Il «Gesù di Nazaret» di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI
Impossibile restare neutrali
di Bruno Forte
Il Gesù di Nazaret è un'opera davanti alla quale non si può restare “neutrali”. Il punto su cui l'attenzione dei “critici” sembra essersi focalizzata può esprimersi nella domanda se si sia di fronte a un lavoro “scientifico” o se si tratti “unicamente” di una testimonianza spirituale. In realtà, entrambe queste letture mi sembrano parziali.
«In duecento anni di lavoro esegetico -- afferma l'autore nella premessa al ii volume -- l'interpretazione storico-critica ha ormai dato ciò che di essenziale aveva da dare.
Se l'esegesi biblica scientifica non vuole esaurirsi in sempre nuove ipotesi di lavoro diventando teologicamente insignificante, deve fare un passo metodologicamente nuovo e riconoscersi nuovamente come disciplina teologica, senza rinunciare al suo carattere storico».
L'opera di Ratzinger su Gesù non ignora, dunque, i due secoli di critica moderna alla storicità dei Vangeli e certamente non vuole essere un ritorno a quell'innocenza narrativa pre-critica, che dava per scontata l'attendibilità storica di ogni informazione evangelica. L'autore dà credito alla affidabilità storica dei Vangeli, ma non lo fa in maniera acritica e pregiudiziale, bensì vagliando le testimonianze e applicando i criteri che il raffinato dibattito di due secoli intorno alla storicità delle informazioni evangeliche ha elaborato.
Certamente, anche in questa linea di lettura ci sono accenti diversi, che vanno da un minimalismo a un massimalismo. Il libro del Papa si colloca su una linea precisa che è motivata da una fondamentale opzione interpretativa, secondo cui l'accostamento alla figura del Gesù storico non è mai irrilevante per la mente e il cuore di chi lo opera. Gioca in questa scelta la maturazione della scienza ermeneutica compiutasi, ad esempio, attraverso il contributo di Gadamer: questi rivela giustamente che nel rapporto a una figura o a un'opera del passato entrano in gioco almeno tre elementi, l'estraneità, la coappartenenza e la finale fusione di orizzonti.
Anzitutto, l'“estraneità”. Il passato è passato e va trattato da “passato”: la presa di distanza e il conseguente rigore critico sono in tal senso la garanzia dell'oggettività.
Quanto è avvenuto nella storia di Gesù di Nazaret non è una proiezione del desiderio dei discepoli o di chi nel tempo ne ha fatto oggetto di indagine o di fede: l'evento Cristo ha uno spessore oggettivo, che si offre a noi e ci sfida al rischio della conoscenza e dell'amore.
Il Signore Gesù, insomma, non è “qualcosa” che diviene in noi, nei cuori dei discepoli mossi dalla commozione o dalla nostalgia: non è manipolabile a nostro piacimento, né è la semplice risposta alle nostre domande. Egli è piuttosto Qualcuno che viene a noi, che sovverte le nostre domande e solo a prezzo di una vera nostra “metànoia” vi corrisponde: è il Vivente, che ci dona la vita piena e vera oggi e per l'eternità.
E tuttavia non ci si avvicinerebbe a una figura come quella di Gesù di Nazaret se non ci fosse anche una “coappartenenza”, un investire cioè il passato delle domande del presente, quelle che toccano da vicino il nostro cuore e la nostra vita.
È grazie a questa coappartenenza dell'umano all'umano, che quanto si offrì in Gesù di Nazaret venti secoli fa continua a interpellarci, a essere anzi sommamente importante per noi.
Quando si arriva all'incontro fra i due poli dell'estraneità e della coappartenenza si ha, infine, la comprensione, quella “fusione di orizzonti” in cui il passato parla al presente e lo feconda trasformandolo.
Questa fusione è in particolare la meta di ogni accostamento del credente ai Vangeli, che non è mai mosso da semplice curiosità intellettuale, ma dal desiderio di comprendere meglio se stesso e la vita di tutti alla luce di quanto sappiamo della storia del Figlio di Dio venuto nella carne.
Nella fusione di orizzonti fra l'interrogante del presente e l'Interrogato del passato, si compie una singolare presenza, una ripresentazione o attualizzazione dell'evento passato, che in riferimento alla persona e all'opera di Gesù avviene in particolare grazie all'azione dello Spirito Santo.
Va detto che un simile approccio alla storia di Gesù e all'evento Cristo è tutt'altro che pregiudiziale o non scientifico: esso adegua la criticità necessaria alla conoscenza storica all'oggetto e rende la ricerca condotta sul passato una singolare sorgente di novità di vita e di freschi legami con il presente, che resta comunque aperto all'insondabile ulteriorità del dono offerto nell'evento di rivelazione.
(©L'Osservatore Romano 27 aprile 2012)
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