mercoledì 31 ottobre 2012

Il Papa e il cammino futuro dell'Africa. All'università Lateranense la presentazione di due volumi curati dall'ambasciata del Benin presso la Santa Sede

All'università Lateranense la presentazione di due volumi curati dall'ambasciata del Benin presso la Santa Sede

Il Papa e il cammino futuro dell'Africa


Il Papa in Benin ha lasciato un segno indelebile. Lo testimoniano i volumi Le Pape Benoît XVI au Bénin (Città del Vaticano, 2012, pp. 182, euro 37) e Le Bénin e le Saint Siège (Città del Vaticano, 2011, pp. 192, euro 25), curati dall'ambasciata del Benin presso la Santa Sede per i tipi della Libreria Editrice Vaticana, presentati lunedì pomeriggio, 29 ottobre, alla Pontificia Università Lateranense.

Benedetto XVI si è recato nel Paese subsahariano nel novembre dello scorso anno. Furono giornate indimenticabili per il calore dell'accoglienza. A ricordarlo, durante l'incontro di ieri, oltre all'ambasciatore presso la Santa Sede Théodore C. Loko, due porporati che ebbero il privilegio di seguire da vicino il pellegrinaggio: i cardinali Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, e Robert Sarah, presidente del Pontifico Consiglio Cor Unum.
Il cardinale Bertello ha iniziato la sua analisi a partire dalle motivazioni che hanno ispirato il viaggio. «Il Pontefice -- ha ricordato -- è andato in Benin a firmare e, potremmo dire, a lanciare il messaggio contenuto nell'esortazione post-sinodale Africae munus, nella quale egli ha raccolto i frutti dell'assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi del 2009». Un documento, ha aggiunto, nel quale «è riassunto tutto ciò che l'Africa è stata e ha fatto, tutto il suo presente, ma soprattutto sono indicate le linee da seguire per il cammino futuro». Pregio del libro presentato alla Lateranense «è proprio la raccolta dei discorsi pronunciati dal Papa in quelle intense giornate -- ha sottolineato il cardinale Bertello -- i quali contengono le indicazioni da seguire per il futuro».
«Sono rimasto impressionato -- ha aggiunto -- dal discorso che Benedetto XVI pronunciò nella cattedrale di Ouidah per la firma dell'esortazione. Egli insistette molto sul concetto di missionarietà. Rivolto alla Chiesa in Africa la esortò a sentirsi aperta e ormai pronta per annunciare il Vangelo agli altri popoli. In quel momento mi tornò in mente l'esperienza vissuta proprio in Benin negli anni Ottanta, quando dalle Chiese locali nel sud del Paese partivano giovani sacerdoti per andare a portare il Vangelo nelle zone più povere del nord. Già allora si viveva questo spirito di missionarietà».
Quanto alla scelta del Benin come «porta d'ingresso del messaggio post-sinodale», il porporato ha ricordato che il Papa stesso l'ha spiegata ai giornalisti a bordo dell'aereo durante il viaggio verso Cotonou. «Il Benin, disse il Pontefice, è un Paese in cui si vive in un clima di pace, nel quale la transizione verso la democrazia è avvenuta in modo assolutamente pacifico», senza alcun spargimento di sangue. «E io -- ha aggiunto il cardinale -- ne sono stato testimone. È inoltre un Paese nel quale il dialogo tra le religioni è una realtà concreta che coinvolge anche le religioni tradizionaliste». Infine un ricordo personale, legato al rapporto di amicizia tra il cardinale Bertello e il professore della Lateranense Albert Tévoédjrè, presente all'incontro. «Un amico speciale -- lo ha definito il porporato -- autore di un libro fantastico intitolato Le certezze della mia speranza. Lo conobbi a Ginevra, durante una riunione dell'organismo del lavoro. Era mediatore della Repubblica del Benin. Mi ha aiutato a penetrare a fondo l'anima del popolo beninese» ed è stato uno dei protagonisti della diffusione nel Paese della dottrina sociale della Chiesa.
