anno speciale per l’Africa

Ci sarebbe molto da dire, sul «2011 africano». Sebbene la guerra, la fame e la povertà vadano purtroppo evocate in un bilancio complessivo dell’anno – dal momento che questi drammi continuano a riguardare la realtà del continente - non vogliamo tuttavia limitarci, in questa sede, a ripetere i pregiudizi da sempre associati all’Africa.

Vero è che «il 2011 africano» è iniziato nel sangue, con il massacro dei copti di Alessandria in Egitto il 1mo gennaio di un anno fa, e si è anche concluso all’insegna della stesso odio violento contro i cristiani. In Nigeria, in effetti, il 25 dicembre scorso un attacco ad alcune Chiese in diverse città della Nigeria ha fatto numerosi morti nel giro di poche ore.

Seguendo una simile logica di linearità tra inizio e fine dell’anno, noteremo che anche dal punto di vista politico il 2011, che si era aperto con un conflitto cruento e prolungato dovuto alla contestazione post-elettorale in Costa d’Avorio, si è concluso con la violenza politica scoppiata dopo le votazioni nella Repubblica Democratica del Congo. Da Ovest al centro, il continente sembra dunque attraversato da una stessa linea di continuità, che sembra giustificare la comune percezione del continente come «relegato agli angoli del mondo, ai margini della storia».

Eppure, è anche un’Africa sorprendente sia sul piano religioso che politico quella che nel corso dell’anno si è mostrata al mondo, anche se solo attraverso poche «notizie lampo». E’ emerso un continente alla ricerca di sé stesso, delle migliori forme per il proprio sviluppo, e sebbene questi fenomeni interessino determitate regioni più di altre, gli abitanti dell’intero continente condividono le stesse aspirazioni degli uomini e donne del resto del mondo, le esigenze comuni della nostra epoca.

Sul piano religioso, la Chiesa è da sempre al fianco dell’Africa, ma nel corso del 2011 essa ha risposto in modo speciale a questa sua nobile missione, attraverso vari interventi significativi. Inoltre, a più riprese Papa Benedetto XVI ha difeso con amore questa «terra di speranza» !

È impossibile dimenticare la commuovente visita pastorale in Benin dove, dal 18 al 20 novembre, il Santo Padre si è recato ad «incontrare l’Africa e gli africani», per consegnare loro il frutto delle riflessioni emerse nel corso del secondo Sinodo per il continente, tenutosi nel 2009 in Vaticano. Nella stessa occasione, il Papa ha inoltre reso omaggio a un degno figlio d’Africa, il defunto cardinal Bernardin Gantin, suo amico e collega di origine beninese.

Ai giornalisti, Benedetto XVI ha spiegato le altre ragioni del suo secondo viaggio nello Stato: «La prima [ragione] è che il Benin è un Paese in pace: pace esterna ed interna. Le istituzioni democratiche funzionano, sono realizzate nello spirito di libertà e responsabilità e quindi la giustizia e il lavoro per il bene comune sono possibili e garantiti dal funzionamento del sistema democratico e dal senso di responsabilità nella libertà. La seconda ragione è che, come nella maggior parte dei Paesi africani, c’è una presenza di diverse religioni e una convivenza pacifica tra queste religioni. Ci sono i cristiani nella loro diversità, non sempre facile, ci sono i musulmani e poi ci sono le religioni tradizionali, e queste diverse religioni convivono nel rispetto reciproco e nella comune responsabilità per la pace, per la riconciliazione interna ed esterna» .

Solo una personalità come il Papa poteva guidare i giornalisti a constatare che la realtà dell’Africa non si riduce solo, e in modo speciale per il 2011, ai drammi di guerre ataviche e sanguinosi conflitti !

