martedì 16 ottobre 2012

«La Chiesa torni a Dio». Benedetto XVI apre le porte della fede (Gagliarducci)

«La Chiesa torni a Dio»

Benedetto XVI apre le porte della fede

ANDREA GAGLIARDUCCI

"L'uomo moderno, spesso deluso o tradito dalle proprie opere, aspetta molto dalla Chiesa, molto più che non lo confessi o neppure lo pensi". Parola del cardinale Roger Etchegaray. Novant'anni appena compiuti, un nuovo libro appena pubblicato («L'uomo a che prezzo? », Edizioni Paoline), Etchegaray è stato uno dei protagonisti del Concilio Vaticano II, e ha vissuto da protagonista tutta la stagione del post-Concilio. Punta tutta l'attenzione sull'uomo. Perché la Chiesa non può più deluderne le aspettative.
Oggi, Benedetto XVI celebra Messa in piazza San Pietro, insieme ad alcuni dei padri del Concilio ancora viventi, e apre ufficialmente l'Anno della Fede. Poi, a sera, una fiaccolata da Castel Sant'Angelo a Piazza San Pietro ripercorrerà la fiaccolata che fu organizzata la sera del primo giorno del Concilio.
Cinquant'anni fa, c'era l'aspettativa di una stagione nuova per la Chiesa. Oggi, tutti gli sforzi di Benedetto XVI sono per riportare la Chiesa a Dio. Perché i frutti del Concilio hanno portato forse più attenzione alla presenza della Chiesa nel mondo. Ma hanno anche in qualche modo dato per scontato la fede. Ed è per questo che, mentre si svolge il sinodo per la nuova evangelizzazione, e sulla scia dell'anniversario di un Concilio sempre vivo, oggi Benedetto XVI apre le porte della fede. "Poiché - commenta Etchegaray - la Fede ha mille porte alle quali può bussare l'uomo, credente o no, alla ricerca di qualche cortile".
Ripartire dal Concilio. Ma quale è la direzione che ci vuole dare Benedetto XVI? "La nostra fede - dice Etchegaray - è quella degli apostoli, e non diremo mai grazie abbastanza di bere al sapere di quella fonte così fresca".
Il Concilio Vaticano II non cambiò le verità di fede. Aggiornò il modo in cui le verità di fede venivano vissute e raccontate. Se fu rottura o continuità, è un dibattito ormai sterile. Benedetto XVI lo ha superato celebrando insieme ai cinquanta anni del Concilio l'Anno della Fede.
Perché il Concilio fu un grande periodo di rinnovamento intellettuale. In visita al convento dei Verbiti di Nemi quest'estate, dove era stato a discutere le bozze del decreto conciliare Ad Gentes, Benedetto XVI ricordò la vivacità dei dibattiti conciliari. Etchegaray era anche lui parte di quel fervore intellettuale. "Incoraggiato da dom Helder Camara - racconta - avevo preso l'iniziativa alquanto temerario di riunire, il venerdì sera, alla Domus Mariae, vescovi di vari continenti: al momento dell'ultima sessione erano una trentina, tra i quali mons. Wojtyla. Redigevo per loro, in latino, un breve resoconto di quegli scambi informali sul cammino a volte traballante del Concilio. Una copia raggiungeva l'appartamento del Papa".
C'è oggi quel fervore intellettuale? Negli ambienti della Congregazione della Dottrina della Fede, circola una battuta: "Non abbiamo più nessuno da condannare". Non significa che non ci sono più eretici. Significa che non c'è più discussione. Che c'è molta indifferenza.
Nel frattempo, si sta svolgendo il sinodo per la Nuova Evangelizzazione. Ad evangelizzare di nuovo i territori dove la fede è andata sbiadita, Benedetto XVI pensa praticamente da sempre. Almeno da quando - appena dopo l'ordinazione - divenne viceparroco nella Chiesa del Preziosissimo Sangue. Ore passate a confessare, che gli fecero comprendere come c'era un nuovo paganesimo, di cristiani "che si dicono cristiani e invece sono pagani". Durante il Concilio, e dopo il Concilio, Ratzinger capì che all'aggiornamento si doveva affiancare l'insegnamento della tradizione e della verità di fede.
Questo sinodo è "eccezionalmente ampio e diversificato" - dice Etchegaray - e chiede che i padri sinodali abbiano "lucidità per discernere quali sono i segni dei tempi, per decifrare il disegno di Dio e reperire la Sua presenza attraverso un mondo in cui i cambiamenti più profondi sono dello spirito e non della materia, toccando la mentalità e la coscienza". Il programma, oggi, per tutti, è di ritornare a Dio. Perché - afferma il cardinale - "sia una Chiesa della risposta e non solo della domanda di gesti e non solo di parole, soprattutto in un periodo in cui la libertà si misura più con la capacità di contestare che con quella di impegnarsi".

© Copyright La Sicilia, 11 ottobre 2012

Nessun commento: