mercoledì 21 novembre 2012
"L'infanzia di Gesù" nel commento di Giacomo Galeazzi
(Sacro) marketing editoriale
GIACOMO GALEAZZI
CITTA'DEL VATICANO
Una storia reale che interroga tutti. Oggi L’infanzia di Gesù è in libreria (Lev-Rizzoli, pp. 174, € 17): edizioni in venti lingue e tiratura (per ora) di un milione di copie in 72 Paesi. Un autentico «miracolo» di marketing editoriale, persino prevedibile quando l’autore siede sul Soglio di Pietro ed è uno dei maggiori intellettuali contemporanei. Se il libro di Benedetto XVI su Gesù bambino, basato su una rigorosa interpretazione sia storica sia testuale, è il successo annunciato di Natale, la sua enciclica in lavorazione sulla morte e risurrezione di Cristo proseguirà a Pasqua la stagione d’oro della «sacra editoria».
E così ieri anche la presentazione in Vaticano del volume papale si è trasformata in un evento rilanciato dai media di tutto il mondo, con il ministro della Cultura Gianfranco Ravasi che ha attualizzato le Scritture nel dolore delle madri di Gaza, il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, che ha descritto l’apprezzamento del cardinal Martini per gli altri due volumi della trilogia ratzingeriana e Paolo Mieli, presidente della Rcs libri, che ha evidenziato la centralità di Maria nelle densissime pagine in cui Ratzinger affronta anche il mistero della verginità della Madonna per concludere: «Sì, io credo». Quasi un presagio di un suo innalzamento a co-redentrice dell’umanità.
Sposo di Maria, turbato dalla gravidanza inattesa e della quale non sapeva l’origine, san Giuseppe era «un uomo giusto». Mai ritratti tanto chiari e luminosi nel Magistero. La genealogia, l’annunciazione, l’evento di Betlemme, i magi, i tre giorni nel Tempio a discutere con i «dottori». I vangeli dell’infanzia di Gesù «raccontano una storia reale, non delle storie». Si legge nella premessa: «Non si tratta di un terzo volume, ma di una specie di piccola “sala d’ingresso” ai due precedenti volumi sulla figura e sul messaggio di Gesù di Nazaret».
La nascita a Betlemme avviene ai tempi di Augusto. Nella mangiatoia non c’erano il bue e l’asinello, «nel Vangelo non si parla di animali», ma il Papa invita a mantenerli nel presepe, come da tradizione. Non c’era nemmeno la cometa, ma una «stella». Ai magi che l’avevano vista sorgere ed erano venuti per adorare «il re dei Giudei», il Papa dedica riflessioni di profonda umanità. Perché vanno dietro a un re che porta una salvezza che non li riguarda? E perché, «al contrario di Erode» che temeva per il suo regno, nessun «conoscitore della Scrittura» in Palestina si lasciò interrogare dalla stella seguita dai magi? Uno di loro è nero per rimarcare l’uguaglianza tra gli uomini. Quando Maria e Giuseppe ritrovano il loro bambino nel Tempio non capiscono il suo comportamento. «Sempre le parole di Gesù sono più grandi della nostra ragione, sorpassano la nostra intelligenza: la tentazione di ridurle, di manipolarle per farle entrare nella nostra misura è comprensibile». Ma Dio ci crede capaci di grandezza. Fede e ragione si uniscono per rileggere vicende di duemila anni fa e il cristianesimo respira d’attualità.
© Copyright La Stampa, 21 novembre 2012
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