Il cardinale Comastri nella Messa per i dipendenti vaticani: "Giuda, rischio sempre presente nella Chiesa"
Il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, ha presieduto stamani nella Basilica di San Pietro la Santa Messa per i dipendenti vaticani alla vigilia del Triduo Pasquale. Ce ne parla Sergio Centofanti.
Il cardinale Comastri commenta nella sua omelia il Vangelo odierno che racconta il tradimento di Giuda per trenta monete d’argento. Parla dell’attaccamento al denaro, dell’orgoglio, della vendetta. “E’ possibile diventare Giuda - afferma - è possibile cioè diventare traditori di Dio, traditori della bontà, traditori dell’umiltà, traditori della carità”:
“Giuda è sempre presente nella storia della Chiesa come rischio reale di ciascuno. Don Primo Mazzolari, con incisivo realismo, un giorno disse: ‘Attorno ad ogni Mensa eucaristica aleggia l’ombra di Giuda’. Dobbiamo pertanto vigilare, perché la sua ombra non coincida con la nostra ombra”.
Ma “ugualmente – sottolinea il cardinale - è possibile non diventare Giuda”. Come? Misurandoci continuamente con il metro della verità che è Gesù. Confrontandoci con Lui capiamo chi siamo e da che parte stiamo e quale cammino ci resta ancora da fare”:
“Gesù è la terapia della nostra malattia interiore, Gesù è la bontà che si è fatta vicina alla nostra cattiveria per poterla curare, per poterla guarire. Gesù infatti è Dio che salva! Questo è il senso del suo nome. Ma come è possibile il miracolo della nostra guarigione interiore? Come è possibile essere guariti dalla nostra guariti dalla nostra cattiveria? C’è una sola via: il pentimento. Il pentimento apre a Dio uno spazio dentro di noi, affinché Egli possa guarirci e renderci felici”.
Il porporato pone una domanda: “ma noi siamo veramente e sinceramente pentiti dei nostri peccati? Abbiamo veramente preso la distanza dalla nostra cattiveria, dall’orgoglio, dall’arroganza, dalla vendetta, dall’egoismo? Vogliamo veramente essere sanati, curati, salvati da Gesù? C’è veramente dentro di noi questa disponibilità?”. E’ l’amore vissuto, il grande comandamento che Gesù ci ha lasciato, che mostra la nostra sincerità:
“Da questo sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri. Se manca quest’amore, nessuno ci può riconoscere come cristiani. Dio ci conceda di aprire oggi il nostro cuore al dono della carità. Riconosciamolo umilmente: siamo tutti poveri di bontà; siamo tutti poveri di umiltà; siamo tutti poveri di carità. Per questo motivo non sentiamo talvolta la presenza di Gesù in mezzo a noi. E per lo stesso motivo nascondiamo Gesù a coloro che ci avvicinano per incontrarlo”.
Infine, il cardinale Comastri eleva la sua preghiera per questa Pasqua:
“Questa nuova Pasqua ci scuota veramente, faccia cadere il muro dell’orgoglio, della resistenza e ci renda capaci di prendere in mano la brocca della lavanda dei piedi che Gesù ci ha lasciato in eredità. Se faremo così, sentiremo sbocciare dentro di noi la stessa gioia di San Francesco d’Assisi, la stessa gioia di Madre Teresa di Calcutta e di tutti i veri discepoli del Signore”.
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1 commento:
Mi dispiace, ma il card. Comastri, pastore senz'altro bene intenzionato, si è fatto condurre fuori strada da don Mazzolari.
Non è vero che "l'ombra di Giuda aleggia attorno ad ogni Mensa eucaristica": anzitutto perché non esistono "Mense eucaristiche", ma Altari, dove Cristo è "altare, vittima e sacerdote" - poi perché Giuda non era uno degli astanti ad una "cena", ma uno dei chiamati (vocazionalmente) al nuovo sacerdozio, che veniva istituito la sera del primo Giovedì Santo.
Uno dei tanti legami al "mondo senza Cristo" che condussero Giuda alla rovina fu proprio il legame con il vecchio ambiente sacerdotale di Gerusalemme: frequentava contemporaneamente Gesù e gli "anziani" del Tempio.
Si spera che le Sante Messe cattoliche non siano "riunioni conviviali" di cristiani, ma atti del sacerdote "in persona Christi", e che quindi non aleggi in esse alcun prete "a mezzo servizio".
Se poi il celebrante non è perfetto (nessuno lo è!), questo non significa che sia nella condizione di Giuda, che pensava di poter essere con Cristo e contro Cristo contemporaneamente
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