Per il cardinale Sarah, invece, ripercorrere l'itinerario del Papa in Benin è stata occasione per porre l'accento sulla situazione attuale del continente africano, che rischia -- a giudizio del porporato -- di uscire ancor più penalizzato dalla situazione critica che sta attraversando il mondo contemporaneo. Infatti in un'epoca caratterizzata dalla repentina mutevolezza dei fenomeni, dalla complessità e dalla interconnessione dei processi socio-culturali, a pagare il prezzo più alto sono soprattutto i poveri, «coloro che lo erano e coloro che lo sono diventati, per la perdita del lavoro o per altre dinamiche collegate». Sia la crisi finanziaria che quella economica «sono legate a una crisi più generale -- ha notato il cardinale -- che va dalla crisi demografica, a quella ecologica, a quella sociale, a quella culturale»; ed è ciò che ha rallentato pesantemente le prospettive di sviluppo occidentali. «Questa spirale negativa -- ha aggiunto -- ha un impatto sui livelli di crescita economica del mondo intero. L'Africa, da sempre ai margini dei circuiti economico-finanziari internazionali, ha subìto forse di meno le conseguenze dirette di tale crisi, ma più pesantemente quelle indirette. Si incrementano, infatti, fenomeni di accaparramento delle risorse, esercitati in modi anche nuovi come il land grabbing, la predazione dei beni comuni, come la sottrazione dell'acqua, della terra, della natura stessa». Dunque, se è vero che al giorno d'oggi «non mancano dal punto di vista economico e sociale elementi di conforto», non vanno tuttavia «dimenticati né sottaciuti i grandi problemi africani, che purtroppo permangono irrisolti da troppo tempo».
A livello religioso la Chiesa continua ad avere uno sviluppo notevole, grazie anche alla spinta missionaria. «Non mancano i martiri -- ha evidenziato il porporato -- e la cosa si è intensificata nel corso dell'ultimo anno. Basti pensare ai recenti casi della Nigeria e del Kenya, che purtroppo non sono i soli». Ma se ci si vanta di camminare speditamente verso un vero sviluppo democratico in tutto il continente, «questa è una situazione inaccettabile» e non solo per le comunità cristiane e cattoliche «ma per tutte le espressioni religiose». È doloroso constatare che «esistono derive, per cui alcune volte la religione è usata per fomentare la violenza».
Il cardinale si è riferito poi al recente Sinodo dei vescovi per sottolineare che «una nuova evangelizzazione è necessaria anche in Africa, perché, senza rinnovamento delle persone, non potranno rinnovare il nostro continente. Indubbiamente anche l'Anno della fede è quanto mai necessario anche per l'Africa».
Al Sinodo continentale aveva fatto cenno l'ambasciatore Loko durante l'incontro, moderato dal gesuita Jean Pierre Bodjoko e aperto dai saluti del rettore, il vescovo Enrico Dal Covolo, del direttore della Libreria Editrice Vaticana, don Giuseppe Costa, dal direttore del dipartimento di scienze umane e sociali dell'area di ricerca studi interdisciplinari per lo sviluppo della cultura africana, Martin Nkafu Nkemnkia, e dal pro rettore Patrick Valdrini. Dopo essersi soffermato sull'iniziativa editoriale e aver parlato del tessuto storico e sociale del Benin, il diplomatico ha così concluso: «Con la sua capacità di riconoscere il viso di Cristo in quello del bambino, del malato, del sofferente o del bisognoso, la Chiesa contribuisce a forgiare la nuova Africa. I tre concetti principali del tema sinodale, cioè la riconciliazione, la giustizia e la pace, hanno messo il Sinodo di fronte alla sua “responsabilità teologica e sociale”, e hanno permesso di interrogarsi anche sul ruolo pubblico della Chiesa e sul suo posto nello spazio africano di oggi. Come hanno voluto dire i padri sinodali, la nuova evangelizzazione è “un'urgenza” che non non si fonda su delle strategie ma poggia sulla conversione dei cuori e sulla predicazione».

(©L'Osservatore Romano 31 ottobre 2012)

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