martedì 20 novembre 2012

Riconosciamo insieme le nostre colpe. In vista dei cinquecento anni della Riforma (O.R.)

In vista dei cinquecento anni della Riforma

Riconosciamo insieme le nostre colpe


Dal 12 al 16 novembre si è svolta a Roma -- sul tema dell'importanza dell'ecumenismo per la nuova evangelizzazione -- la plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani. Al termine dei lavori, il cardinale Kurt Koch, presidente del dicastero, ha parlato anche del dialogo con le Chiese riformate che stanno preparando le celebrazioni del 2017 per i cinquecento anni dalla Riforma. Pubblichiamo l'intervista rilasciata dal cardinale ai microfoni di Radio Vaticana.


«Da un lato, Martin Lutero -- afferma il cardinale Kurt Koch -- ha introdotto aspetti molto positivi: lui era appassionatamente alla ricerca di Dio, era totalmente dedito a Cristo. Eppure, Martin Lutero non voleva una divisione, ma un rinnovamento dell'intera Chiesa e questo, va detto, non gli è riuscito. In questo senso, il teologo ed ecumenista Wolfhart Pannenberg afferma che la Riforma ha fallito e il risultato di questo fallimento sono state le sanguinose guerre di religione nel XVI e nel XVII secolo. Ora, voler riunire il desiderio positivo di Martin Lutero e le conseguenze terribili della Riforma nella stessa celebrazione festosa, mi sembra molto difficile».


E allora come celebrare quest'evento cercando di curare le ferite?


Per esempio, con una celebrazione penitenziale comune nella quale riconosciamo insieme le nostre colpe, perché il fatto che la Riforma non abbia raggiunto il suo scopo, e cioè il rinnovamento della Chiesa, ricade nelle responsabilità di entrambe le parti: le ragioni sono di ordine teologico e politico. Riconoscerlo e perdonarsi vicendevolmente per tutto questo, trovo che sarebbe un gran bel gesto.


In effetti, esiste già una forte collaborazione tra la Chiesa cattolica e la Federazione mondiale luterana.


La Commissione internazionale per il dialogo tra la Federazione mondiale luterana e il Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani, quindi con la Chiesa cattolica romana, hanno reso noto, dopo una lunga elaborazione, un documento comune che si chiama “Dal conflitto alla comunione”, e in questo si rivaluta il significato di questi 500 anni di Riforma, ma anche quello che è stato fatto nei 50 anni da quando questa Commissione è stata istituita, e quali punti in comune sono stati riconosciuti. Credo che questo titolo -- “Dal conflitto alla comunione” -- indichi nel migliore dei modi l'orientamento che il documento vuole dare e può rappresentare un ottimo punto di partenza per il cammino del futuro.


Durante la plenaria avete incontrato anche il Papa; c'è da dire che una delle priorità del Pontificato di Benedetto XVI è proprio l'ecumenismo.


È grande l'interesse che il Santo Padre ha per il dialogo ecumenico: lo rilevo ogni volta che ho occasione di parlare con lui. Il suo è un indubbio impegno per l'ecumenismo, laddove non si tratta di un ecumenismo che si muove su un puro piano filantropico e di rapporti interpersonali, ma ha piuttosto un fondamento cristologico. È per questo che il Santo Padre non si stanca di ripetere che l'ecumenismo presuppone da parte nostra l'approfondimento della fede e l'impegno per raggiungere un'unità visibile. Così viene a crearsi anche un profondo collegamento tra il tema principale di questa assemblea plenaria e l'Anno della Fede: infatti, l'ecumenismo e l'unità si ottengono solo sulla base della fede. E il Santo Padre ha espresso, con poche parole, questo concetto in un contesto più ampio, e questo è stato per tutti i membri e consultori del Pontificio Consiglio di grande incoraggiamento. (mario galgano)


(©L'Osservatore Romano 19-20 novembre 2012)

3 commenti:

Andrea ha detto...

Siccome l'intervista a Radio Vaticana (che abbiamo letto sabato: "Il card. Koch: perdono..") non bastava, il testo è stato oggi ripubblicato dall' "Osservatore", ormai da tempo gazzetta ufficiale degli "equilibri più avanzati" nella Chiesa.
Non posso non ricordare i numerosissimi spunti di "beatificazione" del cosiddetto Risorgimento italiano, usciti sull' "Osservatore" in occasione del 150° della proclamazione del Regno d'Italia. In poche parole, "Avete fatto benissimo (voi massoni piemontesi) a venirci a insegnare una più moderna visione dei rapporti Stato-Chiesa".

La prima calata verso Roma, per insegnarLe a vivere "modernamente", fu -come ricordava l'amico GR2- quella dei Lanzichenecchi (1527)

Anonimo ha detto...

"Martin Lutero appassionatamente alla ricerca di Dio, totalmente dedito a Cristo"? Non capisco più niente... Occorre che questo cardinale rilegga i libri di san Alfonso, san Roberto Bellarmino, Dottori della Chiesa... Se questo cardinale ha raggione, nell'anno della Fede, dobbiamo veramente cambiare di fede et farci protestanti? Basta di questi profeti dell'protestantismo ! (La Madonna a detto a La Salette: "Roma perdera la fede": non il Papa - chiaro!- ma "l'entourage": basta di questo "entourage") Ascoltiamo il Papa! Non posso pensare che il S. Padre sia d'accordo. Un povero Prete di Francia, al quale piace questo sito.

Andrea ha detto...

Bonjour, mon père!

Davvero è un problema molto grave che una parte notevole dell' "entourage" del Papa sia fortemente sbandata.
In Italia, per fare un esempio, si è passati dallo sbandamento modernistico del settimanale "Famiglia Cristiana" (che stampava MILIONI di copie, molti anni fa, e oggi è ridotto a poco) al coinvolgimento diretto dell' "Osservatore Romano" (che non sarebbe neppure italiano, ma vaticano).
Lo schema è sempre lo stesso: gli ambienti "più illuminati di noi", cioè i massoni, i giansenisti, i laicisti, gli scientisti, oggi i politeisti, vengono a liberarci. Dobbiamo ringraziarli