sabato 3 novembre 2012

Vaticano: si apre lunedì il secondo processo per la fuga di documenti (Izzo)

VATICANO: LUNEDI' SI APRE SECONDO PROCESSO PER FUGA DOCUMENTI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 3 nov. 

Si apre lunedi' mattina il secondo processo per la fuga di documenti dall'Appartamento Pontificio. 
L'imputato questa volta e' Claudio Sciarpelletti, informatico della Segretria di Stato, inquisito solo per "favoreggiamento". 
Nel Tribunale Vaticano saranno ascoltati cinque testimoni: lo stesso maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, oggi detenuto dopo la condanna a un anno e sei mesi per furto aggravato, il vicecomandante della Guardia svizzera, William Kloter, il comandante della gendarmeria vaticana, Domenico Giani e il gendarme Gauzzi Broccoletti. Prevista inoltre la testimonianza di monsignor Carlo Polvani, responsabile informazione della segreteria di Stato.
C'e' attesa per la testimonianza di questo influente prelato in quanto, ricorda il sito specializzato Vaticaninsider, "e' il nipote dell'arcivescovo Carlo Maria Vigano' che, oggi nunzio apostolico negli Stati Uniti, contesto' l'anno scorso la decisione del cardinale Tarcisio Bertone di allontanarlo dalla segreteria del Governatorato vaticano con lettere di denuncia della corruzione vaticana che finirono sui giornali italiani e costituirono l'antefatto del caso Vatileaks". 
Cittadino italiano, Sciarpelletti era stato arrestato e trattenuto in Vaticano per una notte il 25 maggio, due giorni dopo l'arresto dell'ex assistente di Camera del Pontefice. La notizia non era pero' trapelata sino al momento del rinvio a giudizio dei due indagati, lo scorso 13 agosto. Secondo gli atti pubblicati in piu' riprese, l'informatico era stato trovato in possesso di una busta con alcuni documenti compromettenti, ma, ha precisato il suo legale, Gianluca Benedetti "non riservati": una "corrispondenza mail" e un "libello inqualificabile", ovvero, ha chiarito da parte sua il promotore di giustizia Nicola Picardi, "una relazione dal titolo 'Napoleone in Vaticano' riprodotta da Gianluigi Nuzzi nel volume 'Sua Santita'".
"In un primo momento - e' sempre la ricostruzione del professor Picardi - Sciarpelletti aveva affermato che la busta (con timbro a secco sul retro della segreteria di Stato ufficio Informazioni e documentazioni) gli era stata consegnata da Paolo Gabriele, poi ha rettificato dicendo che gli era invece stata consegnata da un monsignore - coperto per omissis dalla lettera W - con lo scopo di recapitarla a Paolo Gabriele". In questo senso, ha sostenuto il suo avvocato, il tecnico informatico, che si dichiara non colpevole, ha indirizzato gli inquirenti verso Paolo Gabriele e il favoreggiamento si configurerebbe, di conseguenza, a carico del monsignore. Su tutto questo potrebbe essere decisiva la testimonianza di Polvani, che e' proprio il responsabile dell'Ufficio da cui Sciarpelletti era stato assunto. 
"Tra me e Paolo Gabriele non c'era una grande amicizia, ma ci conoscevamo e scambiavamo opinioni", ha peraltro puntualizzato Sciarpelletti attraverso il suo legale e questa affermazione era stata salutata in aula da "Paoletto" con un vistoso cenno di approvazione. Se Sciarpelletti si presentera' lunedi' in aula, sara' la prima volta, poiche' all'udienza alla quale ha ottenuto lo stralcio era rappresentato dal suo legale. Nel corso del primo processo, i magistrati - Giuseppe Della Torre, Paolo Papanti-Pellettier e Venerando Marano - hanno stabilito che in questa fase stralcio verra' analizzato anche il materiale informatico che i gendarmi vaticani avevano rinvenuto nella perquisizione a casa di Paolo Gabriele.
Secondo Vaticaninsider, "il dibattimento precedente ha fatto emergere il ruolo ambiguo di altre personalita' a partire dal confessore di Gabriele, don Giovanni Luzi, al quale il maggiordomo pontificio aveva consegnato copia dei documenti proditoriamente raccolti". 
Una recente nota della Segreteria di Stato, emessa per commentare la vicenda e in particolare il riarresto di Paolo Gabriele per scontare la sua pena, pero', ha precisato che "il dibattimento ha potuto accertare i fatti, appurando che il Sig. Gabriele ha messo in atto il suo progetto criminoso senza istigazione o incitamento da parte di altri, ma basandosi su convinzioni personali in nessun modo condivisibili. Le varie congetture circa l'esistenza di complotti o il coinvolgimento di piu' persone si sono rivelate, alla luce della sentenza, infondate". Intanto, per il maggiordomo infedele del Papa cinque mesi sono gia' trascorsi tra arresti domiciliari e carcerazione preventiva: gli resta dunque da scontare poco piu' di un anno nella cella (spaziosa e rinnovata con tutti i confort) della caserma della Gendarmeria, dove e' stato riportato nei giorni scorsi. Se la Santa Sede non esclude che il Papa gli conceda la grazia, la Segreteria di Stato ha pero' precisato che il perdono papale "presuppone ragionevolmente il ravvedimento del reo e la sincera richiesta di perdono al Sommo Pontefice e a quanti sono stati ingiustamente offesi".

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