Il Papa all'udienza generale: Dio non ci abbandona mai, come Gesù sulla croce affidiamo a Lui il nostro dolore
Sull’esempio di Cristo, “davanti alle situazioni più difficili e dolorose, quando sembra che Dio non senta, non dobbiamo temere di affidare a Lui tutto il peso che portiamo nel nostro cuore”. Sono le parole del Papa all’udienza generale di oggi in Aula Paolo VI, dedicata alla preghiera di Gesù di fronte alla morte. Il servizio di Giada Aquilino:
Ripercorrendo gli ultimi istanti della vita terrena di Gesù, le sei ore di Cristo sulla croce, il Papa ha proposto una riflessione sul buio di quei momenti e sul grido di Gesù: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”. Benedetto XVI si è soffermato sulla preghiera di Gesù morente, riportata dai due evangelisti Marco e Matteo sia in greco, “in cui è scritto il loro racconto”, sia “in una mescolanza di ebraico ed aramaico”, per tramandarne non soltanto il contenuto, ma persino “il suono che tale preghiera ha avuto sulle labbra di Gesù”: ascoltiamo, dunque, “realmente le parole di Gesù come erano”, ha notato il Santo Padre. Cristo, di fronte agli insulti dei presenti alla crocifissione, che non compresero o non vollero comprendere la preghiera di Gesù - ha ricordato Benedetto XVI - e “davanti al buio che cala su tutto”, con il grido della sua preghiera “mostra che, assieme al peso della sofferenza e della morte in cui sembra ci sia l’abbandono, l’assenza di Dio, Egli ha piena certezza della vicinanza del Padre, che approva questo atto supremo di amore, di dono totale di Sé, nonostante non si oda, come in altri momenti, la voce dall’alto”. Nel momento di angoscia, la preghiera diventa un grido: “questo - ha sottolineato il Papa - avviene anche nel nostro rapporto con il Signore”:
“Davanti alle situazioni più difficili e dolorose, quando sembra che Dio non senta, non dobbiamo temere di affidare a Lui tutto il peso che portiamo nel nostro cuore, non dobbiamo avere paura di gridare a Lui la nostra sofferenza”.
Nel momento “dell’ultimo rifiuto degli uomini, nel momento dell’abbandono”, Gesù prega “nella consapevolezza della presenza di Dio Padre” anche in quest’ora in cui sente il dramma umano della morte”:
“E’ importante comprendere che la preghiera di Gesù non è il grido di chi va incontro con disperazione alla morte, e neppure è il grido di chi sa di essere abbandonato. Gesù in quel momento fa suo l’intero Salmo 22, il Salmo del popolo di Israele che soffre, e in questo modo prende su di Sé non solo la pena del suo popolo, ma anche quella di tutti gli uomini che soffrono per l’oppressione del male e, allo stesso tempo, porta tutto questo al cuore di Dio stesso nella certezza che il suo grido sarà esaudito nella risurrezione: «il grido nell'estremo tormento è al contempo certezza della risposta divina, certezza della salvezza – non soltanto per Gesù stesso, ma per ‘molti’ »”.
Nella preghiera di Gesù sono racchiusi “l’estrema fiducia e l’abbandono nelle mani di Dio, anche quando sembra assente, anche quando sembra rimanere in silenzio, seguendo un disegno a noi incomprensibile”. Quello di Gesù è “un soffrire in comunione con noi e per noi, che deriva dall’amore e già porta in sé la redenzione, la vittoria dell’amore”. Nel momento estremo, quindi, Gesù “lascia che il suo cuore esprima il dolore, ma lascia emergere, allo stesso tempo, il senso della presenza del Padre e il consenso al suo disegno di salvezza dell’umanità”.
“Anche noi ci troviamo sempre e nuovamente di fronte all’«oggi» della sofferenza, del silenzio di Dio - lo esprimiamo tante volte nella nostra preghiera - ma ci troviamo anche di fronte all’«oggi» della Risurrezione, della risposta di Dio che ha preso su di Sé le nostre sofferenze, per portarle insieme con noi e darci la ferma speranza che saranno vinte”.
Infatti nella preghiera - ha aggiunto il Pontefice - “portiamo a Dio le nostre croci quotidiane, nella certezza che Lui è presente e ci ascolta”. Un concetto ripetuto anche nei saluti finali nelle varie lingue:
“Il grido di Gesù ci ricorda come nella preghiera dobbiamo superare le barriere del nostro 'io' e dei nostri problemi e aprirci alle necessità e alle sofferenze degli altri. La preghiera di Gesù morente sulla Croce ci insegni a pregare con amore per tanti fratelli e sorelle che sentono il peso della vita quotidiana, che vivono momenti difficili, che sono nel dolore, che non hanno una parola di conforto, preghiamo tutto questo al cuore di Dio perché anch’essi possano sentire l’amore di Dio che non ci abbandona mai”.
Congedandosi dai pellegrini giunti in Aula Paolo VI, il Pontefice ha salutato tra gli altri i padri Stimmatini che celebrano il 36° Capitolo Generale e religiose, insegnanti e studenti dell’Istituto “San Francesco di Sales” di Roma, con i sacerdoti che partecipano alla settimana di studio promossa dall’Ateneo della Santa Croce sul tema del ministero pastorale della direzione nei Seminari. Tra i presenti, anche una colorata delegazione in maschera del Coordinamento del Carnevale Veronese.
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