PAPA IN MESSICO E A CUBA: L’INCONTRO IN AEREO CON I GIORNALISTI
La difficile situazione del Messico tormentato dalla violenza distruttiva del narcotraffico, il ruolo della Chiesa nel continente tra contrasti sociali e dibattiti sull’eredità della “teologia della liberazione”, la questione dei diritti umani a Cuba, le numerose sfide che si presentano all’orizzonte della Chiesa latinoamericana, impegnata nella missione iniziata subito dopo la conferenza di Aparecida.
Queste - riferisce “L’Osservatore Romano” in edicola oggi - le principali domande rivolte dai giornalisti al seguito del Papa nel suo viaggio in Messico e a Cuba.
Nell’incontro svoltosi questa mattina sull’aereo con i 72 rappresentanti della stampa internazionale, “in un clima di grande cordialità”, il primo pensiero è stato per Giovanni Paolo II, sulle cui tracce Benedetto XVI ha detto di voler camminare, “nel segno della continuità”. L’attenzione si è poi concentrata sulla drammatica questione della violenza in Messico, condannata dal Papa in “ogni forma”. “La droga - ha detto il Pontefice a proposito della piaga del narcotraffico - distrugge l’uomo, distrugge soprattutto i giovani. Il ruolo della Chiesa in questo contesto è di smascherare il male ovunque esso si annidi. È perciò necessario continuare ad annunciare Dio per farlo conoscere al mondo. Se non ha questa conoscenza, infatti, l’uomo si costruisce i suoi paradisi artificiali e non scopre la via della salvezza”.
Ad una domanda sull’opportunità o meno di una nuova “teologia della liberazione”, “la Chiesa - ha risposto il Papa - deve naturalmente interrogarsi su quello che fa, per valutare come lo fa e se è sufficiente. Bisogna però ricordare che essa non è un partito politico, ma una realtà morale che educa la persona umana. È anche vero che la politica implica in qualche modo la morale. E dunque la Chiesa finisce per entrare in contatto con la politica. Ma la sua missione resta sempre quella di educare le coscienze”. In questo campo, si nota tra i cattolici “una sorta di dicotomia”, nel senso che “c’è una profonda differenza tra il loro modo di comportarsi individuale e il loro modo di esprimersi e di vivere in pubblico”. In tal senso, la missione della Chiesa è “aiutare gli uomini a superare questo comportamento schizofrenico”, e soprattutto “c’è bisogno di educare a costruire una morale pubblica”. Riguardo all’attualità dell’esortazione con cui Giovanni Paolo II salutò i cubani sul finire del suo viaggio nel 1998 (“Che Cuba si apra al mondo, che il mondo si apra a Cuba”), ha sottolineato Benedetto XVI, il Papa “ha aperto una strada, una lunga strada, e noi intendiamo seguirla”. L’incontro con i giornalisti si è concluso con l’inusuale cerimonia di consegna di alcuni doni che i colleghi della stampa messicana hanno voluto fare al Papa. Tra i più singolari, un iPod con musica messicana e classica.
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