lunedì 30 aprile 2012

Benedetto XVI: la "Pacem in terris" di Giovanni XXIII ha molto da insegnare al mondo di oggi (Radio Vaticana)


Benedetto XVI: la "Pacem in terris" di Giovanni XXIII ha molto da insegnare al mondo di oggi


La celebre Enciclica di Giovanni XIII Pacem in terris non ha smesso di insegnare alla nostra epoca cosa bisogna fare per promuovere la pace e difendere la giustizia. Lo afferma Benedetto XVI nel Messaggio inviato oggi alla Pontificia Accademie delle Scienze Sociali, in corso in Vaticano. Lo afferma Benedetto XVI nel Messaggio inviato oggi alla plenaria della Pontificia Accademie delle Scienze Sociali, in corso da alcuni giorni in Vaticano. Il servizio di Alessandro De Carolis: 


Quando la scrisse, il mondo cominciava a temere la propria dissoluzione in enorme fungo nucleare, simbolo della perversa genialità umana, guerrafondaia e distruttiva. Giovanni XXIII decise allora di appellarsi all’intelligenza e al cuore dell’umanità, che non dimentica e anzi sa battersi per il valore universale della pace. Così – afferma Benedetto XVI nel suo Messaggio alla plenaria delle Scienze Sociali – la Pacem in terris divenne quella, come fu definita, “lettera aperta al mondo”, “l’accorato appello di un grande pastore, vicino alla fine della sua vita, affinché la causa della pace e della giustizia fossero vigorosamente promosse a ogni livello della società, sia in ambito nazionale che internazionale”. Tuttavia, è un fatto che la straordinaria portata di quelle pagine di 50 anni fa regga ancora il confronto con il mondo globalizzato di oggi. “La visione offerta da Papa Giovanni – sottolinea Benedetto XVI – ha ancora molto da insegnare a noi che lottiamo per affrontare le nuove sfide in favore della pace e della giustizia nell'era post-Guerra Fredda e in mezzo al continuo proliferare degli armamenti”.


Quella di “Papa Giovanni – prosegue Benedetto XVI – era ed è un invito potente” a impegnarsi in un “dialogo creativo tra la Chiesa e il mondo, tra credenti e non credenti”, sullo spirito del Vaticano II che proprio con Papa Roncalli prendeva le mosse. Un invito seguito in pieno anche da Giovanni Paolo II dopo gli attacchi terroristici del settembre 2001, che indussero Papa Wojtyla a ribadire che senza il perdono la giustizia è all’incirca un’utopia. Per questo, esorta il Papa, “il concetto di perdono ha bisogno di trovare la sua via nei discorsi internazionali sulla risoluzione dei conflitti, così da trasformare il linguaggio sterile della recriminazione reciproca che porta da nessuna parte”. 


Anche i recenti Sinodi sulle Chiese dell’Africa e del Medio Oriente, annota Benedetto XVI, hanno messo in evidenza che “torti e ingiustizie storiche possono essere superati solo se uomini e donne vengono ispirati da un messaggio di guarigione e di speranza, un messaggio che offre una via d'uscita dall’impasse che spesso blocca persone e nazioni in un circolo vizioso di violenza”. La Pacem in terris, in fondo, ne è la prova: “Dal 1963 – osserva il Papa – alcuni dei conflitti che sembravano in quel frangente insolubili sono passati alla storia”. Impegniamoci allora, conclude, a lottare “per la pace e la giustizia nel mondo di oggi, fiduciosi che la nostra comune ricerca dell’ordine stabilito da Dio, di un mondo in cui è la dignità di ogni persona umana si accorda al rispetto che le è dovuto, può e potrà dare i suoi frutti”.


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