Sul piano politico poi, le «titubanze» non devono oscurare i casi eclatanti di alternanza democratica, di buona organizzazione di votazioni, di maggioranze politiche uscite dalle urne, riconosciute e accettate pacificamente dalle nazioni. Vogliamo citare, come esempio, il caso di Alpha Condé, che ha vinto le elezioni di novembre in Guinea Conakry, da tempo sotto assedio militare, riportando la speranza nel Paese; il Capo Verde, che il 6 febbraio scorso ha organizzato elezioni - giudicate «impeccabili» dagli osservatori - che hanno confermato la vittoria del PAICV (Partito Africano per l’Indipendenza del Capo Verde); a settembre è stata invece la volta dello Zambia...

Sul piano formale, il 2011 è stato un anno caratterizzato da alcune innovazioni significative: 28 Paesi hanno indetto consultazioni elettorali ; il 9 luglio il continente ha salutato la nascita del 54mo Stato, il Sud-Sudan ; infine, nel corso del 2011 ha preso il via «la Primavera Araba», movimento globale che proprio dal Nordafrica si è esteso agli altri continenti, scuotendo l’intero pianeta. Le popolazioni della Tunisia, dell’Egitto, del Marocco e dell’Algeria sono entrate in azione chiedendo un cambiamento politico e la fine di quei regimi apparentemente «irremovibili». Il volto dei Paesi arabi – prima dell’Africa e poi del resto del mondo – ne esce completamente rinnovato. Sotto la spinta di un’opinione pubblica sino ad allora ignorata, questi Paesi sono stati costretti ad adeguare le proprie costituzioni, la ripartizione dei poteri interni e l’intera agenda politica, su standard più democratici. «Il frutto positivo della Primavera araba è il movimento stesso, e il fatto che oggi, in quegli Stati, attraversati dalla rivoluzione, ci si possa opporre ai governi autocratici e si sia avviato un dibattito popolare sul futuro politico e sociale del Paese», ha dichiarato recentemente l'islamologo P. Samir Khalil Samir sj, intervistato dalla Radio Vaticana. «La rivoluzione per la democrazia e i diritti umani, nei Paesi capofila della Primavera araba, non è fallita (...) Il prevalere degli islamisti in Tunisia e Egitto ci mostra solo la reale struttura di quelle popolazioni (...) Tutto il mondo arabo-islamico vede l'islam come l'ideale della vita sociale, politica e religiosa (...) La vera questione è come verrà interpretata la presenza della religione islamica nella vita politica e sociale».

Dal punto di vista economico, la Banca Mondiale riconosce all’Africa un dinamismo eccezionale, per il 2011, con una crescita media del 6%, sebbene non vada dimenticato che il continente continua ad avere grandi difficoltà nel trasformare questi dati, positivi sulla carta, in benessere concreto per le popolazioni.

Il 2011 è stato, infine, l’anno in cui due donne africane, Ellen Johnson Sirleaf e Leymah Gbowee, entrambe originarie della Liberia, hanno ottenuto il Premio Nobel in riconoscimento del loro impegno per la Pace, per lo sviluppo economico e sociale del paese, e a sostegno del ruolo delle donne!

Cosa augurarci, dunque, per il 2012?

Riprendiamo le parole del Papa per formulare, in chiusura, i migliori auspici per il continente, con la speranza che le sollecitazioni espresse davanti ai membri del Governo del Benin, indirizzate ai responsabili politici di tutto il Continente, possano tradursi in azioni concrete :

«Quando dico che l’Africa è il continente della speranza, non faccio della facile retorica, ma esprimo molto semplicemente una convinzione personale, che è anche quella della Chiesa. (...) In questi ultimi mesi, numerosi popoli hanno espresso il loro desiderio di libertà, il loro bisogno di sicurezza materiale, e la loro volontà di vivere armoniosamente nella diversità delle etnie e delle religioni. E’ anche nato un nuovo Stato nel vostro Continente. (...) Da questa tribuna, lancio un appello a tutti i responsabili politici ed economici dei Paesi africani e del resto del mondo. Non private i vostri popoli della speranza! Non amputate il loro futuro mutilando il loro presente!».

(A cura di Albert Mianzoukouta, della redazione francese per l’Africa)

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