martedì 20 novembre 2012
Lingua latina. Perché utile e attuale? Incontro con Ivano Dionigi, presidente della Pontificia Academia Latinitatis (Sir)
LINGUA LATINA
Perché utile e attuale?
Incontro con Ivano Dionigi, presidente della Pontificia Academia Latinitatis
La promozione e la valorizzazione della lingua e della cultura latina sono gli obiettivi della Pontificia Academia Latinitatis (Pontificia Accademia di Latinità) istituita da Benedetto XVI con la lettera apostolica in forma di Motu Proprio, “Latina Lingua”, pubblicata lo scorso 10 novembre. Appare “urgente – scrive il Papa - sostenere l’impegno per una maggiore conoscenza e un più competente uso della lingua latina, tanto nell’ambito ecclesiale, quanto nel più vasto mondo della cultura”. Secondo il Pontefice, “nel contesto di un generalizzato affievolimento degli studi umanistici”, si nota “il pericolo di una conoscenza sempre più superficiale della lingua latina, riscontrabile anche nell’ambito degli studi filosofici e teologici dei futuri sacerdoti”. A guidare il nuovo organismo Benedetto XVI ha designato Ivano Dionigi, insigne latinista e attuale rettore dell’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna, che sarà affiancato da don Roberto Spataro, segretario dal Pontificium Istitutum Altioris Latinitatis (Università salesiana) in qualità di segretario. La neonata Accademia verrà presentata ufficialmente domani a Roma, alla presenza del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, e del card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura dal quale dipende. Giovanna Pasqualin per il Sir ha intervistato il prof. Dionigi.
La Chiesa intende promuovere e valorizzare il latino: perché?
“Anzitutto per un dato storico e oggettivo. Tutta l’Europa ha parlato ininterrottamente questa lingua fino al XX secolo attraverso le sue tre sfere principali: Chiesa, potere politico e cultura. Nel latino, inoltre, la Chiesa cattolica individua tre proprietà della fede: l’eredità (i Padri), l’universalità (cattolicità) e l’immutabilità, giacché la ‘fissità’ di questa lingua custodisce l’eternità delle fede”.
Si può parlare di una sua “attualità”?
“A differenza del greco, il latino è basato sul verbo ed è una lingua temporale, sub specie temporis. Credo che di fronte alla sincronia odierna, alla dittatura del presente, il latino, che ha il senso del passato, del presente e del futuro, ci aiuti a recuperare uno dei principali valori dell’uomo che rischiano di andare smarriti: il tempo. Il suo ordo verborum, inoltre, è una sorta di contrappeso alla semplificazione della lingua anglo-americana. La sua brevitas ne fa una lingua sintetica ma fortemente progettuale. Lingua e cultura latina acquistano un ruolo inedito di non-modernità: ci aiutano pertanto non solo a riscoprire le nostre radici e identità, ma costituiscono anche una sorta di antagonismo al presente. Gli autori classici ci interessano perché sono diversi da noi: è paradossalmente la loro non attualità a renderli attuali”.
Quali le principali linee d’azione dell’Accademia?
“Anzitutto far sì che lo studio del latino venga ripristinato nei seminari e negli atenei cattolici: i sacerdoti non possono non conoscerlo. Più ad ampio raggio l’Accademia può inoltre costituire un ponte con il sapere e il pensiero laico, a partire dalle università, nel segno del dialogo - quel diàlogos che indica sia la ratio (ragione) sia l’oratio (discorso) - per ritrovare le radici comuni. Perché proprio la cultura classica (non solo latina ma anche greca), fondativa e al tempo stesso antagonista del presente, può rendere un prezioso servizio all’odierno pensiero ‘anoressico’, appiattito sull’oggi e ‘sostitutivo’, ossia sempre a caccia della propria ombra e di una nuova identità. Nel segno della pluralità, questa cultura può sostituire all’ ‘aut aut’ l’ ‘et et’, ossia la ricchezza delle alternative possibili”.
Lei però si è detto più volte contrario al “latino per tutti”…
“Oggi si avverte un gran bisogno di ‘ecologia’ linguistica, di ritorno alla proprietà di linguaggio, ma non si può pretendere che tutti studino il latino. La causa del latino è giusta, ma spesso incontra avvocati sbagliati che vorrebbero far rivivere questa ‘lingua morta’ ovunque, rischiando di esporsi all’anacronismo se non al ridicolo. Occorre piuttosto capire come recuperare il respiro del latino e della cultura che gli è sottesa, e come capitalizzarne al meglio l’eredità” .
Come “educare” i giovani allo studio e all’amore per il latino e per il mondo che esprime?
“Oltre alle materie umanistiche, molte discipline scientifiche - tra cui la matematica, la robotica, l’astronomia - vengono da un lessico fondamentale che è quello della classicità ma, ribadisco, non si può fare studiare il latino a tutti. Non si tratta di imporre, bensì di proporre un discorso paziente di riscoperta dei testi - penso in particolare a Lucrezio, Seneca, Agostino – e della ricchezza di pensiero che possono svelare a chi è in grado di leggerli nella loro lingua originale. La sfida da raccogliere è quella di dimostrare la ‘utilità’ del latino malgrado la sua apparente ‘non utilità’. Un cammino tutto in salita, da intraprendere e percorrere con pazienza, umiltà e determinazione”.